In “Wanderungen in den Dolomiten” di Theodor von Wundt, bel volume tradotto da Paola Berti De Nat in “Sulle Dolomiti d’Ampezzo” e edito alcuni anni fa dalla Cooperativa di Cortina, il capitolo che riguarda il Rauhkofel contiene la nota immagine di uno strapiombo con un alpinista intento a scendere a corda doppia e un altro intento a guardarlo. A mio giudizio la fotografia, scattata 117 anni orsono durante la traversata della cima, è al centro di un'imprecisione storica che perdura da tempo. Alcune pubblicazioni, i cui autori forse non lessero o non compresero il testo originale tedesco, identificano l’alpinista di destra nella guida Mansueto Barbaria Zuprian (1850-1932). Quello che scende a corda doppia sarebbe invece Santo Siorpaes Salvador (1832-1900), pioniere della scoperta delle Dolomiti. Il fatto è che Wundt non parla di Santo, ma del “Santobua”. “Bua”, soprannome ampezzano estinto, non è altro è la corruzione tirolese di “Bube” (ragazzo, moccioso), e nel testo il termine è reso con “il giovane Santo”. All'epoca della traversata, Siorpaes aveva 61 anni ed aveva chiuso l’epoca d’oro delle scalate, perciò "il giovane Santo" potrebbe anche non essere stato lui, ma uno dei figli: Pietro (1868-1953) o Giovanni Cesare (1869-1909), due ottime guide. Non vorrei mai defraudare Santo del piacere di un’eventuale impresa tardiva, che si aggiungerebbe a quelle del periodo migliore (1864-1882). Rilevo invece che spesso, nella ricerca storica, anche un termine frainteso può stravolgere fatti che agli alpinisti di roccia e di penna interessano da vicino. La traversata dalla Val di San Sigismondo alla Valfonda del Rauchkofel (prima salita alpinistica: Wenzel Eckerth, guida Michl Innerkofler, 2/7/1883), penso non abbia avuto molti seguaci, anche se l’ambiente è molto interessante. Eckerth l’aveva suggerita nel 1891 nel suo libro su “Il Gruppo del Monte Cristallo”: Wundt raccolse la sfida e la realizzò con successo, ma uno dei suoi compagni d’avventura forse non era quello che, leggendo male il tedesco, finora si è creduto.
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