giovedì 7 ottobre 2010

"Ra paré"

Il 7/7/1901 è una bella giornata di sole. Dopo alcune ricognizioni e la minuziosa preparazione del percorso, Antonio Dimai, trentacinquenne, e Agostino Verzi, di tre anni più giovane, guide affiatate, sono pronti. Col cliente londinese J. L. Heath scalano una parete che, oltre un secolo dopo, figura ancora a buon diritto fra le più amate delle Dolomiti: la S della Punta Fiames, nota in Ampezzo come ra paré (de ra Fiames). Il comodo accesso, l’alto valore della scalata che – pur non rientrando nemmeno all’epoca fra le più difficili – per quei tempi fu un traguardo notevole, e, non ultima, la possibilità di scrutare col binocolo le cordate fin da Cortina, innalzano di colpo la Fiames al primo posto fra le crode della valle ampezzana. Poco dopo la prima salita, alcune guide di cui ci mancano i nomi rettificano il tratto più difficile della Via Dimai (valutato di IV+), con la nota “Variante”. Quest’ultima serpeggia per circa 70 m di dislivello lungo una serie di camini, e sarà utilizzata spesso per scendere all’attacco, tenendosi sempre sul versante soleggiato della parete. Mancano purtroppo i dati sulla prima ripetizione e sulla prima senza guide della Via Dimai, della quale ben presto si perderà il conto delle ascensioni. Il 3/1/1913 Angelo Dibona e l’ungherese Anton von Csaky si aggiudicano una delle prime invernali documentate, mentre il 26/7/1945 Anna Caldart supera la parete da sola, compiendone forse la prima salita solitaria femminile. Venerdì 27/5/1976, chi scrive marina le lezioni della quarta liceo e, legato alla corda del coetaneo Ivo Zardini, supera timidamente ra paré. Ci tornerà quasi una ventina di volte, tre delle quali in pieno inverno, e ce l'ha sempre negli occhi e nel cuore.

mercoledì 6 ottobre 2010

Il "Ré del marzo"

Un’avventura nella quale ho sperimentato sensazioni di vera solitudine alpina, risale a quindici anni fa, quando si stava svolgendo una delle fasi più appassionate del mio vagare per crode. All’epoca, alcuni amici mi avevano assegnato l’iperbolica qualifica di “Ré del marzo” (della roccia friabile). Non so perché, in molte uscite tendevo a proporre obiettivi di difficoltà limitate, ma con roccia spesso infida e con qualche rischio oggettivo che, peraltro, la buona sorte ci permise sempre di evitare. Ero in ferie: non trovando alcuno per andare in montagna, il 26 luglio progettai di godermi una traversata “màrza”, che avevo già effettuato tre anni prima con tre compagni. Partito dal Passo Tre Croci, salii la Zesta del Sorapis per la via solita e discesi per la Via Casara da SW al Rifugio Vandelli, tornando da ultimo al Passo Tre Croci. Non si trattò, invero, di una prestazione di livello tecnico esorbitante. La via comune della Zesta da N è valutata di I, anche se - a mio parere - aggirare il gendarme nel primo tratto di cresta, data l’esposizione e l’instabilità del terreno, oppone difficoltà di II. La Via Casara sul versante opposto è anch’essa giudicata di I, e questo può anche coincidere, perché il camino sotto la cima (unico passaggio delicato) lo aggirai, e il resto è un erto pendio di rocce sgretolate. L’ambiente impervio e isolato in cui si svolge la salita e ancor più la discesa, nonché la natura della roccia (palesemente scadente), rendono la traversata un po’ scabrosa anche per un amante della solitudine, per quanto preparato, attrezzato e veloce possa essere. Quel giorno mi sentivo in forma, ma fui veramente solo, soprattutto scendendo a SW, dove indovinai il varco giusto per riguadagnare il sentiero soltanto grazie alle peste dei camosci. Dopo d’allora salii su quella cima ancora una sola volta, il il 6/9/1997. Ero in dolce compagnia, e ritenni più prudente tornare a Forcella del Ciadin per la via comune, eludendo la placca iniziale della cresta con una variante, che fino a quel giorno mi era sconosciuta. Ripensandoci, la traversata del 1995 si dimostrò un’escursione assai appagante: la ripeterei volentieri, magari però non più in solitaria!

Esplorando le crode agordine: il Monte Cernera

Il Cernera domina la Val Fiorentina con la parete meridionale di una delle tre vette, vinta nel 1953 da quattro Scoiattoli con una via di VI. E' una cima imponente, che si sale dal Passo Giau, portandosi per Forcella Zonia e i Piani di Possoliva fin quasi a Forcella Ciazza. Deviando poi a sinistra per la via normale, che presenta qualche passo di I, in un paio d’ore dalla partenza si guadagna un grande balcone sull’Agordino e sulle Dolomiti. Nel 1979, quando giunsi in vetta per la prima volta, lungo la salita non c'erano le odierne funi metalliche, e noi seguimmo la storica relazione di Berti, che a mio parere scoraggiava più di qualcuno dal salire lassù! Per iniziativa di Cesare Masarei di Colle, il tracciato fu poi segnalato e arricchito con due tratti di corda fissa, uno breve su una lastra umida ed esposta prima di Forcella Ciazza e l’altro, più lungo, in un canale quasi verticale della via vera e propria, praticata assiduamente, ma talvolta sottovalutata. Non è di tantissimi anni fa, infatti, l'incidente occorso ad un’alpinista, che perse la vita proprio sul breve, un po' friabile salto ferrato sopra Forcella Ciazza. Delle poche elevazioni della catena, che appartiene al nodo della Croda da Lago, il Cernera è la più conosciuta, e in stagione è frequente trovarvi numerosi appassionati. Vi sono salito, credo, cinque volte, apprezzando l’avvenuta facilitazione di un percorso che forse non aveva bisogno di corde ma così è stato reso più appetibile, e godendo sempre la salita, l'ambiente e il panorama. Consiglio senz’altro la via normale del Cernera, magari abbinandola col rientro per la romita Val di Zonia, per la quale si esce sulla SP638 6,5 km prima del Passo Giau in versante Val Fiorentina. L’escursione è molto valida, non è impegnativa ma neppure banale e consente di scalare una cima scenografica e degna d’attenzione.

lunedì 4 ottobre 2010

A tip for autumn: il Col Rotondo dei Canopi

Nell'autunno '83 ebbi modo di scoprire una cima piacevole, di notevole interesse storico e panoramico e sulla quale sono tornato diverse volte: il Col Rotondo dei Canopi, in tedesco Knollkopf. Quotato 2204 m, è poco più di una collina coperta di vegetazione, di accesso non difficile né eccessivamente lungo, che offre un'ampia vista sui lati N ed E della Croda Rossa e su quello N del Cristallo. Il Col Rotondo viene generalmente salito dal Rifugio Vallandro, sorto quarant'anni fa di fronte al forte austriaco di Pratopiazza. Chi sale sull’altopiano lungo la Val dei Canopi (accesso tradizionale da Cortina, che s'imbocca al Passo Cimabanche), non deve traversare fino al rifugio, ma può volgere verso il Col Rotondo direttamente dal sentiero, non appena questa sbuca sui piani erbosi, e salire poi per tracce nel bosco a prendere la mulattiera militare austriaca. Dal Rifugio, passato il torrente, si trova la mulattiera, non segnata né numerata ma evidente, che risale il costone N fino al punto più alto. Continuando per la cresta, si può raggiungere anche la sommità S del Col, che si sporge verso la Val di Landro. Dal rifugio occorre circa un'ora e un quarto di cammino, lungo una dorsale dove sono ancora presenti testimonianze belliche. Con un po’ di disinvoltura, dalla cresta si può calare direttamente per tracce in Val dei Canopi, seguendo una staccionata di legno e raggiungendo il sentiero al ponticello che varca il torrente prima dell’imbocco della valle. La meta comporta 675 m di dislivello da Cimabanche: per esperienza, la quota modesta rende il Col assai gradevole in autunno, quando in alto c'è già neve e si vuole godere di un luogo tranquillo e non molto frequentato. Consiglio il Col Rotondo dei Canopi a chi cerchi una cima senza difficoltà, dove ci si può attardare a riposare, godere d’ampie visuali e, perché no, studiare da vicino altri cimenti anche più impegnativi.