sabato 27 settembre 2008

Croda de Pousa Marza, conquista di Michl Innerkofler

Quattordici anni fa, condussi l’amico Roberto in un’esplorazione davvero interessante. Da tempo, infatti, mi frullava per la testa l'idea di salire sulla Croda de Pousa Marza, elegante corno dirimpettaio del Piz Popena che si ammira dal Ponte Rudavoi, fra Tre Croci e Misurina. Conquistata da Michl Innerkofler da solo, e subito dopo ripetuta con la giovane cliente boema Mitzl Eckerth il 29 luglio 1884, in centoventicinque anni la Croda è stata scalata anche da noti alpinisti e scrittori, fra i quali Dino Buzzati, Severino Casara, Claudio Cima, Luca Visentini. Si tratta di una salita esposta di 100 metri di dislivello, su roccia abbastanza solida e divertente. Giunti all’attacco dal Ponte Rudavoi per il consueto sentiero della Sella dell'ex Rifugio Popena, salimmo come da istruzioni all’invitante cengia orizzontale chiazzata d’erba e molto esposta, che taglia a metà la parete e permette di schivare il salto iniziale, strapiombante e inaccessibile “by fair means”. Imbragatici per bene in un tratto di cengia stretto ed emozionante, tirai con entusiasmo le tre lunghezze della via, che ci riservò uno strapiombo valutato III grado superiore e una paretina di III, entrambi superati con gustosi movimenti senza l'uso di chiodi. La sommità, friabile ma sorprendentemente comoda e spaziosa, ci offrì un vasto panorama su cime vicine e lontane, e ci rallegrò il fatto di essere fra i pochi saliti su una montagna sicuramente minore, ma non priva d’attrattive. Per scendere dalla Croda, non avendo indicazioni, attrezzai tre corde doppie su altrettanti spuntoni, che ci consentirono di rimettere piede sulla cengia e rientrare ai ruderi del Rifugio Popena, dai quali la strada verso casa é più che nota. Soddisfatto per aver ripetuto uno dei tanti itinerari del pioniere Innerkofler, su una montagna che non soffrirà mai d’affollamento, rumore, sporcizia, mi ripromisi - come sempre si fa con le mete più apprezzate - di ricalcare la vetta della Croda con altri amici. Ci sono passato ancora alla base, ma i miei passi si sono sempre diretti altrove.

mercoledì 24 settembre 2008

Il Becco di Mezzodì: storia e storie di una piccola montagna

Il 5 luglio 1872 la guida ampezzana Santo Siorpaes Salvador, all’epoca quarantenne e all’apice della forma, conduceva il capitano William Emerson Utterson Kelso, uno scozzese molto interessato alle Dolomiti, su una vetta di dimensioni ridotte, ma piuttosto grintosa: il Becco di Mezzodì, fin dai tempi antichi “meridiana” dei valligiani d’Ampezzo, che l'avevano soprannominato "el Bèco de ra Zieta", ovvero della civetta. Prima della conquista, Santo aveva circuito più volte il Becco, il cui unico versante abbordabile con i mezzi di allora non guarda la valle d’Ampezzo, ma la Val Fiorentina. Ciò nonostante, durante l’ascensione, i due dovettero superare, in scarpe chiodate, un camino stretto e liscio alto una ventina di metri, le cui difficoltà rientrano oggi nell’ordine del 3° grado inferiore. La seconda salita assoluta del Becco spettò a Gottfried Merzbacher, nell’estate 1878. Lo accompagnava ancora una volta Siorpaes, che aveva trovato la chiave del mistero. Storiografi cinici affermano che il germanico si trovò abbastanza a mal partito nel superare il liscio camino centrale. Non si sa quando sia stata compiuta la prima salita d’inverno della normale, che potrebbe essere quella dell’ungherese Anton von Csaky, accompagnato dalla guida Angelo Dibona Pilato, il 4 gennaio 1913. Sappiamo invece che la prima ascensione invernale solitaria fu quella di “Bepi” Degregorio, che il 13 gennaio 1925 festeggiò sulla vetta del Becco il suo trentaseiesimo compleanno. Centotrè anni e nove giorni dopo Siorpaes e Utterson Kelso, chi scrive poneva piede sulla friabile cima, realizzando la sua prima, indimenticata salita dolomitica. Trent'anni dopo quella scriteriata avventura adolescenziale, il 14 luglio 2005 ho calcato ancora una volta, forse la sesta, la vetta del Becco, commuovendomi quasi fino alle lacrime ...

lunedì 22 settembre 2008

Popena Basso, una cima rilassante

Ieri, dopo sei anni di assenza, ho rivisto una cima dove, nonostante tutto, non bazzicano in molti. E’ il Popena Basso, storica palestra di roccia di Misurina scoperta da Severino Casara nell'agosto 1926 e oggi cosparsa di vie d’ogni grado. La “via normale” è una poco più di passeggiata lungo una mulattiera militare ben conservata, 480 metri di dislivello che richiedono un’ora e mezzo. Dal Grand Hotel Misurina si sale fra alberi e mughi sino ad un ghiaione. Qui il sentiero, in un tratto erto e piuttosto franoso, lambisce la parete e per uno stretto canale erboso esce sulla dorsale della Costa Popena. Vari ometti aiutano a districarsi fra i fitti mughi e guadagnare la larga sommità che domina il lago e la Val Popena Alta, nonché le cime che l’attorniano. Svetta, possente, il Cristallino di Misurina. Il punto sommitale non viene raggiunto da tutti: le vie di roccia finiscono sull’orlo della parete, e agli scalatori interessa forse più arrotolare le corde e tornare a valle, che non "conquistare" una vetta piatta e mansueta. In cima, c’è un grosso mucchio di sassi ed un morbido tappeto verde, fra cielo e montagne: i cacciatori e i pastori valligiani vi salirono sicuramente in epoche remote, e sorprende che la parete verso Misurina sia stata scoperta solo 82 anni fa dal vulcanico Casara, che vinse il camino all’estrema sinistra. Nel XX secolo vi si sono sbizzarriti Mazzorana, Zanutti e i lecchesi, i nostri Scoiattoli, Molin di Auronzo e altri. Il veronese Cipriani, infine, ha azzerato a spit lo spazio per altre scoperte. In vetta, una cordata era appena uscita dal "diedro a sinistra degli strapiombi gialli”, una via di Mazzorana che anni addietro ripetei diverse volte. Oltre i due ragazzi, non c’era più nessuno: così abbiamo avuto la cima, avvolta dalla nebbia e dalle nuvole, soltanto per noi.

domenica 21 settembre 2008

60 cime per 60 anni, un traguardo originale

60 cime per 60 anni: potrebbe essere lo slogan di una nuova iniziativa, e magari fondare una moda per gli appassionati di montagna. Per ora, è la meta raggiunta da Roberto Vecellio, consigliere del CAI Cortina che gira per le crode da almeno mezzo secolo. Dal 15 settembre 2007 al 17 settembre scorso, momento in cui ha festeggiato il 60° compleanno, Roberto ha salito infatti 60 cime, diligentemente registrate in un taccuino. Con i familiari o con gli amici, cime poco note o fra le più gettonate delle Dolomiti, sommità nevose o pascolive, salite d'inverno con le ciaspe e magari anche la corda o d'estate solo con gli scarponi, montagne raggiunte arrampicando o a piedi, in Italia come in Austria, Croazia, Francia, Slovenia, Spagna. Il traguardo è stato toccato con la salita della Croda Camin, nel gruppo della Croda Rossa d'Ampezzo. Nessun primato, quindi, né concatenamenti sponsorizzati, né quote astronomiche (l'altezza massima raggiunta è quella del Grossvenediger, 3674 m.); nessuna impresa, anche se alcune cime hanno riservato passaggi delicati e d'impegno magari a quello turistico; soltanto, la grande soddisfazione per un fresco pensionato, di dedicare una montagna ad ognuno degli anni di vita che ha felicemente compiuto, sempre in forma e pieno di progetti, logicamente alpinistici, per il futuro. L'augurio è quello di ripetere l'iniziativa fra un decennio; dieci cime in più non saranno un grande impegno, ma dieci anni in più sulla gobba forse un tantino peseranno! Complimenti vivissimi a Roberto dagli amici del CAI Cortina, il sodalizio al quale dedica energie e tempo da quasi trent'anni, con la speranza che possa realizzare tante altre salite sulle nostre montagne.