lunedì 31 dicembre 2007

Sapete dove si trovano i "barance de Santo"? (in ladino ampezzano)

Su par ra fazada daante ra Ponta de ra Crosc, ca de ca de ra Ponta Fiames ves Anpezo, i prime a se ranpinà su l é stà Tino Verzi (Sceco) e Jan Siorpaes (de Santo) con Felix Pott, d agosto del 1900. Un toco in su l é na gran tacia de erba e de barance, che se vede finamai da Bigontina. Inze l libro “Dolomiti Orientali”, lieson che ra tacia, un zentener de metre sora l graon, che na ota i conoscea, parceche se fermaa proprio là a se bete i scarpete ci che tacaa l paré, e agnoche ades i passa de poche, i ra ciamaa “i barance del Banco”. Cal banco che see no sei, ma almoto in calche luò chel gnon l ea stà sentù e tolesc par bon. Orazio De Falkner, tornà su par prin drio Pott de ottobre del 1900, l disc che a ra tacia ra so guides es i ciamaa “i barance de Santo”. “Non so il perché …” del gnon, el disc, ma l é seguro che Santo fosse chel da Sorabances, sa pare de Jan, morto de dezenbre del 1900, che fosc lassù el no n aea mai stà. Ci alo rejon? L é un toco che vorarae capì se Santo da Sorabances, ignante de Pott e del 1900, l aea mai abù algo da che far con chera tacia, na pousa verde al soroio agnoche ancuoi và su solo chera poca ciamorzes che l é vanzà là dintor, o almanco ce banco che l i ebe dà l gnon a na barancera che poche conosce.

E' morta la prima "Scoiattola"

L’11 dicembre, dopo breve malattia, è mancata ad Albuquerque, nello stato del Nuovo Messico, Emma Franceschi de Cuto de Elena. Nota in gioventù col nomignolo di Ghèba poiché amava fumare, Emma ha spazio nella storia alpinistica locale in quanto, all’inizio degli anni ’40, fu la prima ragazza ammessa alla Società Rocciatori Sciatori Scoiattolo, oggi Gruppo Scoiattoli di Cortina, e mantenne il primato per mezzo secolo, fino all’entrata nel gruppo di Iaia Walpoth e Nadia Lustra. Classe 1920, l’ampezzana apparteneva alla grande famiglia di Francesco, insegnante alla Regia Scuola Industriale. Terminate le scuole elementari a Cortina, continuò gli studi a Rovereto, dove il padre si era trasferito. Ritornata in Ampezzo, costituì con Alo, Bibi, Boni, Vecio, Zesta ed altri il celebre gruppo di scalatori, che fra non molto festeggerà i 70 anni dalla fondazione e continua ad esplorare con entusiasmo le montagne di tutto il mondo. La stagione sportiva di Emma fu breve, e non annovera ascensioni importanti o prime salite. Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, infatti, conobbe un ufficiale dell’U.S. Army di stanza a Cortina, e con lui emigrò negli Stati Uniti, dove lo sposò e gli diede cinque figli. Stabilitasi a Missoula, tornava spesso e volentieri in Italia per rivedere i parenti, a Cortina e Brembate, dove risiedeva la sorella Clelia - autrice di moltissime poesie in ampezzano -, scomparsa quest’estate quasi centenaria. Chi scrive non ha conosciuto Ghèba, ma è sicuro che non ha mai scordato la valle d’Ampezzo, le pallide Dolomiti, la sua gente.

Leggete il mio ultimo libro!

In luglio è uscito, per conto della Sezione CAI di San Vito di Cadore, "Da John Ball al 7° grado. Note di storia alpinistica del Pelmo, a 150 anni dalla prima ascensione", che ho scritto in onore della grande montagna che domina la Valle del Boite, la Val Fiorentina e la Val di Zoldo. Il volume si trova in vendita a Cortina e a San Vito, oppure può essere richiesto direttamente al CAI di San Vito. Invito gli appassionati di storia dell'alpinismo dolomitico a darvi un'occhiata: può essere anche un simpatico regalo.

Novità sulle Dolomiti

Un amico che, per dovere e anche per piacere, di montagne ne ha scalate parecchie e passeggia tuttora sul sesto grado, un giorno traeva una conclusione che mi ha fatto riflettere. Oggi, paradossalmente, nell’esplorazione delle cime soprattutto intorno a Cortina, è diventato più facile scovare una via nuova con difficoltà alte od estreme, che non un’ascensione di stampo classico, dei gradi che furono palestra d’impegno e divertimento anche per noi. Vale a dire che in Ampezzo e dintorni il mercato offre ancora qualche diedro, parete, tetto vergine di settimo e ottavo grado, ma si sono invece rarefatti i camini, le placche e gli spigoli di terzo e quarto. E poi non ci sono quasi più cime dove nessun essere umano abbia ancora messo piede, almeno con intenti alpinistici. Si vede però che questo non è sempre vero: nello scorso agosto due alpinisti, uno dei quali è Carlo, giovane “figlio d’arte” di Modesto, guida alpina e gestore del Rifugio Croda da Lago, sono riusciti a scovare - quaranta minuti sopra il Lago di Misurina - una cima ed una breve via, nuove ed originali. Essi, infatti, hanno battezzato il Torrione Medio-Orientale delle Pale di Misurina (Gruppo del Cristallo) salendone la parete nord, con difficoltà di secondo e terzo grado. Sono occorsi due chiodi e solo quaranta minuti di arrampicata, per “conquistare” quel corposo spuntone, sotto il quale sarò passato una mezza dozzina di volte, ma mai avrei immaginato che un giorno qualcuno si arrampicasse, creando una via nuova, poco difficile e magari degna di diventare classica. Mi auguro che questi ragazzi continuino così, dimostrando che l’alpinismo esplorativo vive ancora, anche nelle usate Dolomiti.

venerdì 14 dicembre 2007

E' tornato il Gran Bracun!

Intorno al 1930, su un abete a fianco della spalletta sinistra del Ponte Alto, lungo la carrareccia che risale la Val di Fanes, c’era un quadro. Alfred Mutschlechner, il proprietario del Rifugio Fanes che a Cortina ancora molti ricordano, aveva fatto fare un dipinto artigianale, ma vivace ed evocativo, per evocare un episodio della storia medievale d’Ampezzo. In bilico tra realtà e leggenda si dice, infatti, che ai primi del XV secolo l’alto ponte sul Rio Travenanzes - che il destriero del cavaliere Gabriele di Brack, il quale veniva spesso dalla Val Badia a trovare la sua fidanzata al Castello di Podestagno, superava con un ampio balzo – fosse stato manomesso dai Vinighesi invidiosi, nella certezza che il nobile sarebbe finalmente precipitato nella forra. Pochi anni fa, mentre il ponte veniva ristrutturato, un operaio abbatté l’albero su cui era appeso il quadro; questo sparì, e fu dimenticato. Nello scorso autunno, su interessamento della Commissione per il Notiziario delle Regole, è stata recuperata la fotografia del dipinto, scattata nel 1991 e pubblicata tre anni dopo da Lorenza Russo nel suo libro “Pallidi nomi di monti”. Una grande copia a colori dell’immagine è stata incorniciata e alla fine di novembre ha ripreso il posto del quadro sul ponte. La leggenda del cavaliere di Brack, raccontata anche nel Museo Ladin Ciastel de Tor in Val Badia, viene così riproposta alla memoria ed alla curiosità di chi passa per la Val di Fanes. Transitando ora sul Ponte Alto, sia d’estate sia nelle belle giornate d’inverno, oltre a sporgersi ad ammirare il profondo burrone, grazie all’iniziativa di Regolieri che non hanno mai dimenticato il vecchio manufatto, gli escursionisti rivedranno l’immagine del “Gran Bracùn”, che per sessant’anni abbellì la zona ricordando una bella leggenda ladina.

mercoledì 12 dicembre 2007

Montagna è fatica

Dall’inizio del nuovo secolo ho salito altre tre volte il Taé, cospicua elevazione della dorsale del Col Bechei, nel cantone più a sud della Croda Rossa d’Ampezzo. La sua figura tondeggiante sembra starsene quasi in bilico sulla sottostante Val di Fanes, e la parete meridionale si slancia impetuosa sopra le cascate del rio omonimo. Caratteristico per le stratificazioni, che si diramano a ventaglio da sinistra verso l’alto formando cenge e tetti strapiombanti, affrontati per la prima volta soltanto nel 1953, il Taé è una delle più belle cime del Parco Naturale d’Ampezzo. Raggiunto con intenti esplorativi da Domenigg, Geith e Thiel nel 1906 lungo il facile catino settentrionale, è più noto per le scalate estreme, che si raggruppano sugli strapiombi incombenti sulla Val di Fanes, che non per l’accesso comune. A questo, noto ai locali fin da tempi remoti, si accede da Antruiles attraverso le Ruoibes de Fora, salendo alla conca più sassosa che erbosa, chiusa tra la cima e l’antistante Col Bechei. Il luogo merita una pausa, rinfrancata da un rivolo d’acqua che ha qui le sorgenti e s’inabissa subito, per rispuntare a valle. Volgendo lo sguardo alla vetta, vi si può salire in due modi: o sul lato est della conca, superando una fascia di terreno friabile fino in cresta e poi per la dorsale, con un giro comodo ma non breve. Più veloce, ma meno agevole, è traversare la congerie di blocchi che si estende verso il Taburlo, superare una caratteristica trincea di roccia chiara, e raggiungere una rampa-diedro inclinata, al limite di una placconata liscia. Superata la rampa, si doppia un’anticima e per un canale franoso si esce sulla via normale poco sotto la cima. Questa soluzione non è di facile d’orientamento, mancando le indicazioni, ed è meglio servirsi di qualcuno pratico dell’itinerario, intuitivo ma non scontato. Nel ritorno, oltre alla via di salita, c’è una variante. Tornati sulla dorsale verde toccata in salita, si prosegue sulla cresta degli Spalti di Col Bechei, per prati cosparsi di rocce. Dopo un breve diedro in salita e una parete esposta, ma non difficile, in discesa, si tocca il ghiaione che scende dal Col Bechei e il sentiero che si dirige verso Antruiles. Il Taé, che conserva in vetta i resti di postazioni, apre la visuale sul Col Bechei, Lavinores, Fanes, Valon Bianco, Taburlo, Col Rosà, Tofane, Pomagagnon, per un arco di 360 gradi. Finora in vetta non abbiamo mai trovato alcuno, e ben poche persone abbiamo incontrato nella zona, solcata da un unico sentiero. Oltre le tracce che salgono sul più noto Col Bechei, spariscono le indicazioni: inizia qui la montagna a noi più gradita, non scevra da qualche insidia e che richiede impegno e fatica.

martedì 11 dicembre 2007

Qui comincia l'avventura ...

Sono solo uno dei tanti appassionati di montagna che popolano il mondo.
Questo blog, il cui titolo significa "le mie montagne" in ampezzano, è destinato a chi ama la Montagna: ed ogni appassionato ama sicuramente la sua!
Vado per crode da decenni, e dagli anni '80 mi piace scriverne; ho ideato questo spazio per condividere, con chi vorrà leggerle, considerazioni, notizie e pensieri sulla Montagna e l'alpinismo. Chi apprezzerà ciò che scrivo, contribuirà a dare un senso a quest'avventura.
Buona montagna a tutti.
Ernesto