sabato 19 luglio 2008

Alla ricerca della falesia perduta

Di recente, abbiamo visto un’immagine in bianco e nero, risalente ad almeno ottant’anni fa, con la guida Angelo Dibona ritratta sul Sas da Pera, un macigno ai piedi del Pomagagnon che pare fosse la sua "palestra" preferita. Oltre a confermare che anche gli scalatori dei tempi andati usavano tenersi in forma salendo montagne in miniatura, magari vicine al fondovalle (Dibona proveniva da Chiave, quindi non abitava molto distante dal Sas), la presunta “palestra” mi aveva incuriosito molto prima della divulgazione della fotografia. Ero stato in zona tanti anni fa, ma ormai il ricordo di quel vagabondaggio era del tutto sbiadito. Vi sono ritornato un giorno di settembre, risalendo dapprima il tracciato dell’ex skilift fin sul colle di Pierosà, traversando poi nel bosco sopra Staulin, passando ai piedi del Sas e concludendo la passeggiata a Col Tondo. Solo che il Sas da Pera dei tempi di Dibona, non l'ho visto. Pare sia stato ridimensionato già in tempi lontani, sbancando parte della roccia per la costruzione nell’Hotel Savoia (mi è stato detto), e quanto ne rimane è ormai soffocato da alberi, vincastri, erbe alte. L’impressione che se ne ricava oggi è ben distante da quella di una comoda palestra di roccia a due passi dalle case. La zona fra Verocai e Chiave oggi è comunque piacevole per camminarci, perché il “Picheto”, dove generazioni di locali hanno imparato a sciare, oggi è praticamente abbandonato. Basi e tralicci dello skilift sono stati recentemente asportati, e la natura si sta riappropriando con rapidità del terreno che anni fa fu preso in prestito. La Essa si è ripresa anche la possibilità di capire come fosse la palestra di gioco della nostra guida, dove il “Pilato” usava scaldare i muscoli in vista di mitiche imprese.

venerdì 18 luglio 2008

18 luglio 1941: sessantasette anni fa, la prima via nuova degli Scoiattoli di Cortina

67 anni fa, il 18 luglio 1941, sulle cime ampezzane veniva aperta la prima via nuova degli Scoiattoli, il gruppo di rocciatori fondato nel 1939, che tanto avrebbe dato alla storia dell'alpinismo e di Cortina. Luigi Menardi Amanaco "Iji", classe 1925, saliva infatti con Camillo Crico di Venezia la parete est della Tofana Terza o de Inze. Nulla di strabiliante, secondo i canoni alpinistici: 600 metri di II e III grado, superati in sei ore con l'ausilio di un chiodo, ma - considerando la lontananza della parete, che allora si avvicinava a piedi e non in funivia da Ra Vales, la quota e anche l'età del capocordata - fu sicuramente una discreta impresa. Camillo Crico tornò lassù un mese dopo con l'amico Muller, per aprire accanto alla prima un'altra via, di uguale lunghezza ma giudicata più facile. Nell'inverno 1976-1977 la parete fu scesa con gli sci da Don Claudio Sacco e poi da Tone Valeruz; su quella pala inclinata, il 15 febbraio 1981, Mario Lacedelli, Enrico Maioni, Rolando Menardi (figlio di Iji) e Mario Siorpaes tracciarono poi un'altra via ("... soltanto una lunga sgambata su neve ,,,", ricorda Enrico), battezzata "Sgamala Hala". L'avventura degli Scoiattoli continuò il 10-11 settembre del '41, con la variante di Carlo Alverà Lete e Ettore Costantini Vecio alla via Dimai-Comici sulla Nord della Cima Grande di Lavaredo, per fiorire definitivamente dal 1942 in avanti. Iji è scomparso trent'anni fa, e non so se la via Menardi-Crico sia mai stata ripresa. Certo è che quel paretone inclinato, in parte nevoso e non appetibilissimo, rimane il primo angolo d'Ampezzo sul quale gli Scoiattoli si sono sbizzarriti a inventare itinerari da iscrivere nel "libro d'oro" delle Dolomiti.

lunedì 14 luglio 2008

Una proposta per l'estate: il Corno d'Angolo

L’ho nominato ormai varie volte nei miei scritti: del resto, le esperienze piacevoli si ricordano volentieri. Traggo quindi dal cassetto dei ricordi il Corno d’Angolo, perché ho deciso di farlo conoscere anche ai soci del CAI Cortina, proponendo insieme all'amico Carlo la salita alla cima domenica 31 agosto 2008. Il Corno si riconosce già da lontano per la sua forma slanciata, e spicca soprattutto dalla strada fra il Passo Tre Croci e Misurina. Mentre lo spalto esterno, che precipita verticalmente per oltre duecento metri su uno zoccolo detritico, settantacinque anni fa offrì a Emilio Comici e Sandro Del Torso l'occasione di tracciare un itinerario impegnativo e poco ripetuto, verso l’interno il Corno emerge appena leggermente dalla conca di blocchi e detriti che s’insinua fin sotto l’adiacente Croda di Pousa Marza. Proprio lassù si rivela, con passi pressoché elementari, la via più semplice per accedere alla sommità. Dalla sella dove campeggiano i ruderi del Rifugio Popena, distrutto negli anni Quaranta del ‘900 e mai riedificato, ci si porta su una sottile cresta fra le due cime. La si asseconda, obliquando man mano verso sinistra su detriti e roccette, e con poca difficoltà ma sempre un minimo d’attenzione, ci si spinge fin sugli esposti e malfermi blocchi che costituiscono la panoramica sommità. Considerata la relativa facilità dell’accesso, non si sa chi sia stato il primo salitore della cima, sicuramente raggiunta da cacciatori e pastori prima dello studio ottocentesco di Wenzel Eckerth sulle crode del Cristallo. A chi decide di fare visita al Corno, sapere chi ne sia stato il primo salitore non cambia certamente la vita; basta giungere, con un’escursione fuori delle tracce battute, su una sommità non troppo impegnativa, poco battuta e tranquilla, dove solo un bastone infisso fra due blocchi ci accoglie e al cospetto di tante montagne è facile rievocare ricordi o ideare progetti.

domenica 13 luglio 2008

Guardando la Punta Nera, in una domenica di pioggia

La Punta Nera domina la conca di Cortina e si vede bene dal Corso Italia, ma non è una meta troppo frequentata. La via normale, breve e tutto sommato non difficile, si svolge su roccia un po' malsicura. Dal libro di vetta, che un benemerito appassionato ampezzano portò lassù nel settembre 2000 e che nell'autunno 2007 versava in cattive condizioni, si poteva dedurre che ogni stagione non più di una trentina di persone calchi l’angusta cima, sbrecciata dalle intemperie e dai fulmini. Il primo a raggiungere la Punta fu Alessandro Lacedelli (Sandro da Meleres, 1836-1918), cacciatore e guida alpina capitatovi un giorno dell’estate 1876, forse inseguendo un camoscio ferito. Il primo turista a salire in vetta fu, invece, Emerich Benke di Vienna, accompagnato dalla guida Arcangelo Dimai Deo (1853-1941), il 27 agosto 1879. Per l’ascensione, il cliente e la guida impiegarono cinque ore e un quarto da Cortina e, al ritorno, scesero lungo la Val Orita ad Acquabona, ultima borgata sul confine fra il Tirolo e l’Italia. Il primo a scalare la Punta d’inverno fu Giorgio Brunner (1897-1966), solo, il 27 febbraio 1941. Valendosi della nuova funivia del Faloria e degli sci, il triestino partì da Cortina alle dieci del mattino e alle quattro e mezzo del pomeriggio era già di ritorno in Alverà, dove al tempo alloggiava. Dev’essere un destino: la Punta attrae in modo particolare i solitari, e lo ha fatto anche con me. Infatti, l’ho salita sei volte, di cui tre da solo, godendomi sempre con soddisfazione l'ambiente e il panorama che offre su Cortina e l’Oltrechiusa, distesi quasi due chilometri più in basso.