sabato 28 novembre 2009

Avventura con un gatto sul Col Rosà

Mi è capitato, e non è certamente nulla di strano ma merita ricordarlo, di portare a termine varie gite in montagna in compagnia d’animali. Un cane, una capra, un gatto hanno fatto da scorta a me, familiari e amici nel corso di due escursioni nel gruppo delle Tofane e una in quello della Croda Rossa. Della capra e del cane ho già scritto le vicissitudini; del gatto non ricordo. Ad ogni buon conto, lo rievoco in queste righe. Erano i primi anni ’70 quando, agli esordi delle nostre scorribande sulle crode, con Alessandro, Carlo e Federico salii la via ferrata Ettore Bovero sul Col Rosà. Niente di speciale se la guardo con gli occhi di oggi, ma allora ero il più grande dei quattro, e avevo forse sedici anni ... Al campeggio di Fiames, un micio emerse dal nulla ed iniziò a trottare dietro di noi. Al Passo Posporcora ce l’avevamo ancora alle spalle, all’attacco della ferrata anche. Che fare? Carlo lo prese e se lo infilò nello zaino, lasciando fuori la testa; era proprio piccolo, ma per nulla intimorito, e si lasciò condurre senza storie su per la parete, fino in cima. Sotto la croce lo liberammo, e non scappò: anzi, condivise con noi qualcosa della merenda che avevamo appresso, e continuò a seguirci, zampettando lungo le rocce, in mezzo ai mughi, fra gli alberi, nei ghiaiosi canali della via normale, fino a Pian de ra Spines. Davanti al campeggio, mosso dall’istinto, il gatto cambiò strada e sparì. A noi non miagolò un saluto, ma io gli rivolsi un silenzioso grazie per la tenera, discreta compagnia che ci aveva fatto.

venerdì 27 novembre 2009

Arturo Dalmartello, alpinista fiumano.

"Arturo Dalmartello. Le montagne di un alpinista fiumano" (Nuovi Sentieri Editore) di Silvana Rovis e Bepi Pellegrinon, ha vinto il Premio Antonio Berti 2009, consegnato l'8 novembre scorso a Cividale. Complimentandomi con gli amici autori, che con questo bel libro, ricco di immagini inedite, hanno saputo degnamente omaggiare un amante della montagna, per ricordarlo anche su queste pagine riprendo un articolo che scrissi due anni fa sul Notiziario di Cortina. L'avvocato Arturo Dalmartello si è spento novantottenne nella sua casa di Coiana, dove abitava stabilmente da due anni, alla fine di luglio 2007, ed è stato sepolto nella tomba di famiglia. A tanti forse questo nome non dirà granché, ma esso ha un posto onorevole nella storia dell’alpinismo dolomitico. Dalmartello, infatti, fiumano d’origine e Presidente nel secondo dopoguerra della ricostituita Sezione del CAI di Fiume in patria, negli anni '30 fece parte della “Banda Mazzotti”, il gruppo capitanato da Bepi Mazzotti e Cino Boccazzi che compì molte salite sulle Dolomiti, esplorando soprattutto il gruppo del Popera. Proprio in quel gruppo, il 24.8.1939 Dalmartello scalò lo spigolo nord-est del Secondo Campanile, nientemeno che con il grande Emilio Comici, che soltanto un anno dopo sarebbe morto in un banale incidente in Val Gardena. Lo spigolo Comici-Dalmartello, superato in prima invernale dai fratelli Zandonella Callegher di Dosoledo il 10-11.1.1976 e in prima solitaria negli stessi anni da un altro Callegher, Mario, è una di quelle vie eleganti e rinomate che, quando la potei ammirare salendo la via normale del medesimo Campanile, mi è rincresciuto di non aver mai potuto fare. Di Dalmartello, al cui funerale a Cortina non era presente alcun rappresentante dell’alpinismo ampezzano, il più bel ricordo rimangono sicuramente quei quattrocento metri di “aerea arrampicata su ottima roccia”, lungo uno dei più bei campanili delle Dolomiti.

lunedì 23 novembre 2009

L'artista delle montagne selvagge

E' scoppiata una protesta contro quello che è stato definito "il graffitaro delle Alpi", perché ha agevolato con tanta vernice alcune vie escursionistiche, tra le più impervie delle Dolomiti, specie Orientali. Qualcuno si è già dichiarato disposto a salire a cancellare i segni del "graffitaro". Come sottolinea il Corriere della Sera, il 10 ottobre lo scrittore-editore Luca Visentini ha postato sul forum di montagna Fuori Via un atto di accusa - che approviamo in pieno - contro chi imbratta le crode di vernice (e sono tanti). "C'è un soggetto - ha scritto Visentini - che si adopera alla verniciatura sistematica delle vie alle vette, nei valloni selvaggi in tutte le Dolomiti Orientali. Appone enormi bolli, frecce, scritte sulla roccia. Imbratta ogni cima in modo seriale. Uccide l'avventura. Compromette la scoperta. Riduce l'autonomia". L'artefice dell'opera tanto contestata è Paolo Beltrame di Maniago, amante della montagna, ex sestogradista e oggi autore di guide alpinistiche. "Ho dipinto la Cima dei Preti - ha detto - perché nella discesa, molto tortuosa, c'è il rischio di perdersi in caso di nebbia. E' pericoloso, ci sono i precipizi. C'è sempre chi sbaglia. L'anno scorso il mio amico Renzo Corona, presidente del Cai di Maniago è morto perché rientrando dal Passo del Camoscio, in mancanza di segnali ha sbagliato canalone ed è precipitato. Stessa cosa per la coppia di tedeschi che la scorsa estate si sono persi sulla Cima Grande di Lavaredo: qualcuno ha cancellato i segni, si sono persi e lei è morta". Per Giacomo Giordani (CNSAS Alta Valcellina), è un grave problema di sicurezza. "Nessun privato - ha spiegato - può prendere l'iniziativa di segnare una via senza che rientri in un piano generale gestito dal Cai o dai parchi che possano assicurare la manutenzione. Nel caso in questione, tra l'altro, quei giganteschi segni sono fuori da ogni regola della segnaletica in montagna. Sono troppo grandi". Lorenzo Zampatti (CNSAS Alto Adige) soggiunge: "Mentre si può apprezzare e giustificare la segnalazione dei sentieri frequentati e le vie normali delle grandi cime è fuorviante segnare le vie classiche di arrampicata: l'imprudente o l'incapace si perde lo stesso. I segni su certe vie tolgono lo spirito di avventura, che è l'essenza delle salite alpinistiche. Non si tratta di essere conservatori, ma va ponderato il gusto della scoperta. In montagna si va in base alle proprie capacità e non sono le frecce che ti salvano a certi livelli". Al coro di critiche si unisce Reinhold Messner: "Sono contrario a tutte quelle segnalazioni che disturbano il paesaggio. Per segnare la via bastano gli 'ometti', le classiche piramidi di pietre, che fanno ormai parte di una cultura millenaria", e anche Franco Gaspari (Presidente Guide Alpine Cortina) ha detto autorevolmente la sua. Nel 2008 Ernesto Majoni (Cai Cortina) aveva già denunciato nel notiziario “Ciasa de ra Regoles” due verniciature sospette, di un sentiero di guerra su Ra Ciadenes e della via normale della Croda d'Ancona, cima solitaria e ancora selvaggia presso Cortina, . Le due operazioni erano state rilevate in coincidenza con l'uscita del volume di Beltrame sul Gruppo della Croda Rossa d'Ampezzo, nel quale rientrano la cima e il sentiero verniciati. Tanto clamore deve aver fatto riflettere il graffitaro, che nel forum di Planet Mountain ha scritto: "La mia opera vandalica è finita, per sempre. Ho sbagliato, lo ammetto, pensando di fare qualcosa che fosse d'aiuto, credetemi, in buona fede". Resta il fatto che non si sa esattamente quante e quali montagne abbia "agevolato" il nostro writer, e come si potrà rimediare all'iniziativa. Bisognerebbe invitarlo - con mazzuolo, bocciarda, acquaragia e quant'altro - a ripercorrere tutte le vie descritte nei suoi libri e così presuntuosamente "facilitate". Vedremo il seguito dell'iniziativa. Personalmente ritengo che la libertà di ognuno di andare per i monti non possa assolutamente essere ammazzata da questi "samaritani delle bombolette" che perseguono la purezza della Montagna e poi la verniciano con bolli, frecce, strisce e ciò che detta loro la fantasia.