sabato 4 aprile 2009

Putzalm: il nome non sarà bello, ma il posto sì!

Dalla strada che da Braies Vecchia sale a Pratopiazza, imboccando una stradina secondaria che inizia poco oltre i Bagni abbandonati, si giunge ai Prati Camerali, dove ci sono due alberghi e due sciovie per l'inverno. Da qui, avviandosi da qui lungo una strada forestale che sale un po' ripida lungo il bordo nord dei Prati e termina in uno spiazzo ghiaioso, e deviando poi a sinistra per un sentiero a tornanti in un umido bosco, si giunge al Passo del Capro, fra il Sasso del Pozzo e il Monte Serla. Da qui, scendendo lungo un’accidentata carrareccia, in cinque minuti si arriva alla Putzalm (Malga Pozzo), che sorge a 1737 m. su un costone di pascolo al termine di una strada che viene da Villabassa. La malga non ospita più bestiame, penso da lungo tempo. E' stata rimessa apposto, e di solito è aperta e incustodita; è usata dall’Alpenverein pusterese, e può servire da appoggio in caso di necessità. Ci sono passato spesso, salendo dal lato di Braies, perché la malga è oggetto di una visita quasi obbligata per chi transita dal Passo del Capro per salire il Sasso del Pozzo, che prende il nome italiano dall’alpe e dalla malga, o il più alto Monte Serla, che le sta proprio alle spalle. Guardando dalla baita verso valle, si ammira un bel tratto della Val Pusteria, i Monti di Casies e le più lontane Alpi Aurine. Pur essendo raggiungibile con mezzi fuoristrada, Malga Pozzo è piuttosto lontana dal fondovalle, e sostarvi è molto piacevole, prima di continuare il cammino. Mi manca accedervi dal versante pusterese, ossia da Villabassa. Peccato che la lunga strada forestale non sia battuta d’inverno; altrimenti, sarebbe meta di una bella passeggiata e, forse, di un’altrettanto bella discesa con lo slittino, oggi tanto di moda!

giovedì 2 aprile 2009

In omaggio a una delle montagne più belle del Cadore: la Croda Bianca. Nel ricordo dei fratelli Fanton.

Anche le Dolomiti Orientali, a modo loro, rendono un imperituro tributo a due padri della letteratura mondiale! Un omaggio imperituro, o forse no, considerato che per sua intrinseca natura la dolomia si modifica continuamente e crolla, soprattutto dov'è articolata in guglie sottili. E le guglie alle quali faccio cenno sono proprio piccole e sottili, ma nel XXI secolo sono ancora là, immobili al loro posto di vedetta, a sorvegliare i selezionati alpinisti che vanno a rendere loro omaggio. Si tratta di Dante e Virgilio, caratteristici torrioncini che sovrastano l’alpinistica Forcella della Croda Bianca, nel gruppo cadorino delle Marmarole. I due pinnacoli si devono obbligatoriamente scavalcare scendendo dalla Croda Bianca, una delle maggiori e più fotogeniche cime delle Dolomiti Orientali, “Imperioso pilastro sul fondo della Val Baion. Pala fastosa, dal profilo affilatissimo, sul versante meridionale …” (Luca Visentini). Fortunatamente ho avuto l’occasione di transitare almeno una volta ai piedi dei due grandissimi poeti lapidei. Succedeva il 17 agosto 1993, dopo aver ripetuto con mio fratello la via dei fratelli Fanton sullo spigolo SE della Croda Bianca, una grandissima avventura di croda. Al confine fra una escursione impegnativa ed una facile arrampicata, lo spigolo, salito il 31 luglio 1910 dai giovani calaltini Umberto e Arturo Fanton, è “… una cresta che sale a fil di cielo e armoniosamente va ad esaurirsi nella rotondità della vetta” (Luca Visentini). Sono 600 metri di II e III, con una discesa lunga e non semplice, che proprio poco lontano dai due torrioni nasconde il tratto forse più impegnativo dell’intera traversata. Dopo una ripida cengia, che verso la fine si restringe con un’interruzione friabile ed esposta, quindici metri di buon II su roccia più solida scaricano l’alpinista alla base dei due poeti immobili, che da lassù sorvegliano il mondo. Dante e Virgilio si scorgono fin dal Ponte Cadore: avendo disturbato il loro immoto silenzio, ogni volta che li scorgo da lontano, la mente corre subito a quel lontano ricordo.

mercoledì 1 aprile 2009

Il Bonnerhutte sul Corno Fana: un rifugio nuovo, ma vecchio di oltre un secolo

Per fare apprezzare agli escursionisti il Corno Fana di Dobbiaco (m 2663) e la zona alpina che lo circonda, nel 1880 la Sezione Alta Pusteria del Club Alpino Tedesco-Austriaco tracciò un sentiero che raggiungeva la cupola sommitale. Nel 1894 il Comune di Dobbiaco concesse alla Sezione un terreno fabbricabile sul fianco della montagna, dove il Club Alpino edificò un piccolo rifugio, donandone due anni più tardi la proprietà alla Sezione di Bonn. Nacque così la Bonnerhütte, arricchita nel 1904 dalla Bonner Höhenweg, un panoramico sentiero di cresta che la collegava a Sankt Jakob in Defereggen, subito di là dal confine. Con la ferrovia, che dal 30 novembre 1871 unì Vienna con l’Italia del Nord, d’estate iniziarono a popolare l'Alta Pusteria facoltosi turisti, che salivano alla Bonnerhütte in portantina, con cavalli o con muli, per poi percorrere la Bonner Höhenweg. Dalla Defereggental, i turisti proseguivano in carrozza fino a Lienz, per rientrare a Dobbiaco in treno. Nel 1907 il Rifugio registrò circa 500 passaggi. Dopo la Grande Guerra e la conseguente demarcazione del confine, lo Stato Italiano espropriò la costruzione, che fu utilizzata prima come base di sorveglianza e poi come ricovero di bestiame. Abbandonata e inservibile per molti anni, dal 2007 la struttura è rinata per opera di un volonteroso privato, come Rifugio Bonnerhütte, ed offre circa 20 posti letto e il tradizionale "servizio d'alberghetto". Il modo migliore per salire al rifugio, posto in splendida posizione a 2307 metri su un costone erboso, consiste, partendo dai masi di Candelle in Val San Silvestro, nel seguire il sentiero n. 25, che lo raggiunge in un paio d'ore. Con un’altra oretta di cammino su terreno facile ed aperto, si può salire poi in vetta al Corno, punto panoramico impareggiabile.

martedì 31 marzo 2009

Il Tridente Cantore, cronaca breve di un'intenzione, naufragata con un po' di dispiacere

Giovanni Barbaria (1850-1939) che nel 1901 costruì il rifugio in riva al lago di Federa, ma l'anno dopo lo vendette alla Sezione di Reichenberg del Club Alpino Tedesco-Austriaco perché non guadagnava quello che avrebbe desiderato, fu guida dal 1875, tra le prime a Cortina. Nel 1910 aveva sessant'anni, ma evidentemente era in gamba, se andava ancora in montagna. Tant’è vero che in settembre, col figlio Bortolo (1873-1953), anche lui guida alpina, accompagnò due viennesi in una salita ... misteriosa. Il quartetto salì la maggiore delle tre torri che si dipartono dalla cresta della Tofana di Mezzo verso il Valon de Tofana, presso Forcella Fontananegra. In omaggio ai clienti, le guglie furono inizialmente denominate Wienertűrme (Torri Viennesi), ma della via dei Barbaria non si seppero mai né il tracciato né la difficoltà. Dopo la Grande Guerra, le torri furono dedicate al “Papà degli Alpini”, caduto lassù il 20 luglio 1915: da allora si chiamano in complesso "Tridente Cantore", e rispettivamente Torrione Cantore, Torrione Centrale e Torre Ovest. Non vi sale mai nessuno, perché la roccia non è buona e non ci sono vie degne di grande attenzione. E poi, solo due torri offrono pane per gli alpinisti: nell’agosto 1941 la maggiore fu salita per lo spigolo SE dalle guide alleghesi Mariano e Ermanno De Toni (V), e il 17.6.1945 i nostri Luigi Ghedina e Bortolo Pompanin scalarono la più piccola per la fessura SO. Questa via, che segue una crepa lunga 120 metri (IV), negli anni “eroici” aveva solleticato - come qualche altra - la nostra curiosità. Ci stavamo pericolosamente sbilanciando verso situazioni "strane", fuori mano e poco note, e così un giorno stemmo a guardare … La giornata finì allegramente al Giussani, dove un paio di birre ci distolsero definitivamente dall’andare a cercare guai su un Tridente tanto bello da vedere, quanto certamente inadatto a esercitarsi con corde e chiodi. Queste righe riassumono la cronaca breve di un'intenzione di trent'anni fa, naufragata forse con un un po' di dispiacere.