sabato 22 agosto 2009

Punta Erbing, dove i pensieri corrono ...

Nel 1997 “scoprii” improvvisamente la Punta Erbing, l’elevazione più ad E della dorsale del Pomagagnon, che dopo di essa cala verso Sonforcia. Qualche giorno fa vi sono salito con tre amici per la sesta volta, non trovando anima viva a contendermi il passo. La Punta, gradevole meta di una bella gita alle porte di casa, cade verso S con una parete alta 350 m, mentre sul lato opposto un pendio sassoso abbastanza ripido solcato da un sentiero segnato consente di salire in cima senza gravi difficoltà. Sicuramente toccata in tempi antichi da cacciatori, la Punta prese il nome dal primo salitore G. Erbing, che nel 1905 superò con Antonio Dimai ed Agostino Verzi la parete rivolta a Cortina, per una via oggi dimenticata. Nel 1942 Igi Menardi e Toni Zanettin aprirono un'altra via di IV sulla stessa parete, e dopo di allora basta. Per salire la Erbing si segue il sentiero non numerato, che da Forcella Zumeles sottende i Crepe de Zumeles sul lato di Val Padeon. Superato un bel pianoro erboso cosparso di massi, si sale un canale terroso e detritico un po' franoso, poi un tratto di roccette e con alcuni lunghi tornanti su sfasciumi e zolle erbose si esce sulla forcella sotto la Croda Zestelis, proprio dove termina la Terza Cengia del Pomagagnon. Per la cresta si sale in cima in pochi minuti. Un ometto ed una croce contorta accolgono i visitatori, che credo piuttosto scarsi, di una vetta ben visibile da Cortina, ma fra le meno note e più solitarie della valle.

venerdì 21 agosto 2009

Dove stanno andando a finire le Dolomiti? Ci mancavano anche le guide alpine abusive (e chi le paga) ...

Dopo i maestri di sci non abilitati, ecco arrivare le guide alpine abusive. E a Cortina qualcuno lancia l’allarme. Anche di fronte al numero di incidenti che quotidianamente vedono impegnate in Ampezzo e in Cadore le squadre del Soccorso Alpino. A mobilitarsi sono le Guide Alpine di Cortina. Spiega il presidente Franco Gaspari Moroto: «Abbiamo riscontrato che molta gente si affida a persone non qualificate. Lo vediamo soprattutto nelle palestre di roccia, alle Cinque Torri, sul Sas de Stria, a Landro, nelle località più frequentate».La normativa che regola il settore è molto rigorosa: l’utilizzo di corde e moschettoni, del materiale alpinistico, per scopi professionali, per accompagnare clienti in montagna, facendosi pagare, è consentito solamente alle Guide Alpine. «Noi ci preoccupiamo soprattutto dell’aspetto sicurezza - aggiunge Gaspari - perché pensiamo che non sia davvero il caso di affidarsi o affidare i propri bambini a chi non ha la preparazione necessaria per garantirla». Molte "guide" vengono da fuori. Ma pare che ci sia pure gente del posto: «Sono persone che lavorano abitualmente nel comparto turistico e che, durante l’estate, continuano a svolgere la propria attività, magari con gli stessi clienti che li hanno contattati d’inverno. Si fanno pagare, ma non lo potrebbero fare».La questione sicurezza in montagna, di questi tempi, viene anche sollevata dal responsabile provinciale del Soccorso Alpino bellunese, Fabio Bristot "Rufus". Evidenziato il fatto che quest’anno si assiste ad un aumento degli interventi di soccorso in montagna - entro la fine dell’anno si ipotizza di arrivare in provincia a quota 600 -, Bristot sollecita, al di là delle sterili enunciazioni, a caricare di un significato particolare l’evento delle Dolomiti "patrimonio dell’umanità": «Si presterebbe bene per un’operazione culturale capace di coniugare l’idea della montagna da fruire con una campagna per goderla in sicurezza». Ma le garanzie passano pure per mezzi e strumenti di soccorso adeguati. E qui Bristot attende al varco la Regione: «In Lombardia i nostri colleghi possono contare su un 44% in più di contributi regionali. Per questo stiamo aspettando il passaggio della legge finanziaria della Regione, pronti a presentare emendamenti». A quest’esternazione sobbalza l’assessore regionale Coppola: «La finanziaria si prepara in settembre e va in aula a dicembre. Non sarebbe meglio che questi signori scendessero a Venezia a presentare le loro richieste? Questo è davvero un chiaro esempio di cattivo rapporto con le istituzioni. Noi non ci siamo mai tirati indietro e in totale sul fronte del soccorso (compreso quello con elicottero) nell’anno in corso nel bilancio della regione compaiono 1.450.000 € (dal Gazzettino del 21 agosto, articolo a firma di Bruno De Donà e Marco Dibona.)

lunedì 17 agosto 2009

Ma qual è, questo Corvo Alto?

Prima di iniziare il cammino verso una, o entrambe, queste cime, volete un dubbio di carattere toponomastico, di quelli che stuzzicano gli studiosi ed animano le discussioni scientifiche? Nel solitario sottogruppo del Cernera, che campeggia sullo sfondo del Passo Giau, fra Selva e San Vito di Cadore, e offre alcune mete interessanti all'appassionato camminatore, due cime “dovrebbero” avere lo stesso nome, CORVO ALTO. Il primo è il Monte Mondeval (2455 m), costituito da bancate di lava e tufo incorniciate da un ambiente prettamente dolomitico. A picco verso SO e SE, il Monte è invece dolcemente inclinato verso NE con un ripido pendio erboso, che consente di salirvi dal Lago de le Baste. Tutti gli scialpinisti lo chiamano “Corvo Alto”, ma a Selva di Cadore il toponimo non è condiviso dagli autoctoni. Il secondo monte è il Piz del Corvo (Corvo Alto, nella guida di Antonio Berti). Alto 2383 m, è la punta più elevata della bastionata dolomitica a picco sulle valli del Loschiesuoi e Fiorentina, e verso NE presenta un ripido pendio erboso, per il quale si sale in vetta dal vasto, suggestivo catino di pascoli che lo separa dall'antistante Monte Mondeval. Le due cime sono frequentate da persone che, ovviamente, prescindono da dispute toponomastiche: il Monte Mondeval (Corvo Alto "primo"), viene salito soprattutto d'inverno con gli sci, ed è rinomato come gita di medio livello. Un po' meno noto è invece il Piz del Corvo (Corvo Alto "secondo"). La cima, con la croce e il libro di vetta, guarda Santa Fosca e Pescul con una parete salita da vie alpinistiche molto difficili. Chi avrà ragione: Antonio Berti, gli scialpinisti, i paesani di Selva?