venerdì 28 agosto 2009

Ferrata sul Col dei Bos: ma tutto questo ferro sulle montagne porterà davvero vantaggi?

Nel novembre 2007 il Comando delle Truppe Alpine di Bolzano aveva dato inizio alla posa in opera di un itinerario attrezzato sul Col dei Bos. La via ferrata denominata "degli Alpini" ripercorre tracce di un precedente percorso, ed i lavori sono terminati nel novembre 2008. L'itinerario si sviluppa sulla parete S della Piramide del Col dei Bos ed è costituito da cavo di acciaio, da innovativi coni anticaduta che ottimizzano il posizionamento dei moschettoni in caso di caduta, e da particolari staffe angolari di rinforzo della tenuta dei fittoni nei tratti in cui il cavo compie angoli significativi.Per saperne di più, si può consultare il sito planetmountain.com.

L'amico Nicola ci scrive, segnalando l'ennesimo scempio.

Mi corre l'obbligo di segnalare uno scempio ben peggiore delle tacche rosse apposte sulla normale della Croda d'Ancona (del quale comunque, personalmente, sospetto uno dei soliti "numi tutelari" delle Dolomiti venuto dalla città, n.d.a.). Trattasi di un intervento perpetrato mediante opere di allargamento spropositato della mulattiera militare che, dalla polveriera dismessa posta vicino a Cimabanche, conduce in Forcella Lerosa. Da molti anni frequento questa zona sia d'estate che di inverno con gli sci, e non mi era mai capitato di vedere nulla di simile. La stradina, con esclusione dei circa 800 metri (per fortuna!!) posti a ridosso della zona demaniale presso la polveriera, è stata allargata e spianata (sembrerebbe per far passare in futuro dei grossi fuoristrada!) con interventi che con una ruspa hanno scorticato alla grande le radici ed i tronchi degli alberi posti ai lati del tragitto, e con scavi della roccia e demolizioni di massi che intralciavano il percorso da allargare. Il tutto con un danno ambientale che tra molti anni forse si autoriparerà, a meno che il fine ultimo non sia di ulteriori interventi con asfaltatura finale, per portare le masse motorizzate e non in quel luogo incontaminato e bellissimo che si chiama Forcella Lerosa. Ma il CAI di Cortina cosa fa? Basta recarsi in loco e verificare! Chi ha autorizzato l'intervento? Le Regole d'Ampezzo ne sono al corrente?

giovedì 27 agosto 2009

Anche il secondo libretto di vetta della Pala Perosego è sparito.

Il secondo libro di vetta della Pala Perosego, sottile ed esposto rilievo del Pomagagnon che fronteggia il Rifugio Sonforca e dal quale si gode una inusuale vista su Cortina, è sparito. Il primo, collocato lassù il 23 settembre 2000, durò meno di cinque anni; il contenitore fu distrutto, probabilmente da un fulmine, e ignoti prelevarono il libro. Dopo la segnalazione di un visitatore, il 22 maggio 2005 sostituii il libretto e il contenitore con una scatola più robusta, ricontrollando tutto il 20 maggio 2007. Un amico mi ha dato notizia che sotto l'ometto di vetta non c'è più nulla. Non voglio pensare a un dispetto o ad un atto cleptomane: se il libretto e la sua scatola sono stati distrutti da eventi naturali, pazienza; ma se il gesto fosse di qualche furbetto, è un peccato. Perché le poche persone che giungono su quella cima meritano un plauso, per aver scelto un luogo davvero solitario e "diverso" per passare qualche ora, e la loro firma rappresenta un gesto di affetto per una montagna minore e fuori dalle rotte. Peccato, davvero!

Se n'è andato Bibi, grande alpinista ampezzano.

Ieri sera se n'è andato anche Bibi, al secolo Luigi Ghedina Bròco. Classe 1924, fu uno dei fondatori degli Scoiattoli di Cortina. Appena ventunenne divenne guida alpina, nel 1955 costruì e poi gestì per lunghi anni la Capanna, oggi Rifugio Pomedes. Ci sarà modo e tempo per scrivere più ampiamente di lui, e lo farò senz'altro. Ora partecipo commosso alla sua scomparsa, ricordando con affetto e simpatia un grande alpinista ampezzano, vissuto per la famiglia, per il lavoro, per la Montagna. Non dimentico inoltre la cordialità e la disponibilità che dimostrò nei miei confronti tre anni fa, quando scrissi "Pomédes 1955-2005. Un rifugio e la sua gente", il volume che ricorda il cinquantesimo della sua "seconda casa", appollaiata ai piedi della Tofana di Mezzo. Sanin dapò, Bibi!

mercoledì 26 agosto 2009

Ricordo di Vito Pallabazzer, il professore montanaro

Il 22 giugno si è spento un insigne linguista, montanaro e grande amico della Montagna, il professor Vito Pallabazzer di Colle Santa Lucia. Altri ne hanno ricordato le capacità professionali di etimologista, toponomasta e studioso dell'idioma ladino. Avendolo conosciuto e goduto della sua stima, mi interessa ricordarlo per il volume “Gente di montagna”, che Nuovi Sentieri Editore ha pubblicato quattro anni fa. Conservo una copia autografata del libro, di cui il professore mi fece gradito dono, durante una visita che gli rendemmo nell'agosto 2005, nel suo maso a Pònt di Colle, dove passava l'estate. Il volume, sottotitolato “Dalle Dolomiti, storie e costumanze senza tempo”, raccoglie articoli, in buona parte apparsi su varie riviste di montagna e non, sugli aspetti culturali della nostra Montagna. Quindi vi si parla di storie di parole, cacciatori e pastori, fiori e animali, forcelle e boschi, stregoni e mestieri antichi, stalle e bestiame, escursioni nel paranormale, api, fienili e altri frammenti geografici e sociologici di quell'ambiente alpino fra la Civetta, il Pelmo e le Tofane che oggi non esiste più, ma alcuni ancora ricordano. Nei suoi scritti il professor Pallabazzer rivisse tante cose viste e provate in gioventù. Con gli occhi dello studioso affermato, ma anche con l'animo del montanaro incantato; e tante cose ha consegnato a noi, appassionati della nostra terra, perché le impariamo e le conserviamo.

domenica 23 agosto 2009

Al cordoglio per la tragedia di Rio Gere si associa anche questo blog.

Quattro vite spese a soccorrere gli altri in montagna spente da un incidente mentre in elicottero, in mezzo al maltempo, stavano sorvolando l'area di una frana sulle pendici del Cristallo, sopra Cortina d'Ampezzo. La tragedia è accaduta nel primo pomeriggio del 22 agosto. L'elicottero Ab1209 si era da pochi minuti alzato in volo dal piazzale del Suem, il servizio sanitario del 118, di Pieve di Cadore, diretto verso Rio Gere, dove un ampio fronte di terriccio aveva invaso la strada che conduce a Passo Tre Croci. A bordo c'erano il medico Fabrizio Spaziani, 46 anni, il pilota Dario De Felip, 49, Marco Zago, 42, assistente pilota e membro del soccorso alpino, e il tecnico del soccorso alpino, Stefano Da Forno, 40. Per Zago oggi pare fosse l'ultimo giorno di lavoro prima di passare ad un altro incarico. Solo l'inchiesta potrà dare una risposta certa sulle cause della caduta dell'elicottero, ma al momento l'ipotesi più probabile è quella che si sia abbassato, forse a causa del maltempo, e abbia toccato la linea di media tensione che passa nella zona. Alcuni testimoni hanno parlato di un cavo della tensione tranciato e di un blocco dell'erogazione dell'elettricità ad alcuni impianti. Tutti hanno indicato De Felip come un pilota molto esperto, come grande era l'esperienza delle altre tre persone in volo con lui. Spaziani era in servizio al 118 di Pieve di Cadore da molti anni e assieme agli "Scoiattoli" di Cortina aveva partecipato alla spedizione commemorativa sul K2 per i 50 anni dalla conquista. Sul luogo della tragedia in pochi minuti sono arrivati i carabinieri, squadre dei vigili del fuoco e del soccorso alpino, mentre nella sede del Suem la notizia della disgrazia ha gettato nel dolore tutti, e via via sono arrivati parenti e amici delle vittime. Il velivolo è finito in una zona particolarmente impervia.Operatori chiamati ogni giorno a prestare aiuto a escursionisti e alpinisti in difficoltà hanno dovuto recuperare i corpi «di quattro amici», come hanno detto i 500 tecnici del soccorso alpino bellunese. Le salme sono state portate all'ospedale Codivilla a Cortina. Sull'incidente sono state aperte due inchieste: una della Procura della Repubblica di Belluno, l'altra dall'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (Ansv). Quest'ultima, ha disposto l'invio di un team di esperti per ricostruire la dinamica ed individuare le possibili cause tecniche dell'incidente. Sotto accusa i cavi elettrici. «I cavi dell'alta tensione, come anche quelli delle funivie, vanno assolutamente segnalati. Mentre da terra sono ben riconoscibili contro il cielo, dall'alto sono praticamente invisibili»: lo dice Hans Unterthiner, membro dell'elisoccorso altoatesino che oggi è intervenuto sul luogo dell'incidente. «Quando siamo arrivati sul posto - racconta afflitto - non c'era più nulla da fare per i nostri colleghi. La scena era agghiacciante. L'elicottero ha con ogni probabilità toccato una linea dell'alta tensione, che in quel punto attraversa la valle, ed è precipitato da una altezza di circa 150 metri». Unterthiner, che fa parte della squadra del Pelikan 2 di Bressanone, punta il dito contro i cavi dell'alta tensione e delle funivie: «Sono la nostra grande paura durante gli interventi di elisoccorso. I cavi andrebbero segnalati con delle palle colorate, come già avviene in alcuni casi. Ma andrebbero anche segnalati sulle carte geografiche digitali che utilizziamo sull'elicottero. Purtroppo i gestori delle linee dell'alta tensione sono molti e anche il legislatore sembra poco interessato a risolvere il problema che interessa solo pochissime persone, ovvero noi dell'elisoccorso». (l'articolo è tratto dal Gazzettino del 23 agosto, che ringrazio). Una considerazione personale, senza valore per la spiegazione della disgrazia: 48 ore prima dello schianto, chi scrive transitava nello stesso luogo con il sole e il cielo sereno e rifletteva a come si trasformano le fiumane di ghiaia che scendono dal Cristallo, in caso di maltempo.