venerdì 24 aprile 2009

Valerio, Misurina, lo Spigolo Giallo: un uomo di montagna e le sue crode in un libro di Bepi Pellegrinon.

Il 15.5.08 è mancato - sulla soglia degli ottant'anni - Valerio Quinz, guida alpina, grande sportivo e imprenditore turistico di Misurina. Da acuto osservatore qual è, lo scrittore-editore Bepi Pellegrinon ha colto la palla al balzo, dedicando all’amico Valerio una nuova ricerca storica sull’alpinismo dolomitico. Ne è sortito il saggio Bepi Pellegrinon -a cura di-, Il cuore oltre lo spigolo. Le montagne di Valerio Quinz, Nuovi Sentieri - Cornuda, 2008, pp. 94 con f.t. b/n e col., € 20,00, corredato da oltre novanta immagini in bianco e nero e una dozzina a colori, nelle quali l'auronzano Valentino Pais Tarsilia ha colto le cime della Val d'Ansiei, frequentate da Quinz per una vita.
Il volume ripercorre l’esistenza di Valerio, figlio di Giuseppe (1887-1970) che scese da Sappada in Auronzo per fare la guida negli anni '20 e, fra gli altri, fu compagno di croda di Dino Buzzati, con il quale il 26.6.30 aprì una via su una cima vergine dei Cadini, denominata Piz S. Angelo. Già a otto anni il pargolo fu condotto dal padre sul Camino Casara del Popena Basso, e due anni dopo salì la Grande di Lavaredo, ricevendo dal genitore un amore per la montagna rimasto immutato fino all'ultima vetta, la Cima Cadin di S. Lucano, scalata nel 2002 con l'amico Pellegrinon.
Dalle pagine del libro, in cui l'autore è stato coadiuvato da Loris Santomaso, risalta il fatto che Quinz fu promosso guida alpina a soli diciannove anni, ma aveva già alle spalle una solida esperienza; che arrampicò spesso con amici auronzani, Francesco Corte Colò, Isidoro De Lazzer, Angelo Larese Filon, Alziro e Ottavio Molin, Armando Vecellio Galeno, e s'impose all'attenzione del mondo alpinistico il 9.9.49, superando per primo in solitaria lo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo, che campeggia in copertina e dà il titolo al libro.
In oltre sessant'anni di roccia, trenta dei quali di professione, sono state innumerevoli le cime e le vie salite da Quinz. La guida però ha sempre parlato poco delle sue ascensioni, preferendo lavorare sodo nel turismo, che lo ha visto condurre coi familiari l’albergo-ristorante ereditato dai genitori sulle rive del Lago di Misurina, base della sua esistenza. Non dimentichiamo poi che Quinz fu anche un valente giocatore di hockey ed un ottimo sciatore, attività che incorniciano una passione per la montagna a tutto tondo.
Nella storia dolomitica, il nome di Valerio si lega ad una ventina di vie nuove e ad importanti ripetizioni sui monti di casa: Cadini, Cristallo, Paterno, Tre Cime, Tre Scarperi. Una scalata domina tutte, ed è il suo “monumento”: il diedro E del Pianoro dei Tocci nei Cadini, 200 metri dritti come una schioppettata e con difficoltà fino al VI, scalati il 10.9.51 con l’amico “Galeno“. Però “Il cuore oltre lo spigolo“ non parla solo di vie: ci sono anche gare sportive, soccorsi in montagna, fraterne amicizie con rocciatori italiani e stranieri, la famiglia, un uomo e un alpinista forte, generoso e riservato. Commuove, a questo riguardo, nelle pagine finali, la cronaca dell'ultima salita e il “testamento” del nonno per i due nipoti.
Un plauso, quindi, a questo impegno editoriale che Bepi ha voluto dedicare a Valerio. Dispiace un po' che nel libro si siano infilate anche alcune imprecisioni toponomastiche (il “Popena Basso“ è diventato prima la “Pala di Popena“ e poi il “Piz Popena“, è citata una “Direttissima dello Spirito Santo” ed altre minuzie). Cose che non incrinano l’interesse e il valore dell’opera per i cultori di storia dolomitica e il rispetto per un uomo che ne ha vergato alcune belle pagine.
Recensisco questo libro con piacere, nel ricordo di Valerio Quinz: mi fu presentato a Ferragosto del 1976, lo stesso giorno in cui iniziò la mia breve, ma intensa amicizia con Severino Casara, il poeta delle Dolomiti.

lunedì 20 aprile 2009

Chi ha detto che d'estate a Cortina c'è gente dovunque? Andiamo a vedere su queste cenge ...

Il passaggio ai piedi della parete E del Taburlo, che collega le Ruoibes de Fora con Progoito; la cengia che percorre le pendici di Ra Sciares sulla Croda Rossa d’Ampezzo, unendo i circhi che fanno capo a Forzela Colfiedo; il tracciato militare sul lato S di Ra Zestes sotto la Tofana Terza; l’attraversamento - battuto dagli ungulati e noto anche ai guardaparco - dal sentiero 447 del Col Rosà al 408 del Passo Posporcora; la cengia sull’avancorpo delle Lainores che collega sotto roccia, in modo originale, la via normale della cima con Antruiles. Sono alcune possibilità, che chi scrive ha già verificato o deve ancora controllare sul terreno, per escursioni abbastanza impegnative sui monti ampezzani, che uniscono peculiarità naturalistiche, storiche ed alpinistiche. Si potrebbero aggiungere due cenge sulla parete NO della Tofana Prima; un paio di percorsi sui Orte de Tofana; gli accessi diretti dalla Ria Longa in Val de Fanes al Col Rosà e dai Pantane al Valon Bianco; la cengia che collega i bivacchi Slataper e Comici traversando dietro le Tre Sorelle. Mi fermo, giacché capisco che stiamo scivolando sul tecnico. Comunque, per conoscere più che profondamente le crode ampezzane forse anche a me difettano molti tasselli. D’altronde, mi posso ritenere fortunato, per avere raggiunto tante altre mete, sovente scomode e aspre: la cengia sull’avancorpo delle Lainores, la Ponta del Pin, la Pala de ra Fedes, il Taburlo, vari sentieri sui 'Suoghe e Ra Ciadenes; il Pezovico. Nel mio “libro dei sogni” ci sono ancora molte pagine bianche: con le idee che mi vengono di anno in anno, magari le potrei riempire, ma non so se riuscirò mai a leggerle tutte. Se lo faranno altri, gli appunti per l’auspicato ma forse utopico aggiornamento della guida delle “Dolomiti Orientali”, al quale tanti appassionati potrebbero dare una mano, potranno essere redatti ugualmente.

domenica 19 aprile 2009

Mosca e la sua Punta ... che non raggiungemmo mai!

Anni fa, galvanizzati dai suggerimenti di Luca Visentini nel suo libro sul Cristallo, salimmo in Val Popena Alta per tentare la Punta Mosca, uno degli alti e remoti satelliti del Cristallino di Misurina. La relazione prometteva una salita abbastanza semplice, per quanto molto lunga e con un notevole dislivello dal fondovalle. Non saprei dire esattamente dove sbagliammo, ma ricordo che arrivammo molto in alto, su una cresta ghiaiosa dove stava infisso un enigmatico palo di legno, e lì ci arenammo, per l’ora avanzata ma soprattutto per la rabbia di non riuscire ad intravedere il resto di una via alla nostra portata. Non credo che tornerò più a curiosare intorno alle punte (Clementina, Elfie, Mosca e Ilde), che occhieggiano ai passanti sulla Strada d'Alemagna fin dal Lago di Dobbiaco. Mi è rimasta però una curiosità storica: sapere qualcosa di più sulla guida auronzana che per primo salì e battezzò quella cima, tale Giovanni Frigo Mosca. Per caso, dalla bacheca delle guide alpine d’Auronzo e dal cippo che lo ricorda sulla strada fra Carbonin e Misurina, ho saputo che nacque nel 1856, visse per molti anni nella Casera Mosca in Val Popéna Bassa, fu guida dalla fine dell’Ottocento, nel 1903 aprì una via sulla parete sud della Cima Grande di Lavaredo (il “Camino Mosca” con Emil Stűbler). In epoca imprecisata, Frigo salì la "sua" Punta da solo e durante la Grande Guerra fu internato in Sicilia perché – abitando vicino al confine di Stato - era sospettato di chissà quali connivenze con gli Austriaci. Laggiù, tra limoni e fichi d’India, splendidi ma troppo diversi dalle creste e dalle guglie del Cristallino di Misurina, che conosceva a menadito, pare che il povero Mosca abbia dato di matto. Tornato in patria morì, comunque piuttosto anziano. Non so moltissimo di queste importanti, ma minori figure dell’alpinismo cadorino, surclassate da altri scalatori più noti, ma ugualmente interessanti per l’evolversi della storia dolomitica. Se fossimo riusciti a salire l'ardita Punta Mosca, credo che mi sarei attivato per saperne di più sul suo solitario vincitore: sarà magari per la prossima Punta…