martedì 15 settembre 2009

Neve di settembre.

Oggi a Pomedes la neve caduta l'altra notte si era già sciolta (ma la Tofana di Rozes non si scorgeva ...); al Lago di Federa, sul Becco di Mezzodì, sulla Croda da Lago invece il terreno era ancora tutto bianco. Per non parlare del Nuvolau, dell'Averau e ovviamente dell'Antelao, del Pelmo, del Sorapis ... I nostri vecchi dicevano "canche gneeghea su ra foia, vien un inverno che fesc ra voia" (occorre la traduzione?). Dunque, chissà se, dopo questa nevicata troppo, troppo precoce, dovremo sospirare l'arrivo di un inverno "normale". Nel frattempo, stiamo pensando dove poter andare la prossima volta, senza bagnarci troppo!

lunedì 14 settembre 2009

Cinque croci per cinque vette che guardano San Vito di Cadore.

Da ieri, cinque croci metalliche, poste in vetta ad altrettante montagne dolomitiche che guardano San Vito, fanno buona guardia agli alpinisti che raggiungono le vette nei gruppi dell'Antelao, del Pelmo, del Sorapis e delle Marmarole. Le nuove croci sostituiscono quelle esistenti, alcune delle quali rovinate dagli anni, dal maltempo e dall’incuria. Prima che un elicottero della Elifriulia le portasse sui basamenti già predisposti, c'è stata la benedizione impartita dal pievano don Riccardo Parissenti sul sagrato della parrocchiale di San Vito, gremito di fedeli e con la presenza dei gruppi volontaristici paesani. «Per i credenti è il simbolo della fede che, dal punto più alto della montagna, indica la via del cielo e dell’elevazione - ha detto don Riccardo -. Esse richiamano una meta ottenuta con fatica e rappresentano anche la solidarietà e l’amicizia. E' una presenza fraterna, l’invito all’amore che, consapevolmente o inconsciamente, è stato cercato salendo la montagna». Ora in vetta all’Antelao (m. 3263), al Sorapis (m. 3205, situato in comune di Cortina, ma con via normale sul versante di San Vito), al Pelmo (m. 3168), alla Croda Marcora (m. 3154) e alla Cima Bel Pra (m. 2917) c'è una croce dell’altezza di m. 2,30, con un contenitore col libro di vetta, per la registrazione di firme e commenti degli alpinisti che hanno scelto le montagne intorno a San Vito per le proprie ascensioni. L'iniziativa è stata del Cai sanvitese, del Gruppo Rocciatori Caprioli e del Soccorso Alpino; ma per raggiungere l'apprezzabile risultato hanno collaborato in modo concreto alcuni volontari e soprattutto un gruppo di amici di San Vendemiano, nella marca trevigiana, legati da fraterna amicizia ai rocciatori sanvitesi (articolo di Bortolo De Vido, tratto da Il Gazzettino del 14 settembre 2009. Grazie.)

Beco de ra Marogna, uno spicchio di mondo a parte.

Proprio ieri l'amico Carlo è salito sul Beco de ra Marogna, guglia secondaria del Nuvolau, che si nota dalla strada del Passo Giau.e - più che all’alpinismo - interessa alla storia, perché per quattro secoli fu confine di stato, ed oggi marca il limite fra i pascoli cadorini di Giau e il territorio regoliero d’Ampezzo. Carlo ha ripercorso passi che personalmente hanno coronato diverse volte una gita pomeridiana in uno splendido bosco della nostra conca, quello del Forame. Mi piace sapere che anche lui abbia calcato quella piccola cima solitaria, e la notizia ha risvegliato in me un bel ricordo di una ventina di anni fa quando, in un giorno di febbraio, salii con un paio d’amici il Beco per la prima volta d'inverno. Un tempo il picco, quotato 2271 metri, non aveva un nome. L'oronimo Beco de ra Marogna/Becco (della) Muraglia gli fu dato durante la Grande Guerra, giacché la celebre Marogna de Giou/Muraglia di Giau trova ai suoi piedi uno dei due capisaldi d’inizio. Non so chi abbia salito per primo quella punta, dove nel 1972 la guida Franz Dallago ha tracciato una breve via di III/IV, e nel 1996 è tornato per apportarvi anche una variante. La via d'accesso alla cima si risolve in una parete inclinata e friabile, con difficoltà che si aggirano sul I per una cinquantina di metri. So di averne fatto, oltre a tre o quattro estive, anche una salita invernale: non sarò stato il primo, ma ricordo che l’inverno asciutto di quell’anno e la voglia di respirare un’aria diversa ci spinse a calcare quel dentino che spunta dal bosco, dove il silenzio dei luoghi e la visuale dalla vetta sono un bene prezioso.