sabato 5 luglio 2008

Croda del Valico: divagazioni storiche e topografiche

Oggetto di questa nota è una cima di fama e rilevanza quasi nulle, che entra nella storia dell’alpinismo per un’interessante casualità. La prima salita e l'imposizione del nome alla vetta, infatti, sono dovute a quattro alpinisti, al tempo giovanissimi e già celebri: Severino Casara (classe 1903), Emilio Comici (classe 1901), e i ventiduenni Giordano Bruno Fabjan e Mario Salvadori. Per l’occasione, Salvadori fece da capocordata all’austriaca Emmy Eisenberg Hartwich, forte scalatrice che alcuni anni prima aveva arrampicato col conterraneo Paul Preuss.
Agosto 1929. Il gruppo, ospite del Rifugio Luzzatti al Lago del Sorapis, scalpitava per aprire qualche via nuova sulle cime dell’anfiteatro che circonda il lago. Dopo aver raggiunto il 16 il Circo dello Zurlon per un nuovo accesso e aver compiuto, otto giorni dopo, la prima ascensione della parete NE del Dito di Dio (V), Comici e Fabjan preparavano l’attacco alla parete NO della Sorella di Mezzo (salita il 26, con discesa il 27 per la parete SO della Terza Sorella), che fu la prima via italiana di VI nelle Dolomiti. Il 26, Casara compirà in solitaria la prima salita da O del Corno Sorelle, che sovrasta il Rifugio (IV); nello stesso periodo, infine, con Salvadori, il vicentino si aggiudicherà la conquista della Cima Emmy, che domina il Circo dello Zurlon (IV).
Il giorno 25, il quartetto, al quale si è aggregata la Hartwich, si porta sul Valico sora la Cengia del Banco (2416 m), forcella intransitabile posta alla testata dei Tondi di Sorapis, fra il Sorapis e la Punta Nera. I cinque sono intenzionati a tentare dal versante dei Tondi una cima che sicuramente hanno già notato nei giorni precedenti dalle vette limitrofe. La prominenza in questione si erge in vicinanza del valico: in verità, non è una vetta autonoma, ma soltanto l’innominata anticima E della Punta Nera (2847 m), massiccia elevazione della “Diramazione Ampezzana” del Sorapis salita fin dal 1876. Osservandola dal Valico, la Punta presenta uno sperone a prua di nave, che sale verso N con un cupolone grigiastro, una slanciata torre gialla e l’anticima orientale.
Procedendo quindi al contrario, dalla Punta verso la forcella, la Croda del Valico dovrebbe essere il primo rilievo, quotato “2820 m circa” (cfr. relazione in R.M. CAI 1930), e quindi di soli 27 m più basso della Punta Nera. La cresta prosegue poi con un netto torrione staccato, che corrisponde ragionevolmente alla q. 2739. Più oltre, prima di sprofondare verso la Valle del Boite al livello dell’insellatura da cui oggi prende avvio il Sentiero alpinistico attrezzato “Francesco Berti”, la cresta degrada in una specie di piano inclinato. Il culmine di questo dovrebbe corrispondere alla q. 2640, scorrettamente indicata in alcune fonti come Croda del Valico. La relazione Berti e la fotografia in Visentini, scura ma leggibile, evidenziano chiaramente quale sia l’Anticima E, ossia la Croda del Valico.
Secondo le relazioni in R.M. CAI, la Punta Nera e l’anticima differiscono quindi di poco; questo scarta l’ipotesi che la Croda del Valico sia la q. 2640 e depone a favore dell’assegnazione ad essa della “q. 2820 circa”. La cima sorge chiaramente a N della q. 2739, assai vicina alla sommità della Punta Nera; lo conferma anche il dislivello di 400 m della via riportato nella relazione, perché se l’anticima fosse la q. 2640, esso si ridurrebbe a circa 200 m, essendo il Valico sora la Cengia del Banco quotato 2416 m. Tutto ciò è asseverato dal tracciato in Berti 1971 e dalla foto in Visentini, dalla quale appare evidente che la Punta Nera e l’anticima non differiscono molto quanto a quota.
Ci resta un dubbio: per quanto riguarda l’altezza della cima in questione, potrebbe essere esatta la q. “2820 circa”, trovandosi il piede della parete poco sopra i 2400 m, ma non è certo che i 400 m indicati nella relazione siano tutti di puro dislivello. Nel tracciato di Berti, infatti, la via non sembra “a goccia d'acqua”, secondo il principio di tante scalate ideate e condotte da Comici: ma forse, in questo caso, l’idea non fu del triestino. I primi salitori, poi, erano senz'altro fuoriclasse, ma pur sempre in cinque, ed il tempo dichiarato per la prima salita (1.30 h dal Valico, 1.15 dal piede della parete) per 400 m di dislivello, sia pure “soltanto” di II ma saliti forse in cordata, pare poco. La parete, quindi, potrebbe essere meno alta, anche perché la Croda, pur essendo inferiore di soli 27 m alla Punta Nera, pare staccarsi da quest’ultima ad un livello assai più basso.
La R.M. CAI 1938 contiene la descrizione che è confluita in Berti 1971 (q. 2820 senza più “circa”, tempo di salita 1.15 h). Sulla carta Tabacco 1: 25000 della zona, poi, sono riconoscibili diverse elevazioni di cresta a S della Punta Nera: per quanto riguarda la Croda, dopo un’accurata consultazione e scambio d’idee con l’amico Mario Crespan, ci sentiamo di ipotizzare che essa sia l’ultima quota dal valico, subito oltre la q. 2739.
La fotografia pubblicata in "Alpinismo Eroico" (tav. CVI, foto Antonio Berti) abbraccia la cresta che sale dal Valico sora la Cengia del Banco alla Punta (della quale si vede solo il culmine): effettivamente, la cresta è assai dentellata, e il dente più alto corrisponde certamente alla nostra cima, mentre la q, 2640 è evidentemente bassa e assai vicina al Valico.
In definitiva, la questione della Croda del Valico si restringe all’attribuzione della quota esatta. Sulla relazione Berti compare testualmente "dislivello c. 400 m", e questo dovrebbe fare riferimento alla quota indicata in R.M. CAI 1930, che - come più volte detto - riporta “m 2820 circa”. Quanto al tempo di salita - desunto sempre da R.M. 1930, che scrive "ore 1.30 dal valico" - siamo quasi certi che la via del 1929 risalga lungamente per cengia fino alla base degli ultimi salti rocciosi. Probabilmente i cinque salitori salirono slegati fino in cresta, e si assicurarono soltanto nell’ultimo “nero camino”. Per quanto riguarda il tempo ridotto, comunque, nulla di strano: un esempio è la parete E della Cima Bagni in Popera. I primi salitori della parete (Castiglioni, Bramani e Gasparotto, 1931), superarono la parete (1000 m di II, III e IV) in 2.45 h, attualmente ridimensionate a cinque; un tempo simile, anche oggi, sarebbe realizzabile abbastanza difficilmente salendo sempre in cordata.
In questi anni, sulle riviste e nei forum, si disquisisce ormai quasi soltanto di 8c o IX grado, imprese strabilianti sulle montagne del mondo e pareti lisce di 2000 metri; eppure, c’è ancora qualcuno che si ostina a cercare di capire su quale cima possano essere giunti cinque alpinisti, pure importanti, ottant'anni fa e con una via di II ...
Di fronte a questi interrogativi, sicuramente fuori moda in un'epoca d’alpinismo troppo spesso spettacolarizzato, la soluzione ideale sarà intraprendere, con qualche altro appassionato, il ghiaioso avvicinamento lungo i Tondi di Sorapis fino al Valico sora la Cengia del Banco, ed aggirarsi intorno alla Croda del Valico, per controllare dove possa trovarsi e come sia una delle vie alpinistiche forse meno conosciute cui partecipò Comici! Una volta assodate le questioni della posizione e della quota della croda di cui abbiamo finora disquisito, potrebbe essere anche interessante scoprire se qualcuno l’abbia mai ripetuta: finora non abbiamo trovato notizie.

giovedì 3 luglio 2008

Una via sconosciuta sui Crepe de Cianderou

Da anni scrivo di montagna su vari periodici, e questo interesse mi porta a raccogliere, tramite i miei lettori, molti dati, impressioni, proposte, richieste di informazioni e ricordi di alpinismo. Dal compaesano Valerio Cordella ho saputo che il 19 aprile 1964 (giorno della tragica caduta dalla Torre Piccola di Falzarego dello Scoiattolo e guida alpina Albino Michielli "Strobel") lui stesso - all'epoca diciottenne - e Armando Menardi "de Seerino" - classe 1945, morto immaturamente due anni dopo - aprirono una via sullo spigolo che guarda Cortina di un risalto innominato dei Crepe de Cianderou in Tofana, ben visibile dalla stazione delle autocorriere. Cordella testimonia che la via, rimasta senza relazione, ha una lunghezza di 80-100 metri circa, con difficoltà fino al V, e termina nel bosco soprastante, dal quale si rientra per la comoda mulattiera di guerra. Gli alpinisti usarono alcuni chiodi di sicurezza, poi recuperati, e fino all'attacco furono assistiti dall'amico Ugo Constantini. Tempo dopo, Cordella compì con Armando Menardi, Diego Valleferro "Fil" e Diego Zandanel "Béco" la terza salita della via aperta da Albino Michielli e Arturo Zardini "Tamps" nell'estate 1962 sulla parete N del Beco d'Aial (190 m., V-VI). Oggi ricorda l'evento con piacere, anche perché Menardi e Zandanel sono già scomparsi da anni. Mi gratifica collezionare queste informazioni, di storia minore se vogliamo, ma utili a costruire il colorato mosaico di date, immagini, numeri e volti che costituisce la storia dell'alpinismo ampezzano. Forse non serviranno a compilare altre guide delle nostre montagne, ma per adesso le raccolgo e le conservo con cura.

martedì 1 luglio 2008

Un ricordo di Mario Rigoni Stern

Pensavo che sarebbe vissuto cent'anni: e invece oggi, di ritorno da lunghe vacanze, ho appreso della scomparsa del più anziano fra i miei due scrittori italiani preferiti, Mario Rigoni Stern. Lo seguivo senza interruzione da trent'anni; di lui credo di avere acquistato e letto proprio tutto, qualche libro anche più volte. Ho sempre adorato il suo modo discreto e garbato di narrare i segreti delle montagne, a mio parere molto più evocativo della prosa a volte sguaiata di altri scrittori saliti alla ribalta in questi anni. Mi dispiace per Rigoni, del quale ho la fortuna di conservare due cartoline autografe, che mi scrisse qualche anno fa in risposta ad altrettante mie lettere di complimenti. Giusto ieri, mentre passavo ai piedi del suo Altopiano, pensavo alla sua barba bianca di vecchio cimbro saggio, al suo indimenticabile sergente, ai suoi uomini, boschi e api, a Tonle e alla grande galleria di personaggi ed ambienti che Mario ha attraversato con la sua magica scrittura in oltre cinquant'anni. Mi dolgo della sua dipartita, perché se ne è andato un caro "amico", che fin dall'adolescenza, con teutonica puntualità, mi ha tenuto buona compagnia con le sue storie di guerra e di pace, di uomini e di animali: uno scrittore autenticamente montanaro.