sabato 21 febbraio 2009

Gusela o Bujela: due nomi per una montagna dimenticata

Nel luglio 1991, salii per la prima volta una cima ampezzana che mi regalò suggestioni diverse dal solito: la Bujèla (Gusela nelle pubblicazioni alpinistiche) de Padeon, nel gruppo del Pomagagnon. E’ questa una stramba cupola, ben visibile dalla strada d’Alemagna nei pressi di Ospitale. Fino al 1985, il suo interesse si limitava alla semisconosciuta via normale: il 28 luglio di quell’anno, gli Scoiattoli Paolo Bellodis e Massimo Da Pozzo tracciarono la via “Gipsy” sulla placca grigio-gialla – avanzo di un remoto franamento – che guarda la Val Pomagagnon, via ripetuta varie volte. La Bujèla era stata conquistata da Viktor Wolf Von Glanvell e Karl Günther Von Saar il 28 luglio 1900, lungo la “cengia a spirale” che la fascia con una certa regolarità. Due giorni dopo, Karl Domenigg salì in vetta da solo per un “alto e liscio camino” che incrocia la via originaria e riserva qualche difficoltà in più. La Von Glanvell, percorsa di rado, anche se Visentini nel suo libro sul Cristallo del 1996 la giudica una delle vie normali più godibili della zona, si aggira sul 1° grado superiore. Non è più una passeggiata, ma non ancora una scalata: salendola, s’incontrano mughi e detriti, roccette e un tratto di dolomia compatta quasi verticale, e in fin dei conti - per una sommità piatta ed erbosa – è necessario un certo impegno. Dopo il primo approccio, vi sono tornato nel tardo autunno 1992, trovando ghiaccio e godendola poco, e nel settembre 1995: in seguito, non sono più salito (ma come dice qualcuno, “le montagne sono sempre là”). La Bujèla è un luogo al quale, prima che le frane sconvolgano la “cengia a spirale” e impediscano un accesso tutto sommato semplice, gli appassionati del “selvaggio” dovrebbero fare una visita.

lunedì 16 febbraio 2009

Successo per l'Incontro d'inverno 2009 del CAI Cortina

Il CAI Cortina annuncia con soddisfazione il successo del tradizionale Incontro d'inverno per soci e amici, svoltosi domenica 15.2 al Rifugio Angelo Dibona ai piedi della Tofana.
All'incontro hanno partecipato 45 appassionati che, dopo aver raggiunto il Rifugio a piedi da Fedarola, con gli sci d'alpinismo e le “ciaspes” da In son dei Prade, hanno trascorso in compagnia alcune ore, allietate da una giornata incomparabile, un ottimo pranzo e ricordi e progetti di montagna.
Il CAI porge un particolare ringraziamento al gestore del Rifugio, Riccardo Recafina, e alla sua squadra, che hanno allestito un pranzo degno di un ristorante.
Mentre l'Incontro d'inverno è rinnovato al prossimo inverno, il CAI ricorda i prossimi appuntamenti:
- 21 febbraio: gara di sci alpinismo in notturna - 11° Trofeo “CAI Cortina”;
- 8 marzo: gita con le “ciaspes” in Val de Gotres;
- 11 marzo: Assemblea Generale dei Soci;
- 14 marzo: Cena Sociale per soci e amici al Rifugio Col Druscié
Info:
www.caicortina.org

Alessandro Cassiano Zardini Noce, alpinista vittima della stupidità umana

Delle due guide ampezzane morte tragicamente durante l'inverno, la prima fu Alessandro Cassiano Zardini "Noce", nato il 24.4.1887 a Staulìn, travolto dalla gigantesca valanga del Gran Poz in Marmolada il 13.12.1916, con altri 300 commilitoni. "Noce" era guida da quattro anni e non aveva all'attivo prime salite, ma soltanto la prima ripetizione, effettuata quattro mesi prima della morte col tenente Norbert Gatti, della via Laufenbichler-Langes sulla parete N della Roda del Mulon in Marmolada, con difficoltà fino al V, sicuramente realizzata per motivi più tattici e strategici che alpinistici. Zardini lasciò la vedova e tre figli, delle quali l'ultima scomparsa pochi anni fa, e il suo nome non manca sulla lapide che ricorda i 134 caduti ampezzani della Grande Guerra. Purtroppo, oltre al biglietto trovato circa mezzo secolo fa in vetta alla Roda del Mulon, una cima minore della Marmolada, non so se vi siano documenti inerenti all’attività del Noce, che potrebbero servire per una pagina di storia locale. Di Alessandro Cassiano Zardini (nonno di due personaggi ampezzani contemporanei, Alessandro "Zoco" e Umberto Zardini) qualche anno fa narrai la vita sulla Rivista “Cortina”, ritenendo opportuno rischiarare, per quanto possibile, l'esistenza di un giovane che stava iniziando la vita, e men che trentenne rimase vittima di strategie superiori, subendo la disgraziata installazione dell’accampamento in una delle zone più pericolose del fronte dolomitico.