sabato 16 maggio 2009

Gemellaggio alpinistico Cortina-San Vito sulla Rocchetta di Prendera (200° post di questo blog!)

Il CAI di San Vito di Cadore, molto attivo in questi ultimi anni grazie al rinnovo della presidenza e a diverse iniziative d'indubbio interesse, ha proposto agli amici di Cortina di continuare il gemellaggio avviato lo scorso anno col "Giro de le casere de Ospedal". Sabato 10.10.2009 le Sezioni contermini si daranno appuntamento per inaugurare la croce lignea, collocata nello scorso autunno in vetta alla Rocchetta di Prendera (2496 m), confine fra Ampezzo e Cadore. Il CAI Cortina ha accolto con interesse la proposta, tesa a consolidare l'amicizia fra le Sezioni, proprio su una montagna che fino a novant'anni fa fece da confine fra l'Impero asburgico e il Regno d'Italia.

venerdì 15 maggio 2009

La Croda de r'Ancona, cima minore ma remunerativa. Suggerimenti per un'estate che pare lontana.

A Cortina ci sono obiettivi proficui per gli escursionisti che desiderano conoscere e non solo collezionare gradi e quote. Suggerisco una cima minore, ma remunerativa: la Croda de r’Ancona, che incombe maestosa sulla Strada d’Alemagna con un torrione roccioso appoggiato su un ampio zoccolo di detriti, mughi e conifere. Sul versante opposto, la Croda si mostra più mansueta: , il suo tallone d’Achille risiede nella cresta O, che degrada su Ra Stua, inarcandosi a metà con un piccolo dosso, dove sorge un segnale trigonometrico, la Croda dei Ciadis. Non so quante volte sono salito sulla Croda: facevo le medie, quando mi ci condusse mio padre, battitore appassionato della zona, allora come oggi fuori del vasto novero delle montagne dolomitiche impacchettate con funi, gradini e scale metalliche e pubblicizzate ai quattro venti. Sulla Croda non ci sono ferrate: o meglio, ce n’è una breve, casereccia, mai collaudata, ma percorribile. E’ una lunga fune rugginosa, che consente di scendere con una sicurezza "morale" verso lo scenografico Busc de r’Ancona, sulla cresta di Ra Ciadenes, dal quale si rientra alla base su labili tracce di guerra. Il 22.8.2002 portai sulla Croda il primo libro di vetta, sostituito con uno più robusto il 15.10.2006. In un lattiginoso giorno di settembre, la nebbia ci fece quasi smarrire la traccia sul dosso traforato da residuati bellici dei Ciadis, allora quantomai silenzioso e avvolto da inquietanti nebbie. Credo che tonerò ancora sulla Croda con amici che non la conoscono, per mostrare loro un angolo dolomitico minore, poco reclamizzato ma non per questo meno interessante.

giovedì 14 maggio 2009

Achille Compagnoni, uno degli uomini del K2.

Compagnoni e Lacedelli; Lacedelli e Compagnoni. Sono più di cinquant’anni che questo binomio (in ordine alfabetico, d’età, d’importanza, di “primogenitura” ...) accompagna articoli, libri, saggi dedicati al K2. Lo zio (tale, infatti, è Lino Lacedelli de Mente per me), oltre che con alcuni magistrali sesti gradi, dal 1954 fa pendant con l’alpinista, lombardo trapiantato in Val d’Aosta. Con quel Compagnoni alpino, fondista, poi albergatore, che salì oltre 100 volte sul Cervino. Con quel Compagnoni grande ghiacciatore ma soprattutto predestinato a salire il K2: perché era un occidentalista, perché aveva già quarant’anni, perché sarebbe stata l’impresa della sua vita, perché … lo voleva il potere e il nazionalismo che caratterizzarono la spedizione italiana al secondo 8000 della Terra. Achille Compagnoni, classe 1914, se n’è andato. Lino, il fortissimo fabbro che si trovava bene sugli strapiombi dolomitici, colui col quale il valfurvino divise la gioia di calpestare la seconda vetta del mondo, non gli sarà accanto nell'ultimo viaggio, e se ne duole. E' scomparso un altro dei grandi “eroi” dell’alpinismo italico; di lui non ricorderemo grandi ripetizioni, direttissime di VI grado, famose pareti nord, ma il K2, quegli 8611 metri che - anche a causa sua - fino a ieri hanno fomentato sanguigne polemiche sul chi, sul come, sul dove. Anche l’alpinismo cela qualche miseria, ed è un peccato, ma è pur sempre una passione umana. Neppure Compagnoni è stato immune da questi inciuci da bassa politica, purtroppo. In ogni modo rendiamo l'ultimo, affettuoso saluto ad Achille, che con il nostro inossidabile Lino ha dato all’alpinismo italiano grande risonanza, una dimensione finalmente nazionale, l’orgoglio per il riscatto della patria da una guerra perduta. E si è persino meritato una figurina tutta sua su un vecchio album dei “Campioni dello Sport”. Chi scrive ricorda bene Compagnoni; un bell'uomo dal portamento eretto, fisico massiccio e sguardo fiero, colorito abbronzato e severo completo blu, che sfilava a Cortina nel 1994, per il 40° della spedizione. Fu l’unica volta in cui lo vidi, ma indirettamente lo conoscevo già da anni.

lunedì 11 maggio 2009

41 anni fa, la prima via nuova su un "timidissimo risalto" della cresta del Pomagagnon, la simpatica Pala Perosego.

La storia della Pala Perosego, timidissimo risalto della cresta rocciosa che scorre parallela alla Val Padeon, esaurendo verso est la dorsale del Pomagagnon, inizia esattamente 41 anni fa. E' l’11.5.1968, infatti, quando Diego Valleferro e Mario Dimai aprono una via di VI sullo spigolo sud, centoventi metri di roccia in parte friabile. Lo spigolo, dedicato ad Armando Menardi, richiede agli ampezzani cinque ore di salita e 35 chiodi, dei quali sette restano in parete. Personalmente, ho scoperto la Pala mediante le indicazioni di Luca Visentini. Sono salito sulla cima quattro volte per la “via normale”, che si risolve in soli quindici metri d’arrampicata. Il 23.9.2000 portai lassù da solo un libretto, che sistemai sotto il piccolo ometto di vetta; distrutto da un fulmine e sostituito nel maggio di due anni fa, il libretto attende i rari visitatori di quella cima minore e solitaria. Nell’occasione studiai anche la storia alpinistica della Pala, ed ecco i risultati dell’indagine. Nonostante la scarsa importanza del risalto, sono già quattro le vie aperte sul suo lato meridionale. Dopo la scoperta di Valleferro e Dimai, il 20.10.1973 Raniero Valleferro e Alberto Dallago tornarono sulla Pala per la parete S, aprendo una via di VI+, che richiese sette ore d’arrampicata e 40 chiodi. Il 29.5.1977, i “Ragni” di Pieve di Cadore Marco Bertoncini, Mauro Ceriani, Mauro Ciotti e Isidoro Soravia tracciarono un altro percorso sulla stessa parete, lungo un centinaio di metri e con difficoltà di III e IV, ma su roccia mediocre. Un giorno d’ottobre del 1995, infine, Eugenio Cipriani e M. Tonegutti aprirono una quarta via - per ora, l’ultima - sempre sul versante S della cima, trovando difficoltà di V su roccia abbastanza solida. Probabilmente la storia del piccolo risalto – anche se gli spazi rimasti sembrano ormai molto scarsi - non è ancora finita. Per quanto mi riguarda, è molto probabile che ci ritorni ancora.

domenica 10 maggio 2009

Luigi, Santo, e il terzo grado. Chi lo superò per primo?

Tutti i libri di storia alpinistica delle Dolomiti citano, come primo esempio di difficoltà "superiori" raggiunte dall’uomo in arrampicata, la salita della Torre dei Sabbioni sopra San Vito di Cadore, compiuta il 24 agosto 1877 dalla guida locale Luigi Cesaletti, in solitaria. Lungi da me voler insidiare i meriti del “Coloto” e della sua via, che resta una pietra miliare nell’arrampicata dolomitica, ma mi pongo una domanda. Considerata la difficoltà pura e semplice del singolo passaggio, non sarà stato più impegnativo il camino centrale della via normale al Becco di Mezzodì, superato il 5 luglio 1872 dal "nostro" Santo Siorpaes "Salvador" con lo scozzese William Emerson Utterson Kelso? Siorpaes e Kelso sono i pionieri dell’esplorazione del gruppo della Croda da Lago, convalidata dodici anni dopo da Innerkofler e dal Barone Roland von Eötvös con la prima salita della Croda stessa. Dopo minuziose esplorazioni, Santo attaccò il Becco con il cliente dal lato SO. Superato in scarpe chiodate il primo camino, i due forzarono di slancio il secondo, 18 metri di dolomia liscia e strapiombante, spalle a sinistra e piedi a destra, e per la parete O uscirono in cresta. Da qui, salendo a sbalzi di masso in masso, in breve furono in cima. Era mezzogiorno, e le campane di Cortina salutarono festosamente i vincitori. Lunga solo 150 metri, la via di Siorpaes sarà frequentata soprattutto nel periodo aureo dell’alpinismo: oggi non rientra più fra le scalate alla moda e sul Becco gli alpinisti sono rari (però, l'ultima volta che vi salii, era il 14 luglio 2005, ci trovammo lassù ben in 9!!!) Non vorrei fare del campanilismo, ma avendole percorse più volte entrambe e facendo i debiti distinguo, mi sentirei quasi di affermare che il camino di Santo (valutato di III e munito di un chiodo) è quasi più impegnativo della cengia del “Coloto” …