venerdì 22 maggio 2009

Diretta Dimai, un banco di prova per i miei vent'anni

Il 16 luglio ricorrerà il 75° anniversario dell’apertura della prima via alpinistica di sesto grado sulle Cinque Torri: la Diretta Dimai, sulla parete SE della Cima Sud della Torre Grande. La Diretta fu senza dubbio uno dei piccoli capolavori di Giuseppe Dimai Deo, guida allora trentunenne. Con la via Miriam (1927), la Fessura Dimai (1932) e la breve ma difficile parete nord della Cima Nord (1933), rappresentò la quarta e ultima via nuova del Deo sulla Grande. Con lui era legato il collega Celso Degasper “Meneguto”; seguiva Angelo Verzi “Sceco” con il fotografo e buon rocciatore Giuseppe Ghedina “Basilio”. La prima salita richiese agli ampezzani otto ore di fatica e diversi chiodi. Il 23 settembre dello stesso anno, il portatore Luigi Franceschi “Mescol” ed Emilio Siorpaes “da Sorabances”: furono i primi ripetitori della Diretta, mentre la terza salita documentata risulta quella del 3 ottobre 1943, degli Scoiattoli Ettore Costantini “Vecio”, Luigi Ghedina “Bibi”, Albino Alverà “Boni”, Luigi Menardi “Igi”. Il 1° ottobre 1944, il “Vecio” (che nel periodo 1943-1947 salì la Diretta quattordici volte) ne effettuò la prima solitaria, sesta assoluta. La Diretta completa la triade degli itinerari sulle Cinque Torri che, soprattutto fra gli anni ’30 e gli anni ’50, attrassero rocciatori da tutto il mondo. Fu corretta con due brevi varianti nel 1957 e 1975, ed ancora oggi, in tempi di spit, free climbing e decimo grado, conserva il suo grande fascino. Chi scrive ebbe la fortuna di salirla, purtroppo una sola volta, nel luglio 1979: tutto sommato se la cavò discretamente.

lunedì 18 maggio 2009

"Ra paré de ra Fiames", appuntamento primaverile della nostra gioventù. Ma esistono ancora, quelle avventure fra amici?

Raccontavo ad alcuni amici il mio primo approccio alla Punta Fiames per la “paré”, la Via Dimai, Heath, Verzi aperta centotto anni fa e diventata una classica dolomitica. Il fatto risale al 27maggio 1976, e lo vissi con l’amico e coetaneo Ivo, poi divenuto guida alpina. Era venerdì: è palese che per andare “in croda” avevamo fatto “plao” ... Con il ciclomotore di Ivo salimmo fino ai piedi del Calvario (il tratto finale dell’accesso alla parete, chiamato così per il terreno sul quale si svolge: da provare soprattutto sotto il sole cocente!), armati di una bottiglia d’acqua, una scatola di cubetti di zucchero e la Gazzetta dello Sport. Per l’occasione, Ivo mi aveva prestato un’imbrago di pelle casalingo di suo padre Arturo, forte Scoiattolo e guida alpina degli anni ‘60. Io indossavo il giubbetto con il quale in quel periodo andavo a scuola! Fra i particolari della salita, ricordo che ebbi un po' di titubanza a scavalcare il “naso giallo”, dove lasciai un moschettone a due tedeschi che ci tallonavano; graffiai l’orologio nel “Busc de Frasto”, allora asciutto e agevole, ma quando giunsi in vetta toccavo il cielo con un dito. Non ero neppure maggiorenne e avevo già fatto la “paré de ra Fiames”! La scalata mi piacque così tanto che vi tornai con Carlo il 12 settembre dello stesso anno. La seconda volta però non andò bene come la prima, a causa di un incidente occorso a due del gruppo e risoltosi senza conseguenze, anche se con l’intervento del Soccorso, che ci costò una ramanzina severa e mai dimenticata. Percorsi poi spesso la Dimai, per un totale di 19 salite, in ogni stagione e con amici diversi. Da ultimo, salimmo lassù, Alessandro, Tomaso e io, nel torrido agosto 1996. Vista l’ora in cui toccammo la cengia sopra la “prima parete”, proposi una saggia ritirata per evitare di far notte: finora, è stata l’ultima volta in cui ho sfiorato la dolomia calda e amica della “mia” "paré de ra Fiames".