sabato 6 febbraio 2010

Passione

La passione che ho maturato per la montagna, espressasi nei decenni in escursioni ed
ascensioni di varia difficoltà, ed oggi rientrata nei binari di un alpinismo tranquillo, spesso
di esplorazione anche fuori dai confini dolomitici e comunque teso preferibilmente verso
uoghi appartati e il più possibile privi della banalizzazione che purtroppo colpisce tanta
parte della montagna, ha oltre quarant'anni. Ne devo il merito principale ai miei genitori,
con i quali respirai l'aria sottile dell'altezza fin da piccolo, sperimentando già a nove anni il
brivido delle vie ferrate e la gioia del dormire in rifugio; e poi agli amici dell'adolescenza,
con i quali improvvisammo esperimenti alpinistici sorretti da tanto entusiasmo e un po' di
ncoscienza; e poi ancora alla compagnia dei trent'anni, con la quale battemmo tante vette
dolomitiche, ma anche nevose e ghiacciate sulle Alpi Aurine, Ortles, Cevedale e nella vicina
Austria. E oggi continuo la ricerca, condividendo con mia moglie la riscoperta di molti
tinerari già percorsi e l'avventura su nuove cime, anche vicine a casa, ma che ancora non
conoscevo perché un tempo “erano troppo brevi o troppo facili da raggiungere”. Un
percorso più che normale, animato sempre dalla passione, la voglia di conoscere, stare
bene su una cima, in mezzo ad un bosco, steso su un prato, appeso a qualche roccia. Un
percorso di conoscenza continua che non è finito né spero finirà, ancora per lungo tempo.

martedì 2 febbraio 2010

Macchine fotografiche

In un fortuito incontro con Carletto, compagno di avventure di montagna nei primi anni '70 che aveva letto il mio “Appunto di montagna” (sul Notiziario di Cortina) relativo alla salita del Col Rosà con il gatto nello zaino, della quale anche lui si ricordava bene, abbiamo constatato una cosa. Delle nostre scorribande (arrampicate sul Becco di Mezzodì, sulla Punta Fiames, sulla Torre Falzarego, sulle Cinque Torri; ferrate della Punta Fiames, Col Rosà, Sentiero Astaldi; escursioni sul Taburlo; esperimenti di palestra sul Sas Peron, a Colfiere, qualhe bella gita) abbiamo pochissime fotografie, magari fatte da altri. Quasi logico, perché a quei tempi macchine fotografiche non ne avevamo certamente (la prima che documentò buona parte delle domeniche in montagna l'acquistò mio fratello, mi sembra nell'80, mentre io lo seguii sette-otto anni più tardi). Peccato però, perché riandando con la memoria a quegli anni (“... oggi nulla è più come allora ...”, ha chiosato mestamente Carlo) abbiamo pochissime testimonianze iconografiche di ciò che facemmo in mezzo ai monti. Ho ribattuto che oggi, durante una domenica sulle crode, specie se in una zona o su una cima nuova, scatto non meno di 40 fotografie (“del resto, con la digitale...”); se il digitale dura negli anni come il cartaceo, fra un po' avrò migliaia di scatti che m'ingombrano il PC o qualche CD o chissà quale altra diavoleria. Sto documentando bene i miei cinquant'anni, lo feci molto meno nei beati venti, delle pazzie che combinammo con corde e moschettoni. Comunque, in questo blog inserisco un'immagine che mi ha regalato carletto, in cui compaio con lui e con Sandro in cima alla Punta Fiames, salita per la ferrata sotto una bufera di neve Lunedì di Pasqua 1974.