sabato 13 novembre 2010

Ricordando la posa del nuovo libro di vetta sulla Punta Nera, luglio 2008

Sono passati poco più di due anni da sabato 26/7/2008. Quel giorno partecipai, con gli amici Adriano, Mario, Mirco e Paola, alla sostituzione (proposta da Mario) del libro di vetta sulla Punta Nera, magnifica cima del Sorapis che si vede bene dal centro di Cortina, guardando verso S. Il nuovo libretto rimpiazzò il precedente, collocato lassù su mio suggerimento il 9/9/2000 da Giulio Lancedelli di Cortina (classe 1921), e distrutto dalle intemperie o - più facilmente -dall'incuria di qualche firmatario dopo otto stagioni di onorato servizio. La nostra salita della Punta Nera (che forse fu la prima cima "minore" in Ampezzo ad essere salita, per merito di Alessandro Lacedelli "da Meleres" nel 1876), seguendo le tracce che dalla Sella di Punta Nera risalgono una parete inclinata, purtroppo friabile e sporca di detriti, fu frustrata dal maltempo. Durante la discesa, infatti, si scatenò uno dei tanti rovesci di quell’estate balorda, che comunque ci permise di raggiungere la funivia di Faloria senza problemi. La Punta Nera, sulla quale personalmente mettevo piede per la settima volta in una ventina d'anni, mi ha dato di nuovo una bella soddisfazione, e soprattutto il piacere di condividere l'itinerario con alcuni cari amici, che in gran parte non la conoscevano. Ed oggi la rievoco con un po' di mestizia, dato che Mario è “andato avanti”.

giovedì 11 novembre 2010

Ciao, Mario

Stamattina se n'é andato Mario Crespan. Ci eravamo conosciuti poco tempo fa, tramite Mirco e Adriano. Era l'estate 2007: da allora abbiamo passato molte ore insieme, conversando di montagna e non solo; abbiamo scritto a quattro mani un pezzo sull'enigmatica Croda del Valico per "Le Dolomiti Bellunesi", io ho scritto per la sua "creatura", "46° Parallelo". Ci siamo trovati al Rifugio Biella per ricordare i cent'anni del CAI Treviso; nel 2008 siamo saliti insieme sul Corno d'Angolo e sulla Punta Nera, collocando su quest'ultima un  nuovo libro di vetta; ci siamo incontrati a tavola a Braies e poi a Treviso, per la mostra con i suoi manifesti di montagna dello scorso autunno. Meno di un anno fa ... 
Penso di poter dire che io e mia moglie gli siamo diventati amici, di quell'amicizia che soltanto la Montagna e i suoi ideali sanno cementare.
Ormai temevamo la notizia, ed essa ci rattrista molto. Siamo vicini a tutti, dai familiari ai conoscenti, certi che d'ora in avanti Mario salirà senza più fatica né dolore tutte le crode che ha amato.
Credo che la Montagna abbia perso un grande amico.
Un abbraccio forte a Paola, con l'auspicio che possa farsi forza.
Ciao, Mario.

mercoledì 10 novembre 2010

Il mio eremo

Nei momenti di maggior tensione che pervadono sempre di più la nostra epoca, ognuno di noi aspirerebbe a scovare un luogo nel quale rifugiarsi e isolarsi, sfuggendo alle storture e ai pericoli per la salute del corpo e dello spirito, che riempiono ormai la vita. Con un pizzico d'ironia, già qualche anno fa andavo dicendo che, qualsiasi cosa accadesse, se dovessi scegliere un luogo nella valle d’Ampezzo in cui rifugiarmi, l’avrei già individuato. Si tratta delle tre piccole caverne affiancate, distinguibili dalla Strada d’Alemagna nei pressi del ponte sul Ru de r’Ancona ma al tempo stesso remote, che bucano l’accidentata e misteriosa dorsale alberata e baranciosa che scende dal crinale Croda de r'Ancona - Ra Ciadenes sulla strada, sul versante sinistro orografico del Ru de r’Ancona. Le caverne, allineate su una cengia e scavate dagli Austriaci nella Grande Guerra per alloggiarvi un presidio dal quale esercitare un controllo infallibile sulla prima linea italiana, si avvicinano con un sentiero sempre più evanescente, anche se segnato con radi bolli rossi, ripassati forse dal samaritano (pare che oggi si sia redento) il quale, qualche anno fa, si divertiva a spennellare gli angoli più segreti della Croda Rossa. La traccia parte dalla strada poco dopo il ponte, e s’inerpica per la costa baranciosa, fino ad incrociare le tracce che dai Zuoghe raggiungono il Busc e la Croda de r’Ancona. L’ho percorsa alcune volte, sempre fuori stagione perché il versante è abbastanza ben esposto al sole, e in primavera ed autunno fa meno caldo. L’isolamento del luogo è alto, l’atmosfera che lo pervade è quanto di più selvaggio si potrebbe sperare, e per questo - nella fantasia - penso che rifugiarsi là in alto vorrebbe dire uscire veramente dal mondo. Certo, ci vorrebbero acqua, magari qualcosa per difendersi (dall'orso ...), coperte, abiti, viveri e tutto quello che la vita moderna ci ha ormai abituato a possedere, ma le caverne di Ra Ciadenes potrebbero costituire il mio eremo ideale!