Incuriosito dalla breve relazione che riporta la guida delle Dolomiti Orientali di Antonio Berti, nelle'state del 1990 mi spinsi con la solita compagnia sulla Ponta del Pin. E’ questa la massiccia cima tondeggiante che fronteggia la parete E della Croda Rossa, si vede molto bene dal Passo Cimabanche e segna il confine fra Cortina e Dobbiaco. La salita, non troppo difficile ma nemmeno banale, mi era stata testimoniata da Camillo Berti, che mi disse di aver salito giovanissimo la Punta con il padre Antonio. E’ una montagna scorbutica, fatta di blocchi e placche, detriti e rocce puntute calcate perlopiù dai camosci, che regala un grande panorame, soprattutto sulla Croda Rossa e sulle Cime Campale che la fiancheggiano. La normale raggiunge forse il I+ e, deviando da essa per poco, si può anche visitare il grande foro che buca la cresta, visibile fin da Pratopiazza. Dalla Ponta si dominano tante montagne e la Strada d’Alemagna scorre 1200 metri più in basso, molto lontana coi suoi rumori! La gita mi piacque, la rifeci con Massimo e Cristina già il 29 settembre di quell'anno (vent'anni fa ...) e poi, nel corso di otto stagioni, per altre quattro volte. Interessato da quanto avevo scritto della Ponta su qualche rivista, nel 1999 Marino Dall’Oglio ripeté la salita e poi con due guide tracciò sullo sperone contrapposto alla normale una delle sue ultime vie nuove, trovandovi roccia buona e difficoltà classiche. In più, nel 1997 tre sudtirolesi hanno salito la parete verticale, strapiombante e compatta che cade sul Cadin di Croda Rossa, per una via estrema. La Ponta del Pin domanda certamente fatica e attenzione, dato il terreno, ma a mio giudizio ricompensa l’alpinista esperto e desideroso di uscire da passi troppe volte percorsi. Non so se e quando risalirò una delle montagne meno note d'Ampezzo: certo è che l’ho conosciuta e ne sono contento.
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