Fra gli anni ’70 e gli anni ‘80 studiavo a Trieste. Pur dimorando sul mare, non avevo certo scordato i monti. Fu così che, in compagnia di amici del luogo che condividevano la stessa passione, mi fu dato di esplorare alcune località del Carso, salendo anche alcune cime, di cui ho simpatici ricordi. Per anni non mi fu possibile sconfinare in Jugoslavia, oggi Repubblica di Slovenia, dove le crode sono più alte e più “alpine”, ma anche nel circondario della sede universitaria avemmo numerose occasioni per trascorrere belle giornate in compagnia. Ricordo le salite sul Monte Hermada nei pressi di Monfalcone, noto per i fatti della Grande Guerra, raggiunto a fine maggio con un caldo insopportabile; conobbi il Monte Lanaro, il Monte Cocusso – prossimi alla frontiera, allora molto più sbarrata di oggi –, il Monte Carso in Val Rosandra, varie “Vedette” e altre alture, che adesso mi sfuggono. Non mi fu possibile salire il Sabotino, al tempo jugoslavo, e neppure il Monte Santo: ricordo poi con piacere le numerose scalate in Val Rosandra, la storica palestra dei triestini, e le altrettanto numerose vie dalle quali dovetti ritirarmi, per mancanza di allenamento o perché “non era giornata”. Oltre alle gite in una zona che offre molteplici possibilità agli amanti dell’escursionismo, ricordo con piacere i dopo-gita, nelle “osmize ” che punteggiano il Carso. Fra i luoghi di ristoro, mi piaceva il Rifugio Mario Premuda all’imbocco della Val Rosandra, che con i suoi 80 metri di quota è il più basso rifugio del CAI in Italia, e le varie “osmize”, che offrono vino novello, uova sode, salumi, formaggi e quanto serviva a coronare una domenica all’aria aperta, prima di ritornare ad arrovellarci sui libri. Ho rivisto il Rifugio Premuda, la Val Rosandra, il Cippoc Comici nell'aprile 2006 durante una vacanzetta a Trieste: adesso sto progettando il ritorno sull'Hermada, sul Lanaro, sul Cocusso, perché è facile che le mutate circostanze della vita lo favoriranno.
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