Un’avventura alpina nella quale ho sperimentato una sensazione di vera solitudine, risale al 1995, anno in cui si svolgeva una delle fasi più impegnate del mio vagare per crode. All’epoca, alcuni amici mi avevano assegnato l’iperbolica qualifica di “Re del marzo” (intendendo con marzo la roccia friabile). Non so perché, nelle uscite in gruppo tendevo a proporre spesso obiettivi di difficoltà limitate, ma con roccia infida e non immuni da rischi oggettivi che, peraltro, la buona sorte ci permise sempre di evitare. In luglio ero in ferie: non trovando nessuno per andare in montagna, il 26 progettai di godermi da solo una traversata abbastanza “marza”, che avevo già effettuato in compagnia. Partito da Tre Croci, salii la Zesta per la normale e scesi per la Casara da S.O. al Rifugio Vandelli, tornando a Tre Croci. Non si trattò, invero, di una prestazione d’impegno esorbitante. La normale della Zesta da nord è valutata di I grado, anche se - a mio parere - l’aggiramento del gendarme nel primo tratto di cresta, data l’esposizione e l’instabilità del terreno, oppone difficoltà di II. La Casara sul versante opposto è anch’essa giudicata di I, e questo coincide, perché il camino sotto la cima (unico passaggio delicato) si può aggirare, il resto è poco più di un erto pendio di rocce sgretolate. L’ambiente impervio e isolato in cui si svolge la salita e ancor più la discesa, nonché la natura della roccia (palesemente scadente in tutta l’area), resero la traversata un po’ scabrosa anche per un amante della solitudine, per quanto preparato, attrezzato e veloce potesse essere. Quel giorno mi sentivo in forma, ma fui veramente solo, soprattutto scendendo a S.O., dove indovinai il varco giusto per riguadagnare il sentiero grazie alle peste dei camosci. Dopo d’allora sono salito sulla cima ancora una volta, il 6 settembre 1997. Ero in dolce compagnia, e ritenni più prudente tornare a Forzela del Ciadin per la normale, eludendo la placca iniziale della cresta con una rapida variante, della quale fino a quel giorno mi era sconosciuta l’esistenza. Ripensandoci, la traversata del 1995 si dimostrò un’escursione molto appagante: oggi la ripeterei ancora volentieri, anche non in solitaria...
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