venerdì 26 febbraio 2010

II morbido praticello fiorito della Punta della Croce

Alcune splendide lastre dell'archivio della grande guida Antonio Dimai, mostrate a Cortina, in chiusura delle manifestazioni per i 100 anni della parete S della Tofana di Rozes, riguardavano la parete S della Punta della Croce, che affianca sulla destra la nota Punta Fiames. La via ebbe un certo credito negli anni aurei dell’alpinismo. Aperta il 24 agosto 1900 dal solito Agostino Verzi, con Giovanni Siprpaes e il cliente Felix Pott, si sviluppa lungo l'alta parete per 20 tirate di corda, un terzo delle quali ha difficoltà di rilievo alpinistico. La salita attraversa diverse cenge ghiaiose ed erbose, per cui diventa abbastanza delicata in caso di pioggia o nevischio. Le guide di oggi non la gradiscono perché, mi dissero tempo fa, “non si arrampica tanto, e bisogna trascinarsi dietro la corda per un sacco di lunghezze”. Eppure un secolo fa la “Pott” era in auge: la salivano gli aspiranti, con le guide esperte per imparare le vie, la ripeterono Orazio De Falkner, il Re Alberto dei Belgi e tanti altri. A parte la “Pott”, chi scrive ha salito la Punta della Croce per la semplice via normale di soli 122 metri di dislivello, che da Forcella Pomagagnon permette di accedere da nord a una cupola erbosa e sassosa dal panorama suggestivo. La croce che le diede il nome, issata lassù dallo sfortunato Giuseppe Ghedina prima del 1883, è sparita da molto tempo; non c'è il libro di vetta, e solo un ometto di pietre fa compagnia. Anzi, all’ometto si aggiungono anche gli sguardi perplessi di chi anima la prospiciente Punta Fiames, dopo aver percorso la ferrata Strobel o qualche via di roccia, e si chiede che ci facciamo noi su quel mansueto rilievo, che ha poca storia da raccontare e poco futuro da sognare. E pensare che quaranta-cinquant'anni fa, sulla Punta le guide organizzavano anche gite accompagnate! Se qualcuno dei visitatori di questo blog volesse fare un salto sulla Punta della Croce, a mio parere non dovrebbe restare deluso: turisti fracassoni non ne troverà di certo, e potrà magari abbandonarsi anche ad un pisolino ristoratore sul morbido praticello fra i sassi della cima, mille metri sopra la valle d’Ampezzo.

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