Questo post vorrei dedicarlo a mio padre Giuseppe, che fra due mesi compirebbe 90 anni, e alle poche scalate che poté compiere in gioventù. Praticò l’alpinismo di roccia per un periodo assai breve e, dati i tempi, mi sembra con onesti risultati. Conoscente ed amico di Scoiattoli e guide del tempo, non ebbe la possibilità e poi il tempo materiale di fare di più sulle pareti, poiché metà dei suoi vent’anni volò via tra Napoli, la Corsica e la Sardegna con la divisa di Granatiere. Mio padre comunque non si dispiacque mai di non aver salito tante vie impegnative, e continuò ad andare in montagna per tutta la vita, amando i sentieri, le ferrate e i rifugi e raccontando spesso a noi, dapprima piccoli incantati e poi più grandi saputelli, molte emozioni giovanili. Anni fa trovai nei cassetti di casa diverse fotografie d’alpinismo e scialpinismo, risalenti agli anni 1937-1947: d’inverno in Sennes e in Fodara, d’estate sulle normali del Cristallo e della Marmolada, sulla Dimai della Ponta Fiames, sulla Inglese in Tofana di Mezzo, sulla Miriam della Torre Grande d'Averau. Mancavano quelle, se mai esistettero, di una via celebre ai primi del ‘900 ma oggi dimenticata, che mi ha sempre attratto e dove mi diceva di aver provato a salire con un collega d’ufficio: il Camino Barbaria sul Becco di Mezzodì. Il freddo e l’umidità (mi pare di ricordare che fosse il 21 ottobre 1942), la stanchezza o chissà quali altri motivi, li costrinsero a desistere, e da allora non tornò più sul Becco, allora apprezzato e oggi invece deserto. Negli anni '80, il nostro miglior periodo di roccia, mi sarebbe piaciuto salire con lui la classica "paré de ra Fiames", che secondo il libretto di via mio padre aveva salito quattro volte tra il 1940 e il 1947 e di cui ho trovato qualche bella foto risalente al 1941. Non so come sarebbe andata, ma mi dispiace di non aver mai realizzato quella salita, in cui si sono cimentate decine di ampezzani, uomini e donne anche meno appassionati di lui.
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