Nell'ottobre di sessant'anni fa, vicino a Belluno, decedeva in un incidente stradale Armando Apollonio, venticinquenne. Ultimo di tre fratelli tutti Scoiattoli, dopo Claudio e Romano (scomparso giovanissimo negli ultimi giorni della 2^ Guerra Mondiale), fin dal 1943 Armando - detto "Bocia" - aveva partecipato all’apertura di diverse vie alpinistiche con Ettore Costantini, Bortolo e Ugo Pompanin e altri. Nel dopoguerra, Beniamino Franceschi, Luigi Ghedina, Lino Lacedelli, Guido Lorenzi, Angelo Menardi Milar e Albino Michielli vollero dedicare al suo ricordo una montagna inviolata. Salirono e battezzarono quindi la Punta Armando, marcato risalto della cresta SW del Campanile Dimai del Pomagagnon (salita da Federico Terschak con A. Mayer nel 1910), su cui giunsero dal versante di Cortina per roccia a tratti friabile. Secondo la guida “Berti”, la via venne aperta il 6/5/1950: analizzando la storia, un tempo propendevo per posticipare di un anno l’ascensione della Punta, dopo la morte di Apollonio, ma poi ho avuto il dubbio che, viste le condizioni d’innevamento di quella primavera, ai primi di maggio 1951 non fosse semplice girare per i monti. Quale che sia la data dell'ascensione, l’interesse per la Punta rinacque l'11 aprile 1976. Due mesi prima di partire per la sfortunata spedizione all’Huascaran, Raniero Valleferro e Alberto Dallago aprirono un’altra via sulla stessa parete: un terzo itinerario è stato forzato infine nel 2002 sul versante di discesa, quello che cade sulla Graa de Lonjes, dai cadorini Angelo Zangrando e Cristina Bacci. Penso che nessuno salga più la Punta Armando, ed essa non ha importanza per gli alpinisti. Ne scrivo perché quel risalto, visibile fin dal centro di Cortina, oggi ricorda otto ampezzani tutti scomparsi: Bocia, Mescolin (+ 2001), Guido Lorenzi (+ 1956), Strobel (+ 1964), Angelo Milar (+ 1986), Raniero Sfero (+ 1976), Bibi (+ 2009) e Lino de Mente (+ 2009).
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