La Croda Rossa d'Ampezzo fu tentata per la prima volta nel 1865 dal pioniere Paul Grohmann con due omonimi cacciatori di Chiave, Angelo Dimai Deo e Angelo Dimai Pizo. Giunti poco sotto la vetta, i tre commisero un errore di prospettiva nel valutare le difficoltà residue, che fece loro mancare la salita. Il 20/6/1870 torna in zona un'altra guida ampezzana, Santo Siorpaes, con il collega svizzero Lauener e il cliente britannico Whitwell. Scartato il canalone scelto da Grohmann, che sale dalla Val Montejela ed è più impressionante che non difficile, Santo prende le mosse dal circo ghiaioso delle Valbones per un altro canale, a SO. Stretto e nevoso all’inizio e soggetto a scariche di sassi in alto, il canale presenta un masso incastrato che sarà valutato di IV. La via riesce ai tre in modo avventuroso e combattuto. Secondo Dall’Oglio, in centoquarant’anni dall’apertura sarà stata ripetuta tra le dieci e le venti volte. Apparentemente, però, non ha soddisfatto le aspirazioni della guida, tanto che per un periodo la Croda Rossa d’Ampezzo rimane il suo chiodo fisso. Il 2/8/1870 coglie l’occasione per risalirvi dalle Valbones con il bolzanino Albert Wachtler. Nell’occasione, i due tracciano lungo la parete O un itinerario del tutto dissimile da quello di quaranta giorni prima. E’ l’unica “doppia via” aperta da Siorpaes sulla stessa cima: complicata e friabile, si svolge però su roccia asciutta, ed è meno difficile e pericolosa della precedente. Le difficoltà d’orientamento costringeranno alcune cordate – tra cui anche quella del bellunese Attilio Tissi, a metà del ’900 - a bivaccare in discesa.
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