In diverse occasioni mi è occorso di intraprendere con entusiasmo la visita a cime poco note nei dintorni di casa, confidando su relazioni il più delle volte terribilmente obsolete, e di tornare a casa con le pive nel sacco per non aver trovato l’attacco, aver frainteso lo sviluppo degli itinerari, aver riscontrato difficoltà inaspettate dovute a modifiche morfologiche che al relatore della via erano ovviamente ignote. Ricordo bene il tentativo di ripetere l’itinerario, aperto dalla nota “Squadra della Scarpa Grossa” di Viktor Wolf von Glanvell nell'estate 1899, per la prima salita della Cima Campestrin N, che insieme all’adiacente Cima Campestrin S rappresenta l'angolo forse più remoto del Gruppo di Fanes. Seguendo la descrizione del “Berti” (forse compilata ancora da Glanvell), quel giorno prendemmo una solenne cantonata. Secondo la descrizione pareva che, tra l’Armentarola e l’Alpe di Fanes, all’altezza del Plan de Ciaulunch, dovessimo risalire il potente e friabilissimo ghiaione che sostiene il castello della cima. Da qui, per una serie di camini e cenge valutati di I o poco più, si sarebbe potuto raggiungere la vetta, che - secondo il caro amico Claudio Cima, alpinista e scrittore scomparso nel 2005 – un secolo dopo la conquista era stata salita sì e no 2-3 volte. Eravamo i soliti quattro, era un giorno caldissimo di agosto: giunti spossati alla sommità del bestiale pendio detritico che dalla Cima scende verso la Val Badia, due rinunciarono alla vetta accomodandosi in un anfratto sotto alcuni massi, e gli altri due, con il fido “Berti” in mano, cercarono la via degli austriaci. Ansimando e ponendosi mille dubbi, gli intrepidi superarono senza alcun'attrezzatura un lungo camino con difficoltà forse superiori a quelle previste, che scaricava senza posa. Quando l’ennesima frana sfuggì loro sotto i piedi puntando diritta ai due rinunciatari, pensammo che forse il caro Viktor non era passato proprio di là, che forse il camino era un altro, che forse una via così infida non poteva essere solo di I e deliberammo all'unanimità che era meglio lasciar correre.
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