Una via normale gradevole, che ha il pregio di tenersi un po’ al margine del circuito dolomitico, ritengo sia quella del Cridola, castello roccioso che domina l’Oltrepiave, a cavallo fra Lorenzago e Forni di Sopra. La via, segnata con bolli rossi che si palesano indispensabili in caso di maltempo, sale dall’angusta Tacca del Cridola, faticosamente raggiungibile dal Rifugio Padova o dal Rifugio Giaf attraverso Forcella Scodavacca. Salire dal Cadore all’attacco è già una bella galoppata, se non altro per i 1000 m di dislivello che si devono coprire, di cui un quarto lungo un canale di detriti instabili e faticosi. Fatto questo, restano 300 m di I e II, con alcuni passaggi per nulla banali (ricordo lo spigolo iniziale e il camino in alto, largo e liscio) e con una meraviglia naturale, l’”uovo del Cridola”. Ad un certo punto, salendo, si para davanti un macigno ovoidale, che non si capisce come rimanga da secoli in bilico su una cresta così sottile: bello da fotografare, un po’ meno da avvicinare, calamita in ogni caso lo sguardo. Terminata la salita, svoltasi per la maggior parte su roccia insicura, si è su una cima panoramica e ricca di storia. Primi a salirla, con invidiabile intuito dato l’andamento arzigogolato della via, furono il triestino Julius Kugy e Pacifico Zandegiacomo Orsolina, guida di Auronzo (“l’uomo dei 600 camosci”), il 4/8/1884. Il giorno prima i due avevano scalato il Cimon del Froppa per l’odierna via normale, che presenta un tratto di III! Nelle cinque occasioni in cui sono salito sul Cridola, lasciammo sempre la corda a casa, perche su quella normale non avremmo saputo dove ancorarla e avrebbe rischiato di esserci più di danno che di utilità. Per scendere occorre quindi un supplemento di prudenza, soprattutto se si fosse in comitiva, ma la gioia di aver scalato una vetta così particolare, isolata e solitaria, compensa qualsiasi disagio.
Nessun commento:
Posta un commento