E’ una salita dolomitica le cui caratteristiche potranno sicuramente far sorridere tanti arrampicatori moderni, abituati ormai a valutare ben altre scalate in conformità a cocktail di numeri e lettere, e non più con le semplici cifre 1-6 che una volta marchiavano senza possibilità d’errore le difficoltà dell’andare in montagna. Una scalata di III grado, verticale ma su roccia ottima e lunga meno di un centinaio di metri, in un ambiente ormai palestraiolo quasi più che montano, ma un avvenimento che per me ebbe una certa importanza, per due ragioni. Uno peril fatto che domenica 7/10/1979 non avevo ancora ventun anni, e superai la via normale della Torre Quarta d’Averau con la corda nello zaino, vincendo gli arcani timori che mi accompagnavano; due, perché la via normale della penultima delle Cinque Torri è attribuita al celebre Angelo Dibona Pilato, che la scalò con l’albergatore Amadio Girardi d’Amadio in un giorno imprecisato (qualcuno dice il 7) di settembre del 1911. L’avevo già percorsa qualche volta, e poche altre volte la percorsi in seguito. Certo è che in quella giornata grigia e un po' nuvolosa d’inizio autunno, riuscii a calcare senza nessuno legato alla corda la piatta vetta, dove ancora giaceva un libretto delle salite malandato e umidiccio, che ricordo costellato anche da qualche firma illustre. Quando mi prese … il tarlo, tre veloci calate a corda doppia, ed eccomi di nuovo sotto l’ampio tetto giallo ai piedi della Torre, dove le ragazze stavano friggendo salsicce per ristorare la nostra numerosa compagnia.
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