Nel 2009, ho salito una sola montagna nel circondario d'Ampezzo. Non è stato per vanto, ma per scelta, derivata dal fatto che delle nostre cime accessibili in modo naturale non me ne mancano più tantissime. Così, ho maturato l'idea di accumulare materiale per futuri studi su un gruppo di cime che accostai per la prima volta nel 1987: i Monti di Casies, lunga catena di elevazioni che si estende a ridosso o appena all'interno del confine italo austriaco, dal Passo Stalle fino a Prato Drava. Nelle valli d'Anterselva, Casies e Pusteria sono, a occhio e croce, almeno ottanta le montagne salibili: a qualcuno non dicono granché perché “sono tutte nere”, e le definisce mucchi di pietre, montagne aride, desolate. A noi che le visitiamo spesso, forse piacciono proprio per questo: non hanno tanti passaggi alpinistici in senso dolomitico, se non qualche roccetta, anche se spesso friabile ed esposta; perlopiù sono bonarie cupole erbose e detritiche dai fianchi spesso molto ripidi, in genere presentano grandi dislivelli dal fondovalle, mancano di impianti di risalita e rifugi e non hanno la fama turistica delle Dolomiti. Sono monti senza storia, sicuramente esplorati in epoche antiche da pastori, cacciatori e topografi; elevazioni perlopiù inserite in cornici bucoliche e ricche di poesia, che offrono ambienti particolari, riposanti e silenziosi, lontani dal frastuono, dalla ferramenta, dalla calca. Sono, insomma, mete ideali di escursioni. Se l'Hinterbergkofel somiglia all'Innerrodelkunke, se l'Heimwaldspitze e la Kaserspitze si possono quasi confondere, se dalla Vorder Taistnersennhütte si possono salire anche tre cime in un solo giorno, non conta: il primo problema è districarsi nella toponomastica, ma una volta risolto, le possibilità sono tutte di grande sodddisfazione.
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