Giovanni Sottsass, Il puzzle senza fine, Grafica Sanvitese - San Vito di Cadore, 2010, 76 pagine con fotografie a colori, 10,00 euro.
Presento con commozione questo libro ("Quasi un diario. Quasi una collana di versi. Quasi un testamento") sul mio blog, anche se non riguarda la montagna, per due motivi. La prima: è la testimonianza, in prosa e in poesia, di un’esistenza irta di ostacoli e interrotta anzitempo; la seconda: Giovanni era un amico. Amico personale; amico dell’Istituto che dirigo, al quale faceva spesso visita e donò una poesia da pubblicare sulla rivista semestrale; amico di tutti coloro che con una parola, un sorriso, una stretta di mano potevano alleviare anche per un istante la sua indicibile pena interiore.
Ad un anno e mezzo dal commiato, grazie all’amore dei familiari e allo zelo di Antonio Alberti, che ha curato il volume, i pensieri e le parole del giovane ampezzano riescono a farcelo sentire ancora vicino. Collegando le tessere di un “puzzle senza fine” (... mi sono accorto che vivere / è come fare un puzzle / sul più bello ti accorgi / che manca un pezzo …), emerge di primo acchito l’intelligenza e l’acuta sensibilità di un uomo che a 34 anni ha deciso di por fine ad una vita tribolata, in cui quello che era non era quello che avrebbe voluto essere, e che forse non è mai stato.
Giovanni si rifugiava spesso nei versi per trasmettere emozioni intense e sensazioni penetranti. Come rileva il curatore, i passaggi di questa silloge in bilico fra prosa e poesia si pongono talvolta come un semplice diario, talaltra molto più intensamente, altre volte ancora in modo sconvolgente per la concretezza, lucidità e consapevolezza dei problemi del protagonista; altre volte infine, in modo superbo per la liricità delle immagini e intuizioni poetiche (vedi gli aforismi a pag. 28 e “L’uomo e il mare” a pag. 34).
Senza impelagarsi in troppe domande, Alberti - come noi - immagina con quanto “male dentro” Giovanni abbia vissuto il proprio rapido percorso esistenziale, la commedia della vita in cui non è riuscito a trovare un porto sicuro. Spesso dalle sue parole sprizza ugualmente la gioia, purtroppo relativa, di essere anche così com’era; una persona, un uomo inquieto, conscio di poter dare amore, che difficilmente sarebbe stato ricambiato.
La donna, il mare, la notte, la rabbia, le terapie sono le chiavi della poetica di Giovanni, che con semplicità e con l’ausilio di una lancinante percettività, ci lascia il suo mondo. Uno spaccato di vita dolorosamente interrotta, un mosaico imperfetto al quale manca una tessera: tessera che questa toccante raccolta cerca di inserire, per chiudere il cerchio.
Presento con commozione questo libro ("Quasi un diario. Quasi una collana di versi. Quasi un testamento") sul mio blog, anche se non riguarda la montagna, per due motivi. La prima: è la testimonianza, in prosa e in poesia, di un’esistenza irta di ostacoli e interrotta anzitempo; la seconda: Giovanni era un amico. Amico personale; amico dell’Istituto che dirigo, al quale faceva spesso visita e donò una poesia da pubblicare sulla rivista semestrale; amico di tutti coloro che con una parola, un sorriso, una stretta di mano potevano alleviare anche per un istante la sua indicibile pena interiore.
Ad un anno e mezzo dal commiato, grazie all’amore dei familiari e allo zelo di Antonio Alberti, che ha curato il volume, i pensieri e le parole del giovane ampezzano riescono a farcelo sentire ancora vicino. Collegando le tessere di un “puzzle senza fine” (... mi sono accorto che vivere / è come fare un puzzle / sul più bello ti accorgi / che manca un pezzo …), emerge di primo acchito l’intelligenza e l’acuta sensibilità di un uomo che a 34 anni ha deciso di por fine ad una vita tribolata, in cui quello che era non era quello che avrebbe voluto essere, e che forse non è mai stato.
Giovanni si rifugiava spesso nei versi per trasmettere emozioni intense e sensazioni penetranti. Come rileva il curatore, i passaggi di questa silloge in bilico fra prosa e poesia si pongono talvolta come un semplice diario, talaltra molto più intensamente, altre volte ancora in modo sconvolgente per la concretezza, lucidità e consapevolezza dei problemi del protagonista; altre volte infine, in modo superbo per la liricità delle immagini e intuizioni poetiche (vedi gli aforismi a pag. 28 e “L’uomo e il mare” a pag. 34).
Senza impelagarsi in troppe domande, Alberti - come noi - immagina con quanto “male dentro” Giovanni abbia vissuto il proprio rapido percorso esistenziale, la commedia della vita in cui non è riuscito a trovare un porto sicuro. Spesso dalle sue parole sprizza ugualmente la gioia, purtroppo relativa, di essere anche così com’era; una persona, un uomo inquieto, conscio di poter dare amore, che difficilmente sarebbe stato ricambiato.
La donna, il mare, la notte, la rabbia, le terapie sono le chiavi della poetica di Giovanni, che con semplicità e con l’ausilio di una lancinante percettività, ci lascia il suo mondo. Uno spaccato di vita dolorosamente interrotta, un mosaico imperfetto al quale manca una tessera: tessera che questa toccante raccolta cerca di inserire, per chiudere il cerchio.
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