Per me, salire sulle montagne è rivivere: scrollarsi di dosso le tare, le remore, l'inquinamento che contamina la vita di fondovalle. Per me, salire sulle montagne è uscire dal mondo, purificarsi per entrare in una dimensione nuova. Una dimensione dove quello che si lascia perde di valore: quello che conta sono solo le rocce, il vuoto, il cielo. La realtà è la propria vita affidata a nuovi elementi: appigli per le mani, appoggi per i piedi, la capacità di vederli e sfruttarli. Per me, salire sulle montagne significa essere più liberi, liberi di salire. Le mani che accarezzano la pietra cercando l'appiglio. Un appiglio dopo l'altro, ci si alza sempre di più: l'orizzonte si allarga, si sfalda in piani diversi fino a perdersi nell'infinito. Per me, salire sulle montagne significa salire sempre più verso l'immenso. Le mani si screpolano, sanguinano al contatto con la pietra, ma si continua a salire. Si sale inebriandosi di cielo e di roccia, fino alla completa soddisfazione del proprio modo di essere alpinisti. Salire sulle montagne fino a raggiungere le vette: è l'ambito premio alle proprie fatiche. Assaporare l'orizzonte dei monti circostanti, in modo che la visione rimanga a lungo nel proprio animo e sia in ogni momento di conforto. Alzare le braccia verso l'alto per toccare con la punta delle dita l'azzurro del cielo. Per me, salire sulle montagne vuol dire proprio questo, ma anche tanto di più.
1 commento:
Grazie Ernesto per le magnifiche parole che hai scritto sul "nostro" alpinismo. IL nostro è veramente un'alpinismo d'altri tempi,e purtroppo sta scomparendo progressivamente. Le falesie mi hanno stancato,voglio le montagne vere,con i boschi,i prati, i fiori, l'azzurro, il sapore dell'infinito! Appena avrò un attimo di tempo ti scriverò qualcosa di più lungo e palpabile. Alessandro
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