Forse è caduta un po' nell’oblio, ma ai primi del ‘900 era una meta rinomata per molti rocciatori. Mi riferisco alla Guglia Edmondo De Amicis, il torrione che spunta dal bosco come una gigantesca spugnola pietrificata, ai piedi delle Pale di Misurina e al cospetto dell’omonimo lago. Non più alto di 60 metri e sottilissimo, sul torrione salirono per la prima volta nel 1906 la guida Tita Piaz e Ugo De Amicis, figlio dell’autore del libro “Cuore”, che lo dedicò al genitore. Per conseguire la vetta, che sfida la legge di gravità, Piaz ideò un futuribile espediente: una corda legata ad una palla di piombo, lanciata dalla sommità del prospiciente Campanile Misurina, e attorta sui mughi della vetta con un macchinoso sistema di cordini. Scivolando "a salame" sulla corda tesa sul vuoto per una lunghezza di 18 metri, i protagonisti dell’impresa toccarono la cima dopo varie ore di lavoro. In vetta alla Guglia per roccia invece giunsero per primi nel 1913 Hans Dűlfer, von Bernuth, la guida tirolese Zelger e la signora Kasnakoff. Le difficoltà incontrate dai quattro toccavano il V grado, oggi reso più sicuro da alcuni chiodi. Soprattutto negli anni '20 e '30, la traversata e la scalata furono ripetute spesso, anche per motivi fotografici. Sulla De Amicis, l'uomo è riuscito a scovare persino altre tre vie: lo spigolo a destra della Via Dűlfer fu salito da Mazzorana, Pagani e Falconi nel 1940; il versante E, dove si scende in doppia, fu risalito da Menegus, Bonafede e Nessi nel 1961; nel 1967, infine, Molin e Pandolfo superarono con trenta chiodi lo spigolo a destra della Via Mazzorana. La Guglia De Amicis è così piccola da poter ospitare soltanto un ciuffo di mughi, i chiodi di sosta e null’altro. Il 13 maggio 1979 ebbi anch’io la fortuna di potermi sedere in vetta, con i due Enrichi e Stefano, e conservo vivo il ricordo di quella salita, con molta soddisfazione.
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