Gli Scoiattoli, in ampezzano “ra Schirates”, associazione di alpinisti il cui vessillo ha sventolato sulle cime di mezzo mondo, compiono 70 anni. La ricorrenza é molto attesa, e Cortina onorerà a suo modo, vincendo la proverbiale compostezza montanara che ancora resiste nel 2000, un avvenimento che la esalta e la arricchisce. Nell'anno del settantesimo, coloro che hanno vestito e vestono ancora la maglia rossa sono 87; cinque sono donne, eredi di quella Emma (1920-2007), che già nel 1941 incrinava il rude predominio maschile portando un tocco di grazia e femminilità sulle Torri d'Averau, sulla Fiames e in Tofana, dove dieci scavezzacolli iniziavano a scrivere luminose pagine di storia dell'alpinismo. In Ampezzo gli Scoiattoli li conosciamo tutti. Li coccoliamo, di loro sappiamo quasi ogni cosa, li consideriamo un simbolo di cui andare orgogliosi. Lino Lacedelli, ottantatreenne ancora vispo che ha lasciato il vessillo biancorosso sulla seconda vetta più alta del pianeta, una volta disse “Cortina è gli Scoiattoli, e gli Scoiattoli sono Cortina”. E come dargli torto? Si parla però sempre e comunque di associazione, gruppo, sodalizio: ma forse non ci si chiede mai chi è, in realtà, lo Scoiattolo. Non si vuole fare qui dell'antropologia e della filosofia a buon mercato, sia chiaro. Poiché nell'Anno Domini 2009 gli Scoiattoli schierano nelle loro file i rampolli di almeno tre generazioni, e la cosa sembra destinata a crescere (se i giovani avranno sempre voglia di impegnarsi nell'arrampicata), pare lecito porsi una domanda. Aldilà dell'indubbia. imprescindibile dimestichezza con corde, moschettoni e spit, questi emuli di un acrobatico inquilino dei boschi non avranno dentro una marcia in più, rispetto a tutti gli arrampicatori che punteggiano le falesie e anche, purtroppo meno di un tempo, le montagne vere? Mario Lacedelli, dinamico nipote di Lino del K2, è stato per oltre una dozzina d'anni Presidente del gruppo, settimo della serie, prima di Stefano Dibona, Marco Alberti e Stefano Dimai, attuale capobanda. A lui tempo fa avevamo chiesto, con un po' di malizia, se Scoiattoli si nasce o si diventa; tanto è il fascino che i maglioni rossi esercitano anche fuori dalle montagne ampezzane! Mario, lesto, aveva bruciato l'interlocutore così: “Il club è formato storicamente da ampezzani, gente che ha mangiato pane e dolomia sin dall'infanzia.” E poi: “Per essere Scoiattoli ci vuole in primo luogo una preparazione fisica costante. Preparazione che si può ottenere e mantenere vivendo qui. Occorre continuare ad arrampicare sempre, nelle falesie ma anche sulle grandi pareti. Si deve saper fronteggiare gli imprevisti con molto sangue freddo, non perdere mai l'autocontrollo in parete, perché sarebbe fatale. I vecchi dicono che bisogna possedere anche un sesto senso.” Ecco la chiave del ragionamento: senza addentrarci in teorie senza uscita, concordiamo sull'importanza del sesto senso, “antivéde” in ampezzano. E' lo stesso che avevano Checo da Meleres, Santo da Sorabances, Tone Deo, Anjeluco Pilato, solo per citare le maggiori figure del nostro passato. Mario continuava: “E' difficile spiegare cosa sia questo sesto senso. Forse è quella dote – secondo molti innata - con la quale si è in grado di prendere decisioni al volo nelle situazioni critiche, intuendo in un batter d'occhio come le cose si svolgeranno poi effettivamente. In montagna è una dote fondamentale, altrimenti è meglio lasciar perdere. E' difficile che tutti la possiedano: questione di educazione diversa forse; o forse perché c'è ancora tanta superficialità in giro. Comunque, la sola preparazione fisica non basta.” Davvero suggestiva, la tesi di Mario. E conoscendo la maggior parte di quegli atleti, soprattutto quelli della fascia (ahimè) di mezzo, ci pare che avesse davvero ragione. Non vogliamo assolutamente trattare con alterigia o sufficienza i climbers milanesi, napoletani o romani; d'altro canto, essi si vanno imponendo in ogni campo e ci hanno abituato ad imprese sempre più raffinate. Ma essere Scoiattoli è davvero un'altra cosa! Sarà il ricordo dei dieci che il 1° luglio 1939 strinsero un patto per fondare un rapporto, una simbiosi vieppiù stretta con le nostre crode, e provare le ineffabili gioie che soltanto la scalata infonde nel cuore della gente. Sarà il ricordo di conquiste scritte a caratteri d'oro nel grande libro dell'alpinismo internazionale: Pilastro, Scotoni, K2, Ovest di Lavaredo, Taé e tante altre. Sarà l'emozione che ci pervade vedendoli salire verso mete sempre più difficili, alla ricerca di qualcosa che altrove non è dato trovare. Sarà la simpatia e il pizzico d'invidia che ci ispirano vecchi, giovani e giovanissimi quando parlano “de croda”. Sarà l'allegria, la spensieratezza, la voglia di stare insieme, godere della comune passione, che esprimono nelle loro azioni. Sarà infine, l'attaccamento alle loro, alle nostre radici che dà lustro a questo settantesimo, importante e festoso, da ricordare con uno sguardo al passato e un'occhiata al futuro. Gli Scoiattoli approdano ai 70 anni di storia con lo spirito di sempre, rinnovati nelle file, nei materiali, negli obiettivi e nella tecnica ma uniti e affiatati come in quel lontano 1939. La continuità trae così dalla storia l'impulso necessario a fortificare una tradizione ricca di grandi avventure, ma soprattutto di modestia, da sempre pregio e difetto di tanti abitanti delle montagne. Dopo aver ascoltato molti di loro, che alle crode hanno rivolto e rivolgono energie e speranze, bastano poche parole per compensare l'emozione, l'entusiasmo, il rispetto per questo inimitabile polo dell'associazionismo ampezzano: “Buon 70°, cari Scoiattoli, di cuore!”
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