Soggiornando al Rifugio Biella alla Croda del Béco in occasione dei festeggiamenti per il centenario della costruzione, il 22 luglio 2007 mi è capitato di salire con Iside e Paola una nuova cima. Una cima la cui vista risalta spesso nelle immagini del rifugio scattate in epoca austroungarica, che non ha un nome, ma ha un pregio: il vasto panorama che offre, nel quale spiccano anche la valle e i nuclei abitati più a nord d’Ampezzo. Anche per questo gli escursionisti, soprattutto tedeschi, che da quelle parti sono sempre numerosi e giungono perlopiù dal Lago di Braies, mentre sostano al Biella in attesa di riprendere le forze e la marcia, salgono volentieri la “Tetta”. Questo è il singolare e materno oronimo, che qualche burlone ha dato alla piramide sassosa ed erbosa (senza quota né nome, sulle carte che ho consultato), emergente dal vasto acrocoro dell’Alpe di Fosses proprio in faccia al rifugio, dal quale si sale in meno di mezz’ora e senza alcuna difficoltà. In vetta emerge soltanto un ometto di sassi, nessun altro orpello umano: c’è silenzio ed una bella visuale sulle montagne della Croda Rossa e su altre più lontane. La “Tetta” fu sicuramente salita in epoca prealpinistica, magari dai cacciatori che scrutavano l’orizzonte alla ricerca degli ungulati, un tempo numerosi su quelle lande ed oggi quasi spariti. Senza importanza alpinistica alcuna ma utile per un’oretta in relax, la cima è una delle ultime che posso iscrivere nel mio taccuino, ed è stata una salita gradevole.
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