Oggi pomeriggio, tornando a casa dal lavoro al principiare di un diluvio poi scatenatosi con tutte le forze, riflettevo su quante volte mi è capitato in questi anni di imbattermi, sopportare, in concreto uscire sempre indenne da un temporale di grossa portata, mentre mi trovavo in montagna. Adesso avventure di quel tipo non capitano più, e se prendiamo un po’ di pioggia di solito succede in situazioni abbastanza sicure, perché non saliamo pareti impegnative e perché, prima di partire, ci affidiamo sempre alle previsioni, ma in gioventù ho ricordi d’alcuni momenti abbastanza traumatici. Due temporali di grosso calibro ci sorpresero, guarda caso, scendendo dalla via normale della Cima Grande di Lavaredo. La prima volta (1985) lungo la via, eravamo in tanti, tutti sorpresi dal maltempo scatenatosi nel pomeriggio: dovemmo scendere lentamente, le corde si attorcigliavano, eravamo bagnati, faceva freddo, il nervosismo aumentava e una volta alla base … festeggiammo con una gran libagione. La seconda volta invece (1996) eravamo solo in tre, con le corde smuovemmo valanghe di pietre ma senza ferire nessuno, arrivammo a Misurina senza un millimetro di pelle asciutta, ci consolammo dello scampato pericolo con un semplice tè e … giurai che per la prossima salita della Grande di Lavaredo avrei aspettato un periodo di siccità. Per non parlare poi della discesa dal Gran Ciampani dl Murfreit in Val Gardena del 1986, dove alla pioggia successe la neve (era il 10 agosto), ci disorientammo e dovettero venire a prenderci! Ma ci sono state anche altre occasioni in cui siamo usciti dal contatto con le pareti fradici, infreddoliti, scossi, un po’ nauseati, ma pronti a ripartire al primo balenare di un raggio di sole!
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