Alcune delle immagini dell’archivio fotografico della grande guida ampezzana Antonio Dimai, custodite dal pronipote Franco Gaspari, riguardano la “via originaria” sulla parete S della Punta della Croce, che affianca la più nota Punta Fiames. La via, che ebbe molto credito negli anni d’oro dell’alpinismo, era stata aperta il 24.8.1900 da Agostino Verzi, Giovanni Siorpaes e Felix Pott. Essa si sviluppa lungo la parete ben visibile dal centro di Cortina per molte lunghezze di corda, di cui soltanto sei hanno rilievo per l'alpinista: salendo, infatti, si attraversano varie cenge ghiaiose ed erbose, per cui se è bagnata diventa piuttosto delicata. Oggi non si ripete più perché, si dice, “si arrampica poco, e per il resto della via bisogna tirarsi dietro la corda ...”. Eppure, fino alla Grande Guerra, la “Pott” era ricercata: la salivano gli aspiranti guida, scortati dai colleghi più esperti per imparare, la ripeterono De Falkner, il Re dei Belgi e altri. A parte la “Pott”, chi scrive ha salito la Punta per il semplice fianco nord che sovrasta di 120 metri la Forcella Pomagagnon e da essa si raggiunge in una ventina di minuti per una facile scarpata erbosa e detritica. La croce che le diede il nome, portata lassù dalla guida Giuseppe Ghedina prima del 1883, è sparita da decenni, e oggi solo un ometto di pietre ci fa compagnia. All’ometto si aggiungono gli sguardi spesso curiosi di chi anima la prospiciente Punta Fiames, dopo aver affollato perlopiù la ferrata, ma anche la parete o lo spigolo, e si chiede cosa facciamo su quel cocuzzolo con poca storia da raccontare e poco futuro da sognare. E pensare che negli anni '60, le guide vi organizzavano anche gite accompagnate! Raggiungendo la Punta, credo che non si possa restarne delusi: gente non se ne trova mai, e il morbido praticello della cima favorisce il riposo al grandioso cospetto di tutta la valle d’Ampezzo.
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