Il 15.5.08 è mancato - sulla soglia degli ottant'anni - Valerio Quinz, guida alpina, grande sportivo e imprenditore turistico di Misurina. Da acuto osservatore qual è, lo scrittore-editore Bepi Pellegrinon ha colto la palla al balzo, dedicando all’amico Valerio una nuova ricerca storica sull’alpinismo dolomitico. Ne è sortito il saggio Bepi Pellegrinon -a cura di-, Il cuore oltre lo spigolo. Le montagne di Valerio Quinz, Nuovi Sentieri - Cornuda, 2008, pp. 94 con f.t. b/n e col., € 20,00, corredato da oltre novanta immagini in bianco e nero e una dozzina a colori, nelle quali l'auronzano Valentino Pais Tarsilia ha colto le cime della Val d'Ansiei, frequentate da Quinz per una vita.
Il volume ripercorre l’esistenza di Valerio, figlio di Giuseppe (1887-1970) che scese da Sappada in Auronzo per fare la guida negli anni '20 e, fra gli altri, fu compagno di croda di Dino Buzzati, con il quale il 26.6.30 aprì una via su una cima vergine dei Cadini, denominata Piz S. Angelo. Già a otto anni il pargolo fu condotto dal padre sul Camino Casara del Popena Basso, e due anni dopo salì la Grande di Lavaredo, ricevendo dal genitore un amore per la montagna rimasto immutato fino all'ultima vetta, la Cima Cadin di S. Lucano, scalata nel 2002 con l'amico Pellegrinon.
Dalle pagine del libro, in cui l'autore è stato coadiuvato da Loris Santomaso, risalta il fatto che Quinz fu promosso guida alpina a soli diciannove anni, ma aveva già alle spalle una solida esperienza; che arrampicò spesso con amici auronzani, Francesco Corte Colò, Isidoro De Lazzer, Angelo Larese Filon, Alziro e Ottavio Molin, Armando Vecellio Galeno, e s'impose all'attenzione del mondo alpinistico il 9.9.49, superando per primo in solitaria lo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo, che campeggia in copertina e dà il titolo al libro.
In oltre sessant'anni di roccia, trenta dei quali di professione, sono state innumerevoli le cime e le vie salite da Quinz. La guida però ha sempre parlato poco delle sue ascensioni, preferendo lavorare sodo nel turismo, che lo ha visto condurre coi familiari l’albergo-ristorante ereditato dai genitori sulle rive del Lago di Misurina, base della sua esistenza. Non dimentichiamo poi che Quinz fu anche un valente giocatore di hockey ed un ottimo sciatore, attività che incorniciano una passione per la montagna a tutto tondo.
Nella storia dolomitica, il nome di Valerio si lega ad una ventina di vie nuove e ad importanti ripetizioni sui monti di casa: Cadini, Cristallo, Paterno, Tre Cime, Tre Scarperi. Una scalata domina tutte, ed è il suo “monumento”: il diedro E del Pianoro dei Tocci nei Cadini, 200 metri dritti come una schioppettata e con difficoltà fino al VI, scalati il 10.9.51 con l’amico “Galeno“. Però “Il cuore oltre lo spigolo“ non parla solo di vie: ci sono anche gare sportive, soccorsi in montagna, fraterne amicizie con rocciatori italiani e stranieri, la famiglia, un uomo e un alpinista forte, generoso e riservato. Commuove, a questo riguardo, nelle pagine finali, la cronaca dell'ultima salita e il “testamento” del nonno per i due nipoti.
Un plauso, quindi, a questo impegno editoriale che Bepi ha voluto dedicare a Valerio. Dispiace un po' che nel libro si siano infilate anche alcune imprecisioni toponomastiche (il “Popena Basso“ è diventato prima la “Pala di Popena“ e poi il “Piz Popena“, è citata una “Direttissima dello Spirito Santo” ed altre minuzie). Cose che non incrinano l’interesse e il valore dell’opera per i cultori di storia dolomitica e il rispetto per un uomo che ne ha vergato alcune belle pagine.
Recensisco questo libro con piacere, nel ricordo di Valerio Quinz: mi fu presentato a Ferragosto del 1976, lo stesso giorno in cui iniziò la mia breve, ma intensa amicizia con Severino Casara, il poeta delle Dolomiti.
Il volume ripercorre l’esistenza di Valerio, figlio di Giuseppe (1887-1970) che scese da Sappada in Auronzo per fare la guida negli anni '20 e, fra gli altri, fu compagno di croda di Dino Buzzati, con il quale il 26.6.30 aprì una via su una cima vergine dei Cadini, denominata Piz S. Angelo. Già a otto anni il pargolo fu condotto dal padre sul Camino Casara del Popena Basso, e due anni dopo salì la Grande di Lavaredo, ricevendo dal genitore un amore per la montagna rimasto immutato fino all'ultima vetta, la Cima Cadin di S. Lucano, scalata nel 2002 con l'amico Pellegrinon.
Dalle pagine del libro, in cui l'autore è stato coadiuvato da Loris Santomaso, risalta il fatto che Quinz fu promosso guida alpina a soli diciannove anni, ma aveva già alle spalle una solida esperienza; che arrampicò spesso con amici auronzani, Francesco Corte Colò, Isidoro De Lazzer, Angelo Larese Filon, Alziro e Ottavio Molin, Armando Vecellio Galeno, e s'impose all'attenzione del mondo alpinistico il 9.9.49, superando per primo in solitaria lo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo, che campeggia in copertina e dà il titolo al libro.
In oltre sessant'anni di roccia, trenta dei quali di professione, sono state innumerevoli le cime e le vie salite da Quinz. La guida però ha sempre parlato poco delle sue ascensioni, preferendo lavorare sodo nel turismo, che lo ha visto condurre coi familiari l’albergo-ristorante ereditato dai genitori sulle rive del Lago di Misurina, base della sua esistenza. Non dimentichiamo poi che Quinz fu anche un valente giocatore di hockey ed un ottimo sciatore, attività che incorniciano una passione per la montagna a tutto tondo.
Nella storia dolomitica, il nome di Valerio si lega ad una ventina di vie nuove e ad importanti ripetizioni sui monti di casa: Cadini, Cristallo, Paterno, Tre Cime, Tre Scarperi. Una scalata domina tutte, ed è il suo “monumento”: il diedro E del Pianoro dei Tocci nei Cadini, 200 metri dritti come una schioppettata e con difficoltà fino al VI, scalati il 10.9.51 con l’amico “Galeno“. Però “Il cuore oltre lo spigolo“ non parla solo di vie: ci sono anche gare sportive, soccorsi in montagna, fraterne amicizie con rocciatori italiani e stranieri, la famiglia, un uomo e un alpinista forte, generoso e riservato. Commuove, a questo riguardo, nelle pagine finali, la cronaca dell'ultima salita e il “testamento” del nonno per i due nipoti.
Un plauso, quindi, a questo impegno editoriale che Bepi ha voluto dedicare a Valerio. Dispiace un po' che nel libro si siano infilate anche alcune imprecisioni toponomastiche (il “Popena Basso“ è diventato prima la “Pala di Popena“ e poi il “Piz Popena“, è citata una “Direttissima dello Spirito Santo” ed altre minuzie). Cose che non incrinano l’interesse e il valore dell’opera per i cultori di storia dolomitica e il rispetto per un uomo che ne ha vergato alcune belle pagine.
Recensisco questo libro con piacere, nel ricordo di Valerio Quinz: mi fu presentato a Ferragosto del 1976, lo stesso giorno in cui iniziò la mia breve, ma intensa amicizia con Severino Casara, il poeta delle Dolomiti.
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