Non sono né il primo né l'unico salitore della Zesta del Sorapis, la cima del ramo ampezzano del Sorapis quotata 2768 m, che domina Forcella del Ciadin e la radura di Tardeiba. Poco più bassa della vicina, più nota Punta Nera, la Zesta non interessa gli scalatori perché è fatta di roccia friabile e franosa, e non mi pare che sia salita molto spesso: in tutta l'estate 2003, ad esempio, le salite sono state solo sette. Se ne scrivo, è per testimoniare però un rinascente, per quanto timido interesse nei confronti di questa selvaggia montagna. Il 4 ottobre scorso, in cima sono arrivate ben 7 persone, locali e non; per una vetta graziata dalla vernice rossa, dai cavi, gradini, scalette, cartelli e quant'altro, è un autentico "successo". La Zesta merita l'assaggio dei "buongustai del I grado" perché la sua normale, al limite fra l'escursionismo e il primo alpinismo, è divertente e non banale, dà soddisfazione e schiude un grande panorama. Non si sa da chi né quando fu salita per la prima volta, per la cresta N che guarda Forcella del Ciadin. Nel 1929 la cima fu visitata da Severino Casara, che con alcuni compagni (fra i quali Antonio Berti, autore delle guida delle Dolomiti Orientali) scalò il lato che guarda il Lago del Sorapis. La via, di scarso interesse alpinistico, è stata seguita in discesa da tre delle persone giunte in cima il 4 ottobre. La prima invernale invece risale al 7 febbraio 1942, ad opera di Giorgio Brunner, Massimina Cernuschi e Mauro Botteri. Quindici anni fa, due amici lasciarono in vetta un barattolo con un libretto, che per fortuna fa fatica a riempirsi di firme e di eventuali sciocchezze. Fino a qualche tempo fa, sapevo poco e nulla della cronologia alpinistica della Zesta, che ho salito quattro volte, di cui due traversando da nord a sud con discesa per la via Casara. Giunto in cima da solo nel luglio 1995, scoprii il nuovo libro di vetta, sul quale c'era una nota interessante. Il 5 gennaio di quell’anno, la guida Ario Sciolari aveva realizzato la probabile prima invernale solitaria della cima; il fatto è passato inosservato, ma ha contribuito ad aggiungere un paragrafo di valore alla storia delle nostre montagne.
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