L’ispirazione per queste righe non è nata fra le montagne, ma in casa, un giorno all’ora di pranzo. Premetto che il caffè nero, liscio o come lo volete chiamare, non è che mi entusiasmi; ma in casa non c’era latte e così corressi l’indispensabile tazzina meridiana con un sorsetto di vino rosso. Ricreando, dopo tanto che non lo assaggiavo, il famoso "cafè da bosco" ampezzano, bevanda usuale per i nostri montanari, cacciatori, contadini, pastori di un tempo ormai lontano, oggi rivisitata ed offerta come specialità del Sestiere in una delle nostre feste campestri estive. Caffè nero, rigorosamente fatto sul fornel come quello che preparava la buona Luzia nella cucina della vecchia casa di Coiana quando andavamo a farle visita, e vino rosso: magari a qualcuno il miscuglio farà rizzare i capelli, mentre per un attimo a me ha evocato tempi passati, freddi inverni, grandi fatiche dei nostri avi. Gustoso, salutare quando è assunto nelle giuste dosi, fu fin troppo corroborante in quell’ottobre 1977, in cui passai un fine settimana con Enrico, Federico, Fabio e Stefano nella baita di Lerosa, all’epoca ancora aperto, sempre ospitale e disponibile per il ricovero degli escursionisti. Noi giovani avevamo portato qualche bottiglia, mentre Stefano – salito lassù da solo qualche giorno prima, con la precisa intenzione di fotografare l’aquila ed altri animali – preparò una bella cogoma di caffè, e con quel beverone vivificammo la serata. Ricordo bene che, a notte fonda, “uscimmo a riveder le stelle”: ne vedemmo tante, tante, tante di più di quelle che popolavano effettivamente la volta celeste sopra i grandi pascoli di Lerosa!
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