sabato 3 ottobre 2009

Rocheta de Cianpolongo, una cima per l'autunno

Fra le migliori cime del circondario ampezzano salite in tanti anni, annovero la Rocheta de Cianpolongo, l'ultima elevazione della dorsale che dal Becco di Mezzodì degrada in Valle del Boite, segnando il confine fra Ampezzo e il Cadore. La salita della Rocheta, la meno alta delle quattro - che non emergono di molto dai boschi di Federa, ma espongono a sud belle pareti verso Mondeval e Prendera - non è descritta in alcuna carta né guida, ed è segnata il minimo indispensabile. E’ un po’ più nota da una ventina d'anni, quando alcuni amici di Zuel portarono in vetta una croce e un libretto, segnando con alcuni bolli rossi il breve tratto roccioso che porta in cima. Sicuramente la salirono fin da tempi antichi i pastori e i cacciatori, poiché il torrione sommitale, un po' friabile ma non molto impegnativo, è sostenuto da una ripida lingua erbosa, sulla quale immagino si spingessero le pecore e le capre venute da Federa attraverso Sonforcia. Personalmente, raggiunsi la vetta per la prima volta in una limpida mattinata di novembre di 22 anni fa, con l'amico Luciano, prematuramente scomparso. Già allora, nonostante l'allenamento di quegli anni, l'ascensione mi parve faticosa a causa del dislivello da Socol, che tocca i 1300 metri. Però mi piacque così tanto che vi tornai altre cinque volte, di cui l’ultima in gita sociale con il CAI. Nel 2000 salii con mia moglie, per vedere il “doppio” segno di confine numero 1, riscoperto nell'autunno precedente da due appassionati, che ha variato la geografia confinaria d’Ampezzo, poiché alla base del castello sommitale se ne trova un altro, quasi uguale e riscoperto da Illuminato de Zanna. Il primo libretto di vetta, distrutto dopo un lungo e onorato servizio dalle intemperie e dalla sventatezza di qualche salitore, fu rimpiazzato nel 2003 con un bel quaderno nuovo. Le firme apposte in una stagione sulla cima non sono moltissime, e di solito appartengono a locali: per quanto mi riguarda, mi auguro di lasciare ancora il mio autografo, poiché sono convinto che dominare la valle del Boite dalla cima della Rocheta ripaga della fatica necessaria per toccarne la cima.

mercoledì 30 settembre 2009

Amori sulla Piccola di Lavaredo: un episodio degli anni Trenta

Quest'inverno, in occasione del consueto raduno di soci e amici del CAI Cortina al Rifugio Dibona, tenni banco per mezz'oretta con una mezza dozzina di fatterelli di montagna un po' “fuori dalle righe”. Un po' piccanti ma non volgari, diversi dal solito e tutti rigorosamente accaduti. Uno di questi riguardava due guide particolarmente ricercate negli anni '30. Una bella domenica d'estate, una di esse portò una cliente a scalare la via normale della Cima Piccola di Lavaredo, una via interessante per gli amanti dell'alpinismo classico che ho potuto salire per tre volte. Giunti in vetta, la guida intraprendente e la cliente ben disposta non persero tempo e si incontrarono focosamente. Si noti che la sommità della Piccola di Lavaredo è formata da una serie di blocchi accatastati, piatti ma non certamente ampi ed esposti su almeno 300 metri di vuoto da ogni lato. Ebbene, l'incontro fra i due non era ancora terminato quando, dal verticale camino Zsigmondy della normale, che sbuca proprio in vetta, si affacciò un'altra guida con un cliente. Fin dal penultimo tiro di corda la guida doveva aver sentito un rumorio inequivocabile; emersa a mezzo busto sulla piattaforma sommitale, diede una rapida occhiata, riconobbe il collega che aveva smesso i panni dello scalatore e non ritenendo il caso di disturbare o spaventare, fece sosta quindici metri sotto la vetta, all'interno del camino. Recuperò il cliente e cavallerescamente volle concludere a pochi passi dalla sommità la sua giornata.

martedì 29 settembre 2009

Visita ad un valico solitario e senza tracce, nel cuore delle Dolomiti

Credereste che nell'empireo delle Dolomiti, a meno di un'ora di ripida salita da un frequentato rifugio abbastanza vicino ad una strada carrozzabile, possa ancora esistere una forcella priva di tracce da entrambi i versanti, scevra da valorizzazioni umane e ricca di abbondanti testimonianze dei bovini che scorrazzano in zona? Ebbene sì, questa forcella c'è: si chiama Costantiol o Colsantiol, tocca la modesta quota di m. 2140 e divide il Col de la Puina a sud dai Crépe dei Béche a nord: siamo nel gruppo del Pelmo e in Comune di San Vito di Cadore. Lungi da me volerne fare pubblicità (che comunque non sarebbe granché dannosa ...), ma qualcos'altro bisogna pure che dica. Su entrambi i versanti, cioé verso la Val Fiorentina e la Val del Boite, da Forcella Costantiol scendono ripide e faticose pale poco calpestate dagli umani, a parte qualche cacciatore o escursionista curioso. Essa poi non dà accesso a grandi traversate o ascensioni: verso il Col de la Puina sale una ripida cresta di 114 m. di dislivello, che circa a metà s'impenna con roccette e impone di deviare verso sinistra su erbe e instabili detriti per uscire sulla labile, ma più mansueta traccia della via normale. Credo che forcelle così non ce ne siano moltissime, almeno qui da noi: sarebbe il caso d'impegnarsi tutti affinché restino sempre come sono.