Il 5 luglio 1872 la guida ampezzana Santo Siorpaes Salvador, all’epoca quarantenne e all’apice della forma, conduceva il capitano William Emerson Utterson Kelso, uno scozzese molto interessato alle Dolomiti, su una vetta di dimensioni ridotte, ma piuttosto grintosa: il Becco di Mezzodì, fin dai tempi antichi “meridiana” dei valligiani d’Ampezzo, che l'avevano soprannominato "el Bèco de ra Zieta", ovvero della civetta. Prima della conquista, Santo aveva circuito più volte il Becco, il cui unico versante abbordabile con i mezzi di allora non guarda la valle d’Ampezzo, ma la Val Fiorentina. Ciò nonostante, durante l’ascensione, i due dovettero superare, in scarpe chiodate, un camino stretto e liscio alto una ventina di metri, le cui difficoltà rientrano oggi nell’ordine del 3° grado inferiore. La seconda salita assoluta del Becco spettò a Gottfried Merzbacher, nell’estate 1878. Lo accompagnava ancora una volta Siorpaes, che aveva trovato la chiave del mistero. Storiografi cinici affermano che il germanico si trovò abbastanza a mal partito nel superare il liscio camino centrale. Non si sa quando sia stata compiuta la prima salita d’inverno della normale, che potrebbe essere quella dell’ungherese Anton von Csaky, accompagnato dalla guida Angelo Dibona Pilato, il 4 gennaio 1913. Sappiamo invece che la prima ascensione invernale solitaria fu quella di “Bepi” Degregorio, che il 13 gennaio 1925 festeggiò sulla vetta del Becco il suo trentaseiesimo compleanno. Centotrè anni e nove giorni dopo Siorpaes e Utterson Kelso, chi scrive poneva piede sulla friabile cima, realizzando la sua prima, indimenticata salita dolomitica. Trent'anni dopo quella scriteriata avventura adolescenziale, il 14 luglio 2005 ho calcato ancora una volta, forse la sesta, la vetta del Becco, commuovendomi quasi fino alle lacrime ...
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