martedì 28 aprile 2009

56 carte per imparare, giocando, con le fiabe e le leggende delle Dolomiti.

L’Istituto Ladin de la Dolomites di Borca di Cadore ha pubblicato e presentato "Fabulando con il gioco delle 56 carte", di Paola Martello (Tipografia Esca - Vicenza, 2009, € 15,00). Il gioco presenta le leggende delle Dolomiti nell’interpretazione e illustrazione della professoressa Paola Martello, autrice anche della recente versione dedicata con successo al microcosmo dell’Altopiano dei Sette Comuni.
Per l'Istituto, che da un quinquennio si occupa con fervore della promozione e sviluppo della lingua e cultura delle comunità ladine che abitano l’alta Provincia di Belluno, l’iniziativa è una novità.
Una novità che trova però radici in un modello consolidato: la divulgazione fra le giovani generazioni, e magari anche il risveglio in quelle mature, dei ricordi e delle sensazioni evocate dalle leggende, dai miti, dalle storie che i nostri avi tramandavano oralmente di padre in figlio, raccontandole nel tepore delle stalle a schiere di bimbi immagati e confusi tra fate, folletti e orchi, e che l’uomo moderno considera con l’occhio del progresso ma anche, molto spesso, con uno sguardo ammaliato.
In "Fabulando con le 56 carte" fanno capolino credenze ed allegorie animate da donne e uomini buoni ma anche terribili, bestie reali e immaginarie, luoghi solari e cupi, alberi che parlano e rocce che si muovono. Un universo fantastico, che per secoli ha alimentato l’immaginazione, la credulità, i timori dei montanari e oggi si presenta ben strutturato, grazie alla paziente ricucitura delle trame compiuta da studiosi del calibro di Giovanni Battista Alton, Hugo de Rossi, Karl Staudacher, Karl Felix Wolff e, più vicino a noi, Bruna Dal Lago, Giuliano Palmieri, Giovanna Zangrandi e qualche altro.
Le leggende e le credenze popolari fanno ancora parte integrante della nostra vita. Non si può non commuoversi ancora, ad esempio, al cospetto della storia legata alla Porta del Dio Silvano presso Cortina, passando sotto la quale - fino agli inizi del secolo scorso - i contadini si toglievano il cappello e le vecchiette mormoravano qualche giaculatoria! Non si può non immaginare che il cacciatore Matia di Zuel, trovatosi in difficoltà sull’alto campo nevoso del Sorapis che poi prese il suo nome, mentre inseguiva un ungulato (l’omologo dolomitico di Zlatorog, fatato camoscio bianco che domina il suo reame sulle alture del Tricorno, ed è stato eletto simbolo della Slovenia?), sia stato - senza volerlo - un protagonista delle leggende d’Ampezzo!
E poi, chissà se nella “Chiesa di Maria de ‘Sanin” rimangono ancora testimonianze dell’infelice ragazza di Mortisa, che dicono fuggisse a pregare negli umidi recessi di Volpera, per scampare ai soldati che la insidiavano! E chissà se in riva ai nostri laghi, da Federa al Lagoscin, risciacqueranno e stenderanno ancora i panni le Anguane dal piè di capra, figure femminili che campeggiano in tutta la favolistica alpina e si danno alla fuga al minimo manifestarsi di presenze umane!
Quello dei miti o leggende che dir si voglia, è un caleidoscopio ricco di sfaccettature e costituisce ancora un ambìto oggetto di studi, prodigo di sorprese e materiali d’indagine. Con il suo lavoro, Paola Martello affida a piccoli e grandi il mondo incantato delle nostre montagne in forma di gioco, personificandolo in un lavoro che prende le mosse dalla grande mappa di tutta la Ladinia ed oltre, dal Brenta ai monti della Carnia, fin giù alle Prealpi.
I nostri occhi di spettatori si nutrono così di laghi, montagne, figure che riescono a scalfire le nostre rocciose convinzioni con tanti segreti; esse custodiscono storie vive nella memoria o già sbiadite nel ricordo e conservate soltanto nelle anime candide che ancora ci credono e le sanno riportare.
Prima che quest’universo trasversale di conoscenze e credenze popolari stinga nella moderna massificazione, l’autrice ha voluto eternarlo ancora una volta, e lo ha fatto nella forma migliore: un gioco gioioso, che si dipana sui piani sfalsati e coincidenti della scrittura e dell’illustrazione, stimolando l’inventiva e lo stupore.
Attraverso le 56 variopinte carte di “Fabulando” e quanto esse raccontano, scopriamo così insieme (grandi e piccini) luoghi che magari non abbiamo mai sentito nominare, personaggi presenti solo in proverbi e modi di dire, convinzioni che oggi, smaliziati come siamo, possono muoverci soltanto al sorriso.
Eppure i rosati tramonti dei Monti Pallidi, i veli che nascondono e schiudono le Dolomiti, sanno estasiarci come un’eterna fiaba, e lo faranno sempre. Dopo aver giocato con “Fabulando”, se c’incanteremo anche soltanto per un attimo pensando ai tòpoi della mitologia ladina, dal Lago di Carezza al Parlamento delle Marmotte, dalle Grotte di Volpera al Regno d’Aurona, dalle rocce di Falzarego che pietrificano il falso re alla Rocchetta dove riposa la Bella Dormiente, avremo la chiave per carpire qualcuno dei segreti, antichi e sempre rinnovantisi, che si celano fra alberi, rocce e ghiacciai.
Un plauso va all’autrice di questo gioco-favola, perché la sua fantasiosa verve affabulatoria e pittorica ci consegna un “bestiario/ominario” di grande effetto per la nostra cultura e la nostra lingua: quello legato all’universo onirico dei monti e delle valli in cui abitiamo, che dalle cime del Brenta fino alla Carnia racconta, riecheggia, sogna mondi irreali, quadri fascinosi del cuore nascosto delle Alpi.

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