lunedì 3 novembre 2008

Croda d'Ancona, cronaca della posa di due libri di vetta

Sapendo che mancava, il 22 agosto 2002 portai un libro di vetta sulla Croda de r’Ancona, il “fosco baluardo” nel gruppo della Croda Rossa che domina la Strada d’Alemagna - tra Fiames ed Ospitale - con canali franosi, cenge spioventi su cui regnano i camosci, rocce friabili, mughi e zolle erbose, ed offre una istruttiva escursione, con base di partenza a Ra Stua o in Val de Gotres.
Teatro di scontri durante la Grande Guerra, tracce dei quali sono ancora visibili sulle sue pendici, fino a qualche anno fa la cima non era molto visitata. Oggi, anche se - fortunatamente - non rientra fra le più gettonate delle Dolomiti, conta molte visite in più. Molti salitori sono locali e veneti - che scelgono la Croda anche come destinazione per gite sociali -, mentre sono rari gli stranieri.
Non è una meta per rocciatori, perché non ha pareti o spigoli degni di considerazione, né vie di scalata. La “via normale” è una camminata mediamente lunga, in cui si alternano fasce detritiche, erbose e sassose. Non esposta né difficile, l’ascensione, specie nelle stagioni intermedie, va comunque affrontata con l’attenzione richiesta da escursioni in quota.
Il 15 ottobre 2006, su segnalazione dell’amico guardaparco Giordano, tornai in vetta con un’amica per sostituire il libretto, già logorato dalle intemperie e quasi esaurito. Il nuovo quaderno, che spero duri a lungo senza essere imbrattato da troppe stupidaggini e volgarità, è posto in una scatola impermeabile a fianco della croce, protetto da alcuni sassi, e ben visibile per chi giunge in cima.
Ho sfogliato il ”vecchio” libretto, ma non proporrò statistiche né giudizi sui suoi contenuti. Mancano le firme d’alpinisti famosi e non ci sono grandi imprese, ma solo i segni discreti del passaggio di chi è arrivato fin lassù spesso con fatica e sudore, per godersi il panorama sulle Dolomiti, fino alla Val Badia e ai ghiacciai sudtirolesi. Estrarre un nome o una frase piuttosto che altri non avrebbe scopo. Noto invece che diverse persone sono state colpite dalla bellezza di quei luoghi; molte si affezionano alla cima e vi salgono più volte, anche nella stessa stagione, magari venendo da lontano. La Croda è meta anche di alpinisti in erba, indotti a conoscere la montagna con una salita che fa da efficace banco di prova (fu così anche per me, salitovi per la prima volta coi miei genitori a circa dieci anni di età).
Non mi avventuro quindi in deduzioni storiche o di altro tipo dai contenuti del libro di vetta, oggi custodito nell’archivio della Sezione CAI di Cortina. Auspico che la cima, nota ab antiquo ai cacciatori per la ricchezza d’ungulati della zona, e ai pastori, poiché domina la Monte de Lerosa, costituisca una piacevole meta per un momento di svago.
Per alcuni sarà un traguardo sofferto e importante, per altri un tirocinio in vista di altri cimenti, ma dovrebbe conservare sempre integro il fascino di cima selvaggia, teatro di cruenti episodi in guerra ed oggi simbolo di pace alpinistica. Sarebbe bello che la Croda restasse sempre fuori da iniziative di valorizzazione, e si mantenesse come la conosciamo: una vetta facile, praticabile fino a stagione inoltrata, che offre un gran panorama e vari motivi d’interesse, anche non atletico, per essere conosciuta.
Coloro che sceglieranno la Croda de r’Ancona per una salita dolomitica, potranno apporre con piacere il loro nome sul libretto di vetta, lasciando un segno della presenza su una cima interessante per il panorama che offre, le testimonianze storiche che custodisce e l’atmosfera di solitudine che avvolge i suoi versanti.

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