sabato 12 luglio 2008

Sfogliando il libro di vetta della Punta Fiames

Nell’archivio del CAI Cortina, fra numerosi altri interessanti documenti, è conservato un quaderno di 22 cm per 15, rilegato con una robusta tela verde che lo ha preservato dal logorio degli anni.
In terza pagina, vergata con l’elegante grafia che troviamo anche in altri libri, si legge l’intestazione: “Club Alpino Italiano Cortina – Punta Fiames”: ogni facciata reca una griglia con tre colonne, “Data”, “Cognome e nome” e “Provenienza”. È il libro di vetta della Punta Fiames, prima cima del Pomagagnon, che sovrasta e prende il nome dall’omonima località a nord di Cortina.
Da oltre un secolo, la Punta è nota per le possibilità di scalate che offre sul versante meridionale; negli anni ’60 la sua fama crebbe con l’apertura della via ferrata dedicata alla guida Albino Michielli Strobel, che ne risale il fianco ovest.
Prima di analizzare il libro di vetta, s’impone una premessa. La Punta si raggiunge senza difficoltà, seguendo il comodo e non lungo sentiero che da Forcella Pomagagnon attraversa le ghiaie dello schienale.
Dato il facile approccio, essa fu sicuramente nota fin dall’antichità ai pastori che portavano gli ovini sui sottostanti “Prade del Pomagagnon”, dai cacciatori che battevano i recessi più nascosti della zona e dai topografi che misurarono le cime incuranti della toponomastica, confusa fino all’inizio del secolo scorso.
Il libro di vetta documenta una trentina di stagioni di storia della Fiames, o più esattamente della via aperta sulla parete sud il 7 luglio 1901 dall’inglese J. L. Heath con le guide ampezzane Antonio Dimai e Agostino Verzi.
Le prime note risalgono all’autunno del 1926, ma forse già in precedenza la Punta aveva un libro, che sarebbe interessante poter consultare, per delineare con completezza la storia della parete.
Seconda premessa: all’inizio del secolo scorso firmavano il libro anche molti salitori di altre vie della Fiames, che poi - per tornare all’attacco – scendevano lungo la “variante” della parete sud. Negli anni ‘40, il libro si trovava trenta metri prima dell’uscita della Via Dimai: nella primavera 1952, ormai esaurito, fu sostituito da un altro, che raccolse le firme dei passanti fino all’11 agosto 1958.
Qualche anno fa, un appassionato ha rinverdito la tradizione, e sale ogni anno sulla Punta con nuovi quaderni, che ritira in autunno, colmi di firme, dediche e scemenze nelle lingue di tutto il globo. Oggi lasciano i loro nomi in vetta soprattutto i salitori della ferrata, perché i rocciatori che passano per la cima sono molti meno di un tempo.
Il libro si apre il 23 settembre 1926 con due illustri esponenti dell’alpinismo dolomitico: la baronessa ungherese Rolanda von Eötvös, riapparsa a Cortina dopo la pausa della Grande Guerra, e la guida Antonio Dimai, ormai sessantenne, che aveva aperto l’itinerario un quarto di secolo prima.
Le ultime firme, il 2 marzo 1952, appartengono a Guido Lorenzi, Scoiattolo e guida alpina salito con Alfredo Zardini, poi scomparso tragicamente, e Lino Lacedelli.
Fra gli estremi, si leggono centinaia di nomi famosi e sconosciuti, guide locali e forestiere, alpinisti d’ogni età e nazione, che per ventisette stagioni salirono la cima che domina Fiames lungo una via di roccia molto amata e frequentata.
Il 17 agosto 1927, firma il libro lo studente Edoardo Amaldi, divenuto un fisico del gruppo dei “ragazzi di Via Panisperna”. Una settimana dopo, troviamo Ludwig Gillarduzzi Zandeaco, giovane sacerdote nato ad Innsbruck da famiglia ampezzana, che si avventura sulla Dimai in solitaria.
Il 3 settembre la guida Angelo Dibona Pilato, che sulla via ha fatto il tirocinio e la ripeterà ancora cinquanta volte, vi porta i figli Ignazio, sedicenne, e Fausto di soli quattordici anni: nel 1945 la ripeterà con le figlie Giulia e Antonia.
Il 7 settembre compare il pittore e alpinista Erwin Merlet, e il 25 - con Otto Menardi, Antonio e Giuseppe Dimai – sale di nuovo Rolanda von Eötvös (secondo le testimonianze, una persona alla mano, che d’estate alloggiava con la sorella Ilona all’Hotel Cortina e, sfidando le convenzioni, aveva sempre la sigaretta in bocca).
11 ottobre: la guida Simone Lacedelli porta in vetta un personaggio interessante per Cortina. È Giuseppe Venturoli, dottore in agraria di Bologna, che nel 1929 pubblicherà la sua tesi di laurea “Cortina d’Ampezzo nei primi dieci anni di regime italiano 1918-1928”, assai interessante per la storia locale.
Il 10 giugno 1928, con Luigi Apollonio Longo, sale Rinaldo Zardini Foloin, fotografo e alpinista che diventerà un’eminente personalità in campo scientifico, vantata da Cortina a livello internazionale.
18 settembre 1929: Angelo Dibona guida in vetta Lucien Devies, salitore della parete E del Monte Rosa, con la quale si laureerà fra i migliori alpinisti francesi del ‘900. Nove giorni dopo, tornano ancora le Eötvös, con Angelo e Giuseppe Dimai.
Fra gli anni Venti e Trenta, scalano spesso la Punta tre guide già mature, ma energiche e ancora desiderose di cimentarsi nella salita: Bortolo Barbaria Zuchin, Antonio Dimai Deo (salito lassù fino al 20 agosto 1930, anche se la storia gli accredita un’ultima scalata nel 1932) e Agostino Verzi Sceco, presente ufficiosamente fino al 27 agosto 1933.
La “paré” s’impone come una delle salite più rinomate d’Ampezzo. Le guide vi portano clienti quasi quotidianamente, d’estate e fuori stagione, in virtù dell’ottima esposizione del versante, che spesso si trova in buone condizioni anche d’inverno.
Il 29 agosto 1930, dopo aver superato lo spigolo Jori con Giuseppe Dimai, scende per la parete Maria Pellegrino (nota come Mary Varale), la forte alpinista che tre anni dopo - con Comici e Zanutti – vincerà lo “Spigolo Giallo” in Lavaredo.
Il 9 luglio 1931, in cordata con Luigi Apollonio, sale Dino Buzzati: chissà se l’ascensione fu mai “trasfigurata” dallo scrittore bellunese in qualche suo scritto!
Il 18 gennaio 1932 Angelo Dibona scala la Dimai con il cliente Paul Leroy Edwards. in quel periodo Edwards ritorna spesso sulla Punta, e nella stagione 1932 addirittura tre volte, di cui una in solitaria.
Troviamo poi ancora Rolanda Eötvös con Giuseppe Dimai, e il 24 novembre chiudono la stagione Dibona, Leroy Edwards e Bepi Degregorio. Nel mezzo, un’altra firma celebre: Emilio Comici, salito il 2 settembre con clienti.
Il 17 luglio 1933 Giuseppe Dimai, Ignazio Dibona e Celso Degasper aprono la “Via Centrale”, tra la Dimai e lo spigolo. “Straordinariamente difficile, V grado superiore”, la nuova via non riscuoterà lo stesso favore della “paré”.
Compaiono numerosi locali, che lasciano sul libro commenti favorevoli (“ce bel! “, “magnifico”), e iniziano la carriera le guide della seconda generazione. Le salite della “paré” sono continue, anche se non eccessive: nel 1934 se ne contano trentanove, per un totale di cento persone.
Le ultime due cordate del 1935 sono formate ancora dalle Eötvös con Giuseppe Dimai e Celso Degasper, saliti l’8 ottobre. Dovrebbe essere l’ultima volta in cui le alpiniste ungheresi raggiungeranno le crode ampezzane.
Il sempre attivo Angelo Dibona, che se ne infischia degli anni che avanzano, compirà il canto del cigno sulla “paré” il 24 agosto 1949, quando – a settant’anni, col figlio Dino e Luigi Apollonio – porterà in vetta i clienti Anna e Cyril Escher.
In questo periodo, uno dei più fedeli ripetitori della Fiames è Celso Degasper, che al termine della carriera, vanterà il primato di aver salito la parete oltre 300 volte.
Il 26 luglio 1939 Emilio Comici e Osiride Brovedani stanno scendendo da Forcella Pomagagnon dopo aver raggiunto la Fiames. Sfuggono per un pelo al crollo di un lungo tratto di cresta fra la Croda Longes e la Croda del Pomagagnon, notato fin da Cortina. Il fatto ispirerà a Comici il celebre racconto “La falciata della morte”.
Il 26 maggio 1940 un altro scalatore illustre, Ettore Castiglioni, porta sulla Dimai il Commissario Prefettizio Alberto Brissa. Tornerà ancora nel luglio-agosto 1943, con il 7° corso d’addestramento alpinistico della Scuola Militare d’Alpinismo d’Aosta - Divisione Tridentina, di stanza al Passo Tre Croci.
Si vedono sulla “paré” i primi Scoiattoli, che rifiutano le vie facili e con la serenità e la disinvoltura tipiche della gioventù, iniziano dove i più anziani hanno coronato la carriera: la “Miriam”, il “Riss”, lo spigolo Jori. Il gruppo manovra abilmente le corde, rifiutando i maestri e ponendosi spesso in contrasto con loro, imparando il ”mestiere” a proprie spese, ribelle alle imposizioni ed in piena libertà.
L’11 agosto 1940 firma per la prima volta il libro, con gli amici Giuseppe Serafini e Valentino Vecellio, il ventenne Giuseppe Majoni, padre di chi scrive, che ripeterà la Via Dimai altre volte, il 15 e il 24 agosto 1941 e il 13 luglio 1947.
In quel periodo frequenta la Punta, con compagni diversi anche Alma Bevilacqua, nota al pubblico come Giovanna Zangrandi, scrittrice bolognese di talento ed autrice d’interessanti opere narrative.
Nel 1942 spunta Bruno Verzi Sceco: ha solo sedici anni, si qualifica guida ed è figlio di Angelo e nipote di Agostino, guide illustri. Salirà ancora la “paré” nel 1945, prima di cadere dalla Fessura Dimai sulla Torre Grande.
Il 16 maggio 1943, scrive per la prima volta il suo nome sul libro di vetta un ragazzo che diventerà celebre: Lino Lacedelli, classe 1925, entrato poco dopo negli Scoiattoli, guida dal 1950 e conquistatore del K2.
Il 12 giugno, passa un bellunese che sulle Dolomiti è di casa: Attilio Tissi, salito con la moglie, un amico e Piero Apollonio “Longo”. Tissi tornerà sulla Fiames nel 1947, e morirà in un incidente sulle Tre Cime di Lavaredo nell’agosto 1959.
Il 17 gennaio 1944, inaugurano la stagione Maurizio De Zanna “Toto” (poi Scoiattolo e guida), e Attilio Menardi “Hababi”, capo di un gruppo di giovani che si firmano “Diavoli Cortina” o con altre sigle, “Gatto”, “C.R.C.”, “D.A.G.”, “S.R.C.”.
In questi anni, la “paré” è animata quasi soltanto da ampezzani. Sulla Fiames, quasi come in un’isola dispersa nel tempo e nello spazio, gli echi del conflitto giungono attutiti: valgono solo i camini, i diedri e gli spigoli di una delle più belle cime di Cortina. Nonostante la guerra, nel 1944 vi saliranno settantasei scalatori.
La Punta è sempre una buona fonte di guadagno per le guide: nell’estate ’44 vi sale tre volte Dibona, che il 28 luglio apre anche l’ultima via nuova sulla Punta Michele, con Casara, Cavallini, Otto Menardi e Trenker.
L’attività non cessa neppure nell’oscuro periodo della fine delle ostilità. Nel 1945, richiesto da clienti, Angelo Dibona sale altre tre volte. Sono sempre affezionati alla Via Dimai anche gli Accademici del CAI Otto Menardi e Bepi Degregorio, Presidente per mezzo secolo della Sezione del CAI di Cortina. La ventiseienne Anna Caldart, brava scalatrice che conosce molte vie dolomitiche, sale la parete da sola il 26 luglio: forse è la prima solitaria femminile.
10 agosto 1946: “Marco caro, 28 giorni or sono tu tentavi di scalare questa cima con audacia e indicibile coraggio ma la montagna ti volle per sé e tu lasciasti la tua vita. Qui tra queste roccie io ti ricordo con animo commosso. Luisa”. La frase, scritta da Luisa Aliprandi di Oderzo che è salita con la guida Dino Dibona Pilato, si riferisce alla caduta del sedicenne Marco Dalla Valle, ricordato nel cimitero di Cortina.
Appaiono le guide nate dagli Scoiattoli: i fratelli Alverà, Costantini, Ghedina, Ugo Pompanin, e poi Bianchi e Zardini. Gli “anziani” Apollonio, Barbaria, Degasper, Dibona, Franceschi, Lacedelli, Pompanin, sono sempre sulla breccia.
Sale il “Rosso Volante” Eugenio Monti, che prima di eccellere nel bob fu sciatore e rocciatore; si affacciano i “Ragni” di Pieve, omologhi degli Scoiattoli, e molti compaesani scelgono la Fiames per passarvi una domenica in compagnia.
Passa il francese Pierre Allain, noto per le sue imprese sul Monte Bianco; sale la guida di Misurina Valerio Quinz; lo Scoiattolo Albino Michielli Strobel corre sulla parete da solo in cinquanta minuti; Dino Dibona vi riporta i clienti del padre Angelo.
Il 7 giugno 1951, Ettore Costantini Vecio guida in vetta Giuseppe Richebuono, già cappellano a Cortina e buon alpinista, che quarantanove anni dopo salirà la vicina Costa del Bartoldo, per rivisitare la cima e la croce che la caratterizza.
Il libro finisce il 2 marzo 1952. Si chiude così l’epoca eroica della “paré”, delle guide dell’epoca classica, delle scanzonate compagnie di “Diavoli” e “Scoiattoli”.
La Via Dimai, ripulita dai continui passaggi e resa più sicura da una serie chiodi fissi, continuerà comunque ad essere molto frequentata. Vi saliranno migliaia d’alpinisti, fra cui anche chi scrive, giunto in vetta per la prima volta il 27 maggio 1976 con l’amico Ivo Zardini Laresc, e ritornatovi poi in molte altre occasioni.
Alla fine di questo viaggio nella storia di una via alpinistica, spero che la “paré” non passi mai di moda e veda ancora tante cordate all’opera, con la stessa passione che la Dimai ha sicuramente comunicato agli alpinisti che la scalano dal 1901!

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