Nel settore orientale della catena montuosa dolomitica del Cristallo, sul versante sud-est della Val Popena Alta, a 2214 metri di quota la cresta è incisa da una sella abbastanza ampia ed agevole, che pone in comunicazione la valle con il Passo Tre Croci e la zona di Misurina. Dalla forcella, sita a pochi metri di distanza dal confine fra Auronzo ed Ampezzo, si dirama in direzione nordest la modesta dorsale delle Pale di Misurina, che incombono sulla valle sottostante con pareti d’altezza più che onorevole. Presso il valico, sui resti delle capanne utilizzate per decenni dai pastori auronzani come ricovero delle greggi, nel 1937 o 1938 un privato fabbricò un piccolo rifugio alpino, denominato semplicemente “Rifugio Popena”. Si ha la conferma fotografica che la struttura funzionava già durante quell’inverno: nel 1941, il rifugio offriva “servizio d’alberghetto” in entrambe le stagioni turistiche e consentiva la sosta notturna a quattro persone. Da quel periodo l’insellatura, che la toponomastica ampezzana nomina “Forzela de Popena” (da non confondere con il vicino e più elevato “Passo Popena”, un valico roccioso fra le pendici orientali del Piz Popena e la Croda de Pousa Marza, oggi trascurato per l’ormai quasi impossibile agibilità del versante sud) è conosciuta come “Sella del Rifugio Popena”. Sicuramente il progetto dell’ignoto costruttore mirava a riempire un vuoto, dotando la zona di un punto d’appoggio per scalate ed escursioni, e promuovendo anche la frequentazione invernale della Val Popena Alta, che anni dopo sarebbe divenuta una pregevole meta per gli scialpinisti. L’insellatura, alla quale si può salire dal ponte sul torrente Rudavoi, da quello sul torrente Ruvieta, da Malga Misurina e dal tornante a 1659 metri di quota sulla strada che collega Misurina con Carbonin, è attorniata da una dozzina di vette del sottogruppo del Popena. In mezzo a loro, emerge in primo luogo il Piz Popena. Uno dei “Tremila” più imponenti e meno frequentati delle Dolomiti, incornicia idealmente la Sella, fu conquistato già nel 1870 da Santo Siorpaes e conta itinerari di Antonio Dimai, Angelo Dibona, Federico Terschak, Emilio Comici, Alziro Molin, Enzo Cozzolino ed altri. Seguono il bonario Corno d’Angolo, che espone verso meridione un rispettabile spigolo, scalato da Comici; il Cristallino di Misurina, conquistato nel 1864 da Paul Grohmann e trasformato in cruento campo di battaglia durante la Grande Guerra; la Croda di Pousa Marza, salita in solitaria da Michl Innerkofler e visitata poi, fra gli altri, da Severino Casara, Dino Buzzati e anche dagli Scoiattoli di Cortina; le tre appuntite Guglie di Val Popena Alta, dove Angelo Dibona prima e Hans Dülfer poi realizzarono “quinti gradi” storicamente rilevanti, ma oggi misconosciuti; le Torri di Popena, sulle quali si sbizzarrirono Innerkofler, Piero Mazzorana e Molin; le Pale di Misurina, scalate da Sandro del Torso, Valerio Quinz e Molin; la scorbutica Punta Michele, dove nel 1944 l’anziano Angelo Dibona aprì con Casara, Walter Cavallini, Otto Menardi e Luis Trenker la sua ultima via nuova. Il Rifugio Popena, probabilmente visitato da diversi fra gli alpinisti sopra citati, non ebbe una vita molto lunga. Fu raso al suolo, infatti, da un incendio, nel corso della Seconda Guerra Mondiale in base ad alcune fonti, nel 1947 o 1948 in base ad altre, e - seppure, verso la fine degli anni Quaranta, la sua riedificazione fosse ritenuta prossima - non fu mai ripristinato. L’idea di rifare qualche cosa sulla Sella del Rifugio Popena riemerge talvolta nelle cronache, ed ogni stagione potrebbe essere utile per rialzare le macerie, ormai settantennali, che non fanno bella mostra di sé sul valico, un luogo panoramico e piuttosto pregiato dal punto di vista naturalistico. La sella costituisce uno snodo di grande importanza per l’alpinista e l’escursionista, e forse lassù una struttura ci potrebbe anche stare, pur dovendo combattere in primo luogo con una scarsità idrica difficilmente risolvibile. L’ex Rifugio, in ogni caso, dista poco più di un’ora dal Lago di Misurina e l’ambiente in cui si trova non ha subito finora radicali manomissioni, pur essendo piuttosto vicino a zone assai frequentate dal turismo di massa. Se chi scrive potesse scegliere, al posto di un alberghetto, sulla sella in questione preferirebbe piuttosto veder sorgere – al massimo - un baitello incustodito, utile come ricovero d’emergenza. Questo potrebbe rivelarsi un vantaggio per gli amanti dell’alpinismo, specie invernale, e della natura, non certo un affare per il trend economico del territorio. In questa maniera, però, la Val Popena Alta - penalizzata di recente da ruscellamenti, che hanno quasi sepolto sotto le ghiaie il piacevole sentiero che l’attraversava - non rischierebbe di subire anch’essa la banalizzazione inevitabile di tante località dolomitiche, magari aprendosi all’accesso di mezzi a motore, e potrebbe starsene ancora per un po’ fuori dei successi e gli eccessi di un turismo sempre più edonistico e divoratore. Anche se lassù tutto rimanesse com’è ormai dagli anni ’40 del secolo scorso, chi scrive pensa di continuare a dirigere ugualmente i propri passi, quasi in ogni stagione, verso la Sella del Rifugio Popena e alcune delle cime che l’attorniano, mantenendo immutati la passione ed il piacere.
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