martedì 24 agosto 2010

Chiodi

Nel mio modesto ma appagante curriculum, ho sempre preferito affrontare vie attrezzate: se ne ho percorse di poco chiodate, ho sempre utilizzato quelle diavolerie moderne denominate “nuts” e “friends”, che a prima vista paiono a prova di bomba, ma su molte delle quali comunque non avrei mai voluto volarci … Salvo errori ed omissioni, in vent’anni ho piantato col martello (così si usava, nella preistoria ...) due chiodi: il primo il 14/8/1977, per trovare una sicurezza accettabile in quel tubo ghiaioso senza luce né particolari pregi alpinistici che si chiama “Camino Casara” sulla Torre Toblin in Tre Cime. Il secondo e ultimo il 27/8/1981: si trattava di un chiodo ad anello, che pochi anni fa mi dicono fosse ancora al suo posto, all’inizio della prima lunghezza impegnativa del diedro Consiglio sulla Cima del Lago in Fanes. Come ho detto, nell’arco della nostra attività abbiamo sempre scelto vie con qualche chiodo (Cinque Torri, Col dei Bos, Piz Ciavazes, Popena Basso, Punta Fiames, Sas de Stria, Sas Pordoi, Torre Falzarego, Torri del Sella), vie attrezzate prima con chiodi normali, poi spesso cementati, ma dove più di tanti non ne servivano (Becco di Mezzodì, Cima Grande, Piccola e Piccolissima di Lavaredo, Cinque Dita, Croda da Lago, Gran Campanile del Murfreid, Torre Wundt), oppure ancora vie attrezzate poco, ma a sufficienza (Cima Cason de Formin, Cima del Lago, Cima Piccola della Scala, Creta Cacciatori, Gusela, Punta Col de Varda), oppure vie poco e male attrezzate, dove fu giocoforza integrare le scarse protezioni esistenti con le citate, leggere macchinette anglosassoni (Campanile Dimai, Lagazuoi Ovest, Piz dles Cunturines, Sas da les Nu, Torre Comici, Torre Fanes, Torre Lagazuoi). Forse però è un peccato che in tanti anni non abbia piantato altri chiodi: sicuramente avrei percorso più vie “fuori mano” e, se non pratica di martello, avrei sviluppato almeno un’eccellente muscolatura sugli avambracci, che non sono mai stati il mio forte!

Ernesto Majoni

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