martedì 23 febbraio 2010

Pezovico, ossia del mistero

Non esiste ancora una relazione dettagliata della salita sul Pezovico, un'aspra e poco nota cima ampezzana. Estremo pilastro angolare del Pomagagnon, il Pezovico domina, dall’altezza non certo eccezionale di 1933 metri, la piana di Fiames e l’ex Ferrovia delle Dolomiti, sulla quale d’inverno le sue pendici scaricano spesso valanghe. Fortificato dagli italiani durante la Grande Guerra, da qualcuno è stato ritenuto, secondo me un po' a torto, faticoso e poco remunerativo. Vi sono salito due volte, la prima nel maggio 1993. Rispondendo a un’idea di Roberto, Antonio – che all'epoca era guardaparco – ci guidò lungo l’impervio fianco E del monte, coperto di mughi alti e fitti ma senza rilevanti difficoltà, che inizia dall’ex sede ferroviaria, in corrispondenza della galleria detta "del Pezovico”. Risalita la ripida e faticosa china del monte, aggirammo a N il tratto finale traversando a Forcella Bassa. Da lì, con un ultimo sforzo su zolle erbose e detriti, fummo in breve sulla disertata cima. Fu quanto di più selvaggio e silenzioso potessi immaginare. In questi anni ho saputo di una sola altra visita, di conoscenti veneti appassionati di divagazioni fuori dalle rotte: io, per non smentirmi, per ora sono salito lassù un’altra volta, nel maggio 1996. Ogni tanto mi vengono ancora in mente le peste di cervi e camosci che solcano la “barancera” inestricabile ma non difficile, torrida e faticosa ma sicura e riparata dagli strapiombi che accerchiano la cima. Una visita al Pezovico la consiglio soltanto a chi sappia trarre gusto da un ambiente aspro, isolato, a tratti sgradevole, privo di soddisfazione che non sia quella dell'accesso ad una vetta erbosa e baranciosa, dove ci si può stendere al sole con i gracchi, l'immancabile roteare dell’aquila, il balzo furtivo del camoscio e il silenzio assoluto. Presto o tardi voglio tornarci.

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