L'altro ieri, parlando con alcuni amici, raccontai loro la prima volta in cui salii la Punta Fiames per la Via Dimai da sud, aperta nel 1901 e divenuta una classica. I fatti risalgono al 27 maggio 1976 e mi coinvolsero con l’amico e coetaneo Ivo, poi divenuto guida alpina. Essendo venerdì, è evidente che avevamo fatto “plao” per andare “in croda”. Col motorino giungemmo ai piedi del Calvario (il tratto finale dell’accesso alla parete, chiamato così per il terreno ripido e franoso: da provare soprattutto in agosto …), muniti soltanto di una bottiglia d’acqua, di una scatola di zuccherini e della Gazzetta dello Sport. Per l’occasione Ivo mi aveva dato un imbrago di pelle casalingo di suo padre Arturo, guida degli anni ‘60. Io indossavo il giubbetto con il quale andavo a scuola! Particolari della salita non ne ricordo molti: ebbi un attimo di titubanza nel sormontare il “naso giallo”, dove lasciai un moschettone a due tedeschi che ci seguivano; graffiai l’orologio nel “Busc de Frasto”, allora asciutto e scalabile, ma quando giunsi in vetta toccavo il cielo con un dito. Non ero neppure maggiorenne e avevo già fatto la “paré”! La scalata mi piacque tanto che vi tornai con Carlo il 12 di settembre. La seconda volta però non andò bene come la prima, a causa di un disguido occorso ad altri del gruppo, risoltosi fortunatamente bene, anche se con l’intervento di due Scoiattoli, che ci costò una ramanzina severa e indimenticata. Percorsi poi ancora spesso la via, per un totale di 19 salite, in ogni stagione e con compagni diversi. Da ultimo, eravamo lassù in tre nell'agosto 1996. Vista l’ora in cui toccammo la cengia sopra la “prima parete”, proposi una prudente ritirata: fu l’ultima volta in cui sfiorai la dolomia amica della parete della “mia” Punta Fiames, anche se vi sono tornato per la più semplice via ferrata in numerose altre occasioni.
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