Ai primi di giugno, tornando a Cortina, lo trovammo all'uscita dall'autostrada vicino a Pian di Vedoia; stava risalendo il Canal del Piave, verso i pascoli più alti. Doenica scorsa l'abbiamo ritrovato a Castellavazzo (era quasi sicuramente lo stesso), mentre scendeva in pianura. In ambedue le occasioni, un oceano lanoso, un migliaio e più di batuffoli bianchi con qualche isolata macchia marrone invadeva la trafficata Strada d'Alemagna, costringendo autobus, automobili, biciclette, camion, motociclette a rallentare, a fermarsi, dapprima a brontolare e poi magari a sporgersi dai finestrini per fotografarli e fissare un attimo di vita inusuale. Siamo nel 2000, e lo spettacolo cui possiamo ancora assistere in occasione della transumanza di dannunziana memoria ha un gusto d'antico, primordiale, vero. Aprono la sfilata cavalli ed asinelli trotterellanti (se ne vedono ancora, oggi, liberi come loro?); segue una coorte chilometrica di pecore ed agnelli bianchi e marroni, a fianco dei quali latrano i cani fieri del loro ruolo di guardiani, ed i pastori col viso cotto da sole lanciano stentorei fischi e richiami per controllare quel mare bianco. Ringalluzzito dall'erba e dai fiori brucati sulle nostre montagne, il gregge quasi si precipita, allegro ed impaziente, verso gli stazzi della pianura, dove aspetterà al chiuso un altro inverno, prima di riprendere (forse, chissà ...) la lunga, faticosa anche se asfaltata strada della montagna. E noi, costretti a sostare solo per qualche minuto sull'asfalto spesso scivoloso in attesa che mille pecore passino con la loro andatura, ancora una volta rimarremo a bocca aperta, davanti ad una processione antica, rumorosa, quasi commovente, che si ripete immutata da secoli e sembra sempre nuova.
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