IL 19 dicembre 2001, a seguito di un imponderabile quanto tragico incidente occorsogli tornando da un concerto, periva Alfonso Colli, per gli ampezzani “Fonso Sùrio”.
Classe 1928 (compirebbe ottant'anni alla fine di settembre), in paese Alfonso aveva una certa notorietà per tre motivi: l’essere uno degli ultimi calzolai di Cortina, professione principale che esercitò fino a settant’anni; l’aver militato, fino al ritiro per cause anagrafiche, nella nostra Scuola Sci; l’aver suonato e sfilato per oltre un quarantennio nel nostro Corpo Musicale.
Io però vorrei ricordarlo principalmente come alpinista, amico e simpatico compagno di tante escursioni sulle nostre vette.
La passione per la montagna lo accompagnò fedelmente per tutta la vita. Più volte mi deliziai ascoltando i sapidi resoconti delle sue escursioni e arrampicate, soprattutto giovanili. Di tutte, me n’è rimasto particolarmente impressa uno, relativo ad una salita che egli compì a vent’anni o giù di lì.
Con l’inseparabile libro del Berti in mano, intorno al ‘50 Alfonso salì da solo la Via Wachtler (aperta ottant’anni prima sul versante ovest della Croda Rossa d’Ampezzo): un percorso che ha messo in crisi fior d’alpinisti, per lo svolgimento lungo e complicato e la roccia spesso insicura.
Negli anni ‘70, già ultra quarantenne, “Fonso” riprese ad arrampicare per alcune stagioni ad alti livelli, legandosi a compagni del calibro di Luciano Da Pozzo, Renato De Pol e Lino Lacedelli.
Nel suo “carnet” poté allora iscrivere itinerari di tutto rispetto: la “Diretta Dimai” sulla Torre Grande d’Averau, lo “Spigolo Giallo” sulla Cima Piccola e la Via Comici-Dimai sulla Cima Grande di Lavaredo, il Pilastro della Tofana di Ròzes, la Via Franceschi-Michielli sul Taé ed altre.
Dopo d’allora, riprese la sua carriera d’appassionato e instancabile camminatore: con lui ed altri amici, ci ritrovammo in decine d’uscite, soprattutto nel periodo che va dal 1984 ai primi anni ’90.
Tra le tante occasioni che condividemmo assieme, mi sovvengono – ad esempio - il Casamuzza in Pusteria, il Cogliàns e la Creta Grauzaria in Carnia, la ferrata del Col Rosà ancora innevata, la via seminuova del 1985 sul versante nord della Croda da Lago, la traversata Forcella Michele - Forcella Cristallino, la Forcella dei Sassi sui Tre Scarperi, la traversata delle Cime di Furcia Rossa per la Via della Pace, la Glődisspitze e la Simonyspitze in Austria, lo “spigolo del Paterno”, la ferrata sulla Pitturina in Comelico, il Pizzocco, il Sasso di Bosconero, il Sasso Rosso di Braies, il Sassolungo di Cibiana, la “nord” della Torre del Barancio, la normale della Torre dei Sabbioni.
Per me, più giovane di lui di trent’anni, il “Surio” fu un compagno affabile, grande innamorato della montagna, sempre pronto alla battuta e allo scherzo, tanto serio e concentrato nelle situazioni difficili quanto spensierato sulla via del ritorno e nelle memorabili tappe in rifugio o a fondovalle.
“Fonso” non amò mai i gruppi numerosi, la confusione, le gite sociali e soprattutto non ripercorse mai per due volte lo stesso tracciato, a parte poche belle cime o ferrate, sulle quali invece tornava volentieri anche da solo.
Negli ultimi tempi c’eravamo persi di vista, almeno in montagna. Oggi, approfitto dell’oc-casione per ricordarlo con molto piacere e gratitudine, attraverso i momenti vissuti insieme sulle nostre crode.
Classe 1928 (compirebbe ottant'anni alla fine di settembre), in paese Alfonso aveva una certa notorietà per tre motivi: l’essere uno degli ultimi calzolai di Cortina, professione principale che esercitò fino a settant’anni; l’aver militato, fino al ritiro per cause anagrafiche, nella nostra Scuola Sci; l’aver suonato e sfilato per oltre un quarantennio nel nostro Corpo Musicale.
Io però vorrei ricordarlo principalmente come alpinista, amico e simpatico compagno di tante escursioni sulle nostre vette.
La passione per la montagna lo accompagnò fedelmente per tutta la vita. Più volte mi deliziai ascoltando i sapidi resoconti delle sue escursioni e arrampicate, soprattutto giovanili. Di tutte, me n’è rimasto particolarmente impressa uno, relativo ad una salita che egli compì a vent’anni o giù di lì.
Con l’inseparabile libro del Berti in mano, intorno al ‘50 Alfonso salì da solo la Via Wachtler (aperta ottant’anni prima sul versante ovest della Croda Rossa d’Ampezzo): un percorso che ha messo in crisi fior d’alpinisti, per lo svolgimento lungo e complicato e la roccia spesso insicura.
Negli anni ‘70, già ultra quarantenne, “Fonso” riprese ad arrampicare per alcune stagioni ad alti livelli, legandosi a compagni del calibro di Luciano Da Pozzo, Renato De Pol e Lino Lacedelli.
Nel suo “carnet” poté allora iscrivere itinerari di tutto rispetto: la “Diretta Dimai” sulla Torre Grande d’Averau, lo “Spigolo Giallo” sulla Cima Piccola e la Via Comici-Dimai sulla Cima Grande di Lavaredo, il Pilastro della Tofana di Ròzes, la Via Franceschi-Michielli sul Taé ed altre.
Dopo d’allora, riprese la sua carriera d’appassionato e instancabile camminatore: con lui ed altri amici, ci ritrovammo in decine d’uscite, soprattutto nel periodo che va dal 1984 ai primi anni ’90.
Tra le tante occasioni che condividemmo assieme, mi sovvengono – ad esempio - il Casamuzza in Pusteria, il Cogliàns e la Creta Grauzaria in Carnia, la ferrata del Col Rosà ancora innevata, la via seminuova del 1985 sul versante nord della Croda da Lago, la traversata Forcella Michele - Forcella Cristallino, la Forcella dei Sassi sui Tre Scarperi, la traversata delle Cime di Furcia Rossa per la Via della Pace, la Glődisspitze e la Simonyspitze in Austria, lo “spigolo del Paterno”, la ferrata sulla Pitturina in Comelico, il Pizzocco, il Sasso di Bosconero, il Sasso Rosso di Braies, il Sassolungo di Cibiana, la “nord” della Torre del Barancio, la normale della Torre dei Sabbioni.
Per me, più giovane di lui di trent’anni, il “Surio” fu un compagno affabile, grande innamorato della montagna, sempre pronto alla battuta e allo scherzo, tanto serio e concentrato nelle situazioni difficili quanto spensierato sulla via del ritorno e nelle memorabili tappe in rifugio o a fondovalle.
“Fonso” non amò mai i gruppi numerosi, la confusione, le gite sociali e soprattutto non ripercorse mai per due volte lo stesso tracciato, a parte poche belle cime o ferrate, sulle quali invece tornava volentieri anche da solo.
Negli ultimi tempi c’eravamo persi di vista, almeno in montagna. Oggi, approfitto dell’oc-casione per ricordarlo con molto piacere e gratitudine, attraverso i momenti vissuti insieme sulle nostre crode.
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