lunedì 19 ottobre 2009

Domenica 4 ottobre 2009: 7 persone insieme sulla Zesta del Sorapis!

Non sono né il primo né l'unico salitore della Zesta del Sorapis, la cima del ramo ampezzano del Sorapis quotata 2768 m, che domina Forcella del Ciadin e la radura di Tardeiba. Poco più bassa della vicina, più nota Punta Nera, la Zesta non interessa gli scalatori perché è fatta di roccia friabile e franosa, e non mi pare che sia salita molto spesso: in tutta l'estate 2003, ad esempio, le salite sono state solo sette. Se ne scrivo, è per testimoniare però un rinascente, per quanto timido interesse nei confronti di questa selvaggia montagna. Il 4 ottobre scorso, in cima sono arrivate ben 7 persone, locali e non; per una vetta graziata dalla vernice rossa, dai cavi, gradini, scalette, cartelli e quant'altro, è un autentico "successo". La Zesta merita l'assaggio dei "buongustai del I grado" perché la sua normale, al limite fra l'escursionismo e il primo alpinismo, è divertente e non banale, dà soddisfazione e schiude un grande panorama. Non si sa da chi né quando fu salita per la prima volta, per la cresta N che guarda Forcella del Ciadin. Nel 1929 la cima fu visitata da Severino Casara, che con alcuni compagni (fra i quali Antonio Berti, autore delle guida delle Dolomiti Orientali) scalò il lato che guarda il Lago del Sorapis. La via, di scarso interesse alpinistico, è stata seguita in discesa da tre delle persone giunte in cima il 4 ottobre. La prima invernale invece risale al 7 febbraio 1942, ad opera di Giorgio Brunner, Massimina Cernuschi e Mauro Botteri. Quindici anni fa, due amici lasciarono in vetta un barattolo con un libretto, che per fortuna fa fatica a riempirsi di firme e di eventuali sciocchezze. Fino a qualche tempo fa, sapevo poco e nulla della cronologia alpinistica della Zesta, che ho salito quattro volte, di cui due traversando da nord a sud con discesa per la via Casara. Giunto in cima da solo nel luglio 1995, scoprii il nuovo libro di vetta, sul quale c'era una nota interessante. Il 5 gennaio di quell’anno, la guida Ario Sciolari aveva realizzato la probabile prima invernale solitaria della cima; il fatto è passato inosservato, ma ha contribuito ad aggiungere un paragrafo di valore alla storia delle nostre montagne.

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